Perché può interessarti questo articolo? Il progetto di It-Alert, affidato alla Protezione civile, sta andando avanti da anni ma resta in fase sperimentale, nonostante le risorse messe a disposizione. In Italia manca ancora un sistema di allerta pubblico nazionale attraverso l’uso degli smartphone, come avviene in altri Paesi europei.
Le calamità naturali continuano a flagellare l’intero Paese, come l’alluvione che ha colpito l’Emilia-Romagna. Ma nonostante gli sforzi economici, arrivati anche nell’ultima Legge di Bilancio, manca ancora un sistema pubblico di allerta, che pure risulta in fase di implementazione. Negli ultimi mesi si registrano dei passi in avanti. Da tempo, tuttavia, si attende il rilascio definitivo di It-Alert, che tarda ad arrivare. Ma di cosa si parla nello specifico? È un sistema che permette di “recapitare brevi messaggi di testo su tutti i dispositivi smartphone e cellulari presenti nelle aree interessate da situazioni in grado di nuocere all’incolumità dei cittadini”.
Come funziona It-Alert?
Dunque, se una persona è in un’area a rischio viene avvisata con una comunicazione del Dipartimento di Protezione civile, guidato da Fabrizio Curcio, incaricata della gestione del progetto. Dal punto di vista pratico It-Alert ricorre principalmente alla tecnologia cell broadcast. Ossia si aggancia alle celle di telefonia mobile, indipendentemente dagli operatori. Dunque, non c’è bisogno di avere per forza delle applicazioni; sarebbe tutto inserito automaticamente con lo scopo di garantire l’autoprotezione, benché sia in fase di progettazione una specifica app.
L’app informa il cittadino in tempo reale su quanto sta accadendo. Che sia un terremoto o un’alluvione come quella che sta mettendo in ginocchio l’Emilia-Romagna. Una direttiva dello scorso aprile ha specificato che il sistema dovrà entrare in funzione anche in caso di maremoto, di collasso di una grande diga, dell’attività vulcanica, relativamente ai vulcani Vesuvio, Campi Flegrei, Vulcano e Stromboli. Ma anche quando avvengono incidenti nucleari o situazione di emergenza radiologica.
Certo, in questo caso specifico il sistema di comunicazione ha funzionato bene da parte delle Istituzioni. Perché le piogge erano previste e sono state incessanti per tante ore. D’altra parte It-Alert faciliterebbe questo compito, fornendo delle dettagliate informazioni sul livello del rischio e su come comportarsi di fronte all’emergenza.
Le risorse per il sistema di allerta della Protezione civile
I fondi non mancano e ancora altri sono stati stanziati. Negli anni scorsi, la fondazione Cima è stata incaricata dalla Protezione civile di eseguire da un punto di vista pratico l’infrastruttura. Per l’esattezza nel dicembre 2020, la fondazione ha stanziato 650 mila euro per gli “studi di progettazione e realizzazione della piattaforma It-Alert”, affidati alla fondazione Acrotec, realtà in house di Cima che si occupa degli aspetti tecnologici. Nel 2022, poi, la Protezione civile ha stipulato un nuovo, con scadenza il 31 dicembre 2023, con la fondazione Cima al prezzo di un milione e 496mila euro. Altre risorse economiche sono giunte dalla manovra del governo Meloni.
Per il 2023 e il 2024 sono a disposizioni altri 10 milioni di euro in totale
Per il 2023 e il 2024 sono a disposizioni altri 10 milioni di euro in totale proprio per “consentire l’adeguamento in termini tecnologici e di sicurezza del sistema di allarme pubblico”. Quindi per portare avanti uno sviluppo che si sta dimostrando più complicato del previsto. Nell’ottobre 2020 il dipartimento di comunicazione di Palazzo Chigi, infatti, in maniera troppo ottimistica, aveva previsto uno stanziamento per pubblicizzare il nuovo strumento con lo scopo di renderlo noto ai cittadini. Due anni e mezzo dopo, resta ancora in fase di test.
I test di It-Alert
Il Dipartimento di Protezione civile, nei mesi scorsi, ha messo in atto varie esercitazioni coordinate. L’ultima, come riporta il sito di It-Alert, risale al novembre 2022 tra Calabria e Sicilia. C’è stata la simulazione di un terremoto di magnitudo 6.0, con epicentro in provincia di Reggio Calabria. Un sistema in grado di generare un maremoto che avrebbe potuto colpire alcuni comuni costieri del reggino e del messinese. Per la prima volta la prova ha interessato una platea di 500mila persone che al momento della simulazione del sisma si trovavano nei 22 comuni costieri coinvolti. I dati sono stati ovviamente raccolti e analizzati.
Il primo test, invece, è stato effettuato poco più di un anno fa, ad aprile 2022, all’isola di Vulcano per la simulazione di un’eruzione vulcanica. Le sperimentazioni, da quanto si apprende, hanno dato degli esiti soddisfacenti. Restano, tuttavia, da intervenire su alcune «criticità» e «vulnerabilità, per cui servono «ulteriori interventi strutturali e non», come viene riferito dalla pagina ufficiale del progetto.
Mentre la Protezione civile ha riferito che per l’esecutività del sistema occorre un «confronto con gli enti territoriali coinvolti nella specifica attività, con gli operatori di telefonia, e con il settore della Commissione per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi competente per la tipologia di rischio oggetto della fase della sperimentazione svolta».