«Chi va a cena fuori può stare al tavolo fino 22 e far ritorno a casa senza alcun rischio di ricevere sanzioni».
Parole e musica – prontamente smentite dal Viminale – di Mariastella Gelmini, Ministro per gli affari regionali e autonomie del governo Draghi. Per l’onorevole forzista non è la prima volta al ministero e soprattutto non è la prima gaffe. Anzi, la sua biografia è ricca di “uscite fuori luogo”.
Maria Stella Gelmini: la gaffe al giuramento del governo Draghi
Nonostante non abbia ancora compiuto 50 anni, ha già collezionato una lunga trafila di esperienze