“Se Fedez dovesse decidere di esporsi personalmente ed entrare in politica, lei lo considererebbe una cosa…”
Inizia così il testo di un sondaggio svolto da Swg tra il 5 e il 7 maggio, a ridosso del tormentone “Primo maggio”, quando il cantante, al secolo Federico Leonardo Lucia, ha reso il palco (senza piazza a causa della pandemia) l’arena di uno scontro politico, accusando la Rai di voler censurare le sue parole e gli oppositori del ddl Zan di atteggiamenti e dichiarazioni omofobe.
Fedez in politica? I sondaggi
Il 17% degli italiani lo ha votato. O meglio, ha espresso un parere positivo circa una sua ipotetica discesa in campo. 5 italiani su 100 ritengono che “potrebbe avere un suo seguito se volesse fondare un nuovo partito”; 12 ritengono che “darebbe una ventata di novità alla politica.
A voler ben guardare, più della metà del campione intervistato ha espresso un’opinione negativa verso il Fedez politico (56%, diviso tra un 36% che non lo reputa “un buon politico” e il 20 che non lo ritiene in grado di “rendere concrete le sue idee, come già capitato ad altri”). Completa l’indagine il 27% di intervistati che si limita a un laconico “non saprei”.
I sondaggi lasciano spesso il tempo che trovano, figurarsi a tre mesi dall’insediamento del governo Draghi, due mesi prima dell’inizio del semestre bianco e a quasi due anni dal termine naturale della legislatura prevista per marzo 2023. Anche Swg pare mettere le mani avanti, rimarcando la natura “ipotetica” del questionario.
Un’opinione è però pur sempre l’espressione di un’intenzione, lascia sempre anche spazio a qualche spiraglio d’interesse. Lo è la “ricrescita” della percentuale positiva nell’ultimo scaglione per età. Ecco che se l’onda dei seguaci del Fedez-politico decresce, dal 27% della generazione Z al 15 presso i baby boomers, si rialza al 19% con la Generazione silenziosa nata tra il 1928 e il 1945. Siamo pur sempre uno dei paesi occidentali dove i nipoti passano più tempo coi nonni, autentici pilastri del nostro traballante welfare. Che il De Lucia debba iniziare a far campagna elettorale tra i nonni ottuagenari dei suoi fan?
Dal Movimento 5 stelle a vip Instagram, la parabola di Fedez
Anche in quanto all’orientamento politico, l’effetto Fedez lascia qualche strascico degno di nota. Se c’era da aspettarsi che l’indice di gradimento salisse slittando a sinistra, ecco che il picco del 27% rispecchia esattamente la percentuale che gli stessi sondaggisti attribuirebbero in un’eventuale elezione al Movimento 5 stelle (di cui Fedez scrisse l’inno “Io non sono partito” nel 2014).
E allora, dal campo delle ipotesi passiamo a quello dei precedenti, con una carrellata storica di personaggi famosi entrati in politica. Intervistato da Formigli nel 2015, il cantante dichiarava “Il futuro è il Movimento 5 stelle”. Guardiamo invece al passato per provare a vedere cosa succede quando le celebrità diventano parlamentari.
Personaggi famosi in politica: da Manzoni a Cicciolina
Non pochi ritengono che a favorire l’ascesa politica di Fedez possa contribuire la cassa di risonanza dei social. Ecco che la tendenza della nostra politica a ricorrere ai personaggi famosi è un fenomeno iniziato ben prima del web, e addirittura della televisione.
Capostipite è Alessandro Manzoni, nominato senatore a vita da Vittorio Emanuele II nel 1860 (un anno prima della proclamazione del Regno). E(i) fu senatore, non proprio immobile. Nei 13 anni il suo scranno segui gli spostamenti del Parlamento da Torino a Firenze, fino a Roma nel 1871.
Si guadagnò un encomio di Cavour che il 5 aprile 1861 lo apostrofò come: “la maggior gloria letteraria d’Italia e il primo poeta vivente d’Europa”. L’anno dopo venne incaricato di prendere parte alla Commissione per l’unificazione della lingua e sei anni dopo presenta la relazione “Dell’unità della lingua e dei mezzi per diffonderla”.
Decisamente meno degno di nota fu il mandato di Giovanni Verga: nominato senatore nel 1920, ultraottantenne morì due anni dopo senza quasi lasciare traccia a Roma.
