Da giugno 2019 a gennaio 2020 le fiamme hanno bruciato 46 milioni di acri (poco meno di 200.000 km2) di boschi australiani. Un disastro “eccezionale sia per la sua gravità che per le emissioni di particolato” nell’atmosfera terrestre. I livelli di fumo rilasciato sono stati simili a quelli di una grande eruzione vulcanica: emissioni così massicce potrebbero aver cambiato i modelli meteorologici, contribuendo ad innescare il fenomeno detto “La Niña”.
Lo svela uno studio, che è stato condotto dal National Center for Atmospheric Research (NCAR), con sede a Boulder in Colorado, ed è stato pubblicato su Science Advances a firma degli scienziati John Fasullo, Nan Rosenbloom e Rebecca Buchholz. “Molte persone si sono rapidamente dimenticate degli incendi australiani, soprattutto quando è esplosa la pandemia di Covid-19, ma il sistema terrestre ha una lunga memoria e gli impatti degli incendi durano per anni”, ha affermato Fasullo, autore principale dello studio.
Che cos’è La Niña
La Niña è un ricorrente evento meteorologico, che stavolta si è protratto per tre anni, dalla fine del 2020 all’inizio del 2023: un periodo insolitamente lungo, in cui si è verificata una serie di devastanti cicloni tropicali ed intensi uragani in alcuni luoghi della Terra, in particolare Pakistan e Thailandia. La Niña può provocare infatti un aumento delle precipitazioni nel Sud-Est asiatico, in alcune aree dell’Africa, in Brasile e in Australia, dove nello stesso periodo si sono infatti verificate precipitazioni storiche ed inondazioni record, in particolare nell’est del continente. Allo stesso tempo La Niña ha esacerbato la siccità nelle Americhe occidentali, nel Golfo del Messico e nell’Africa nord-orientale, ma ha anche portato temperature più basse in India e in molte regioni del Sudamerica e dell’Africa.
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La relazione con gli incendi in Australia
In che modo le emissioni degli incendi hanno innescato la Niña? Secondo la ricerca, le emissioni hanno portato alla formazione di nuvole sull’Oceano Pacifico sud-orientale, soprattutto al largo della costa del Perù. Al loro interno si sono formate particelle che riflettono la luce, chiamate aerosol. Di conseguenza una quantità maggiore di radiazione solare è stata riflessa nello spazio, anziché raggiungere il suolo, e questo ha creato un’inversione termica: le acque superficiali dell’oceano più fredde in basso, uno strato di aria calda sopra le nuvole in alto. Questo raffreddamento del clima ha creato condizioni favorevoli per la formazione della Niña, innescando un ciclo di feedback molto lungo.
Per “la prima volta un evento di incendio boschivo è stato abbastanza diffuso da avere un impatto nei modelli climatici” ed ha evidenziato “l’interconnessione del sistema climatico”, ha sottolineato lo scienziato del clima australiano Tom Mortlock, non coinvolto nello studio, come riporta la Cnn.
La Niña e El Niño: come influenzano il clima?
Come il più famoso El Niño, La Niña fa parte di un fenomeno climatico che avviene periodicamente nell’oceano Pacifico meridionale detto ENSO, acronimo inglese di “El Niño-Oscillazione Meridionale”, che influenza il meteo di tutto il mondo. In base ad esso e in media ogni cinque anni nelle acque del Pacifico meridionale si alternano fasi di riscaldamento e raffreddamento, che determinano la formazione di uragani e monsoni anche in aree molto lontane.
El Niño nel 2023 sarà più intenso
La lunga fase di La Niña è terminata lo scorso febbraio e ora le condizioni dell’oceano Pacifico sono in una fase neutrale, ma ancora per poco. A breve le agenzie meteorologiche prevedono un El Niño più intenso, esacerbato dal riscaldamento delle temperature globali, che potrebbe portare impatti come il caldo estremo, pericolosi cicloni tropicali e una minaccia significativa per le fragili barriere coralline. A lanciare l’allerta è stata la Wmo (World Meteorological Organization), agenzia specializzata dell’Onu con sede a Ginevra. “El Niño aumenterà la possibilità di battere i record di temperatura”, ha detto il segretario dell’organizzazione Petteri Taalas. La probabilità che si sviluppi nel periodo tra maggio e luglio è del 60%, tra giugno e agosto del 70%, tra luglio e settembre dell’80%.
Come sarà l’estate 2023 in Italia
Che cosa cambierà per l’Italia? L’inversione nel ciclo di La Niña e El Niño potrebbe portare una tarda estate ed un autunno più caldi, ma anche più umidi grazie ad un aumento delle precipitazioni.