Avv. Marco De Bellis, giuslavorista, titolare dello Studio Marco De Bellis & Partners
I recenti casi di fallimenti o comunque default di banche (allo stato soltanto estere) rende di grande attualità il tema dei compensi ai top manager degli istituti bancari.à
Non è immorale che i manager percepiscano stipendi faraonici
In effetti, non potrebbe non considerarsi “immorale” che i manager, soprattutto apicali, delle banche in sofferenza, percepiscano compensi o liquidazioni faraonici, indipendentemente dai risultati delle banche da loro dirette.
A porre rimedio a questo aspetto hanno provveduto diverse direttive della Comunità Europea, che nel nostro Paese hanno trovato attuazione principalmente nella circolare della Banca d’Italia n. 285 del 2013; la suddetta circolare ha introdotto alcuni inderogabili principi fondamentali, sia relativamente alla parte di retribuzione variabile, i cosiddetti premi, sia relativamente ai cosiddetti golden parachute (i compensi corrisposti ai dirigenti apicali, in occasione o in vista della cessazione anticipata del rapporto di lavoro).
Per quanto riguarda la parte variabile della retribuzione, è stato imposto che essa, di norma, non possa superare il 100% della retribuzione ordinaria
Per quanto riguarda la parte variabile della retribuzione, è stato imposto che essa, di norma, non possa superare il 100% della retribuzione ordinaria (solo in casi eccezionali si può raggiungere il 200%).
Non solo. La parte variabile della retribuzione deve essere necessariamente corrisposta per una certa percentuale attraverso strumenti finanziari (azioni, strumenti ad esse collegati o, per le banche non quotate, strumenti il cui valore rifletta il valore della società) e con pagamento differito nel tempo (per la parte maggiore). Anche le somme corrisposte ai dirigenti apicali in occasione della anticipata risoluzione del rapporto sono rigidamente regolate nel loro ammontare, ponendo anche dei limiti ai compensi connessi con un eventuale patto di non concorrenza. Tuttavia, ciò che maggiormente rileva per la banca è la possibilità di inserire le cosiddette clausole di salvaguardia.
Si tratta sia delle clausole di malus che consentano alla banca di evitare il pagamento di importi (o l’attribuzione di strumenti finanziari) già concordati, sia delle clausole di claw back, che consentono alle banche di rientrare in possesso di importi o strumenti finanziari già erogati; ciò qualora venissero accertati dei comportamenti inadempienti da parte dei dirigenti (motivi soggettivi) o dei risultati non performanti della banca (motivi oggettivi).
In particolare, vengono considerati comportamenti inadempienti del dirigente quelli da cui sia derivata una perdita significativa per la banca
In particolare, vengono considerati comportamenti inadempienti del dirigente quelli da cui sia derivata una perdita significativa per la banca o che risultino non conformi a disposizione di legge, regolamentari o statuti o eventuali codici etici, o contrari ai requisiti di professionalità, onorabilità ed indipendenza, o commessi in conflitto di interesse o addirittura fraudolenti o con colpa grave a danno della banca. In aggiunta a queste fattispecie di natura personale, le clausole di malus e di claw back possono intervenire anche qualora i risultati economici della banca si rilevassero inferiori alle attese o comunque non soddisfacenti; e ciò indipendentemente da qualsivoglia responsabilità del manager.
Queste clausole, obbligatorie nei confronti di amministratori e top manager della banca con responsabilità strategica, sono limitate al settore bancario e agli operatori finanziari (ad esempio le SIM) secondo la regolamentazione fissata dalla Consob. Tuttavia, nulla esclude che si possa mutuare questo tipo di strumenti anche in altri settori economici, responsabilizzando così i top managers anche riguardo ai risultati aziendali di medio e lungo termine.