Un significativo scorcio della liaison tra politica e celebrità avvenne durante il regime, col caso del maestro Arturo Toscanini. Di convinte idee socialiste, aderì inizialmente al fascismo, venendo candidato senza successo da Mussolini nelle liste dei Fasci di combattimento nel 1919; salvo poi discostarsi dal regime di cui divenne oppositore, fino all’esilio volontario in America da cui continuò a lanciare reprimenda. Dopo la guerra Toscanini tornò in Italia, venne nominato senatore a vita il 5 dicembre 1949 da Luigi Einaudi, ma rinunciò all’incarico per motivi di salute il giorno successivo.
In 75 anni di storia repubblicana sono stati nominati 47 senatori a vita, soprattutto tra i nominati per “Meriti in campo artistico e letterario” figurano numerosi artisti: da Eugenio Montale a Eduardo De Filippo e Claudio Abbado, fino al poeta Trilussa.
Non solo il riconoscimento di un mandato vitalizio per chi ha «illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario», artisti e celebrità sono a più riprese entrati in campagna elettorale per farsi eleggere onorevoli. Il fascismo cercò di arruolare anche il comandante Nobile, ma l’eroe delle due trasvolate sul Polo Nord una volta caduto il regime venne eletto senatore tra le fila del Partito Comunista. Due artisti e figure iconiche della sinistra come Guttuso e Strehler sono stati eletti senatori negli anni ’70 e ’80, mentre Sciascia è stato deputato col Pci. Franca Rame si è invece candidata con l’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro nel 2006, salvo poi dimettersi con un’amara lettera due anni dopo.
Personaggi famosi in politica: i flop più clamorosi
Un seggio in parlamento lo hanno avuto anche molte altre celebrità, senza però lasciare un segno tangibile sulla politica italiana come hanno invece fatto sui palcoscenici di loro competenza. Dagli “anonimi” Massimo Boldi (candidato coi Socialisti senza successo nel 1992) ed Enrico Montesano (eurodeputato coi Pds), ai “pentiti” Iva Zanicchi (Forza Italia “Non lo rifarei”) e Gerry Scotti (eletto coi socialisti nel 1987 ma senza soddisfazione: “È stata una brutta pagina perché non sono riuscito a dare nulla. Non avevo ruoli, sono stato relegato a schiacciare un bottone”).
Più rilevante fu il “caso Enzo Tortora” che portò li conduttore in parlamento dopo la vicenda giudiziaria grazie ai Radicali che lo nominarono presidente del partito mentre era ai domiciliari nel 1984. Nel 1987 Gianni Rivera ricevette la proposta della Democrazia Cristiana, fu l’inizio di una lunga carriera politica che portò il golden boy e bandiera del Milan a due rielezioni e numerosi cambi di casacche: Patto Segni, Rinnovamento Italiano, La Margherita, Rosa per l’Italia e Centro Democratico.
Impossibile poi dimenticare l’avvento a Montecitorio dell’onorevole Ilona Staller, in arte Cicciolina, famosissima pornostar candidata dai Radicali nel 1985. Nella circoscrizione di Roma fu la seconda più votata con 20mila voti, più di Rutelli e del comico Cochi che portò solo 500 ai radicali.
L’Instagram di Fedez diventerà in futuro un account politico?
Fedez non sarebbe certo il primo cantante nazional-popolare a darsi alla politica: Modugno (eletto in Senato, sempre coi Radicali), Gino Paoli (Sinistra Indipendente) e Franco Califano che invece non ha neanche sfiorato l’elezione, prendendo solo 20 voti nel 1992 col Partito Socialdemocratico. «Non sono né di destra né di sinistra, sto in alto».
Il compianto Franco Battiato è solo l’ultimo rappresentante di una lunga lista di musicisti impegnati. Ebbe un breve idillio nel 2012 con Rosario Crocetta, governatore della Sicilia che lo nominò Assessore al Turismo, allo Sport e allo Spettacolo. Un’esperienza che dura pochi mesi, venendo sollevato dall’incarico nel 2013 a seguito di una sua dichiarazione al Parlamento europeo: «Queste troie che si trovano in Parlamento farebbero qualsiasi cosa. È una cosa inaccettabile, sarebbe meglio che aprissero un casino».
Musicalmente agli antipodi, chissà che il maestro e Fedez non trovino una convergenza nella politica?
di Stefano Marrone