L’approdo della guerra della Superlega davanti alla Corte di Giustizia europea segna un ulteriore salto di qualità in uno scontro destinato a lasciare dei feriti sul terreno, siano essi i club che insistono (Juventus, Real Madrid e Barcellona il nucleo dei ribelli) o la Uefa che sta tirando dritta per la sua strada incurante delle possibili conseguenze.
Solo all’apparenza a rischiare di più sono le grandi di Italia e Spagna. Certo, vedersi sbattute fuori dalla Champions League per uno o due anni, come minacciato da Nyon e come i rumors danno per quasi certo una volta terminata la fase istruttoria della disciplinare della Uefa, significherebbe rinunciare a non meno di un centinaio di milioni di euro in una fase di crisi mondiale. Un colpo durissimo per bilanci già allo stremo come il maxi prestito che il Barça si è fatto fare da Goldman Sachs – mezzo miliardo – e le analoghe manovre del Real con il governo di Madrid testimoniano.
Uefa contro Superlega: dalle sanzioni alla Corte di Giustizia Europea
Ma se si analizza il cuore del parere che la Corte europea dovrà dare su richiesta del Tribunale di Madrid si comprende bene come per la Uefa sia un all in. Il riferimento che i giudici con sede in Lussemburgo dovranno giudicare è, infatti, quello messo nero su bianco nei mesi scorsi dal Tribunale Commerciale di Madrid nella sentenza che ha imposto all’organizzazione calcistica di non sanzionare gli eventuali club fuoriusciti per dare vita alla Superlega, cosa avvenuta sia nei confronti di chi ha fatto un passo indietro (dovendo pagare delle multe), sia aprendo il procedimento contro Juventus, Real Madrid e Barcellona con minaccia di esclusione.
Uefa e Fifa contro la Superlega: chi la spunterà?
Uefa e Fifa abusano di una posizione dominante? Violano le norme sulla libera concorrenza? Possono proseguire con l’attuale gestione del pallone o devono rimettersi, come ogni altro settore economico, alle regole generali cedendo parte del loro monopolio?
Secondo il Tribunale spagnolo la risposta è che Fifa e Uefa violano gli articoli 101 e 102 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, quelli che si occupano della libera concorrenza rivestendo nello stesso tempo i ruoli di organizzatori delle competizioni (impedendo la nascita e lo sviluppo di iniziative analoghe), promotori commerciali delle stesse obbligando chi vi partecipa a cedere i propri diritti e regolatori con potere sanzionatorio.
Decisamente troppi ruoli in una commedia da miliardi di euro di giro d’affari nella quale, è il motivo scatenante della rivolta dei top club, c’è chi si assume il rischio d’impresa investendo e spesso bruciando montagne di denaro e chi macina utili senza metterci un euro.
In assenza totale di dialogo, l’escalation del conflitto tra Uefa e ribelli porta dritto a un D-Day in cui solo uno resterà in piedi: o la Uefa oppure la Superlega. Nel secondo caso sarebbe la fine del calcio così come lo conosciamo da quasi un secolo, qualcosa di simile a uno tsunami senza ritorno. Esattamente quanto successo a metà degli anni Novanta con la celebre sentenza sul caso Bosman che liberalizzò il mercato in Europa. Non è un caso che l’avvocato artefice di quel terremoto sia stato assunto dai fuggitivi. Ventisei anni dopo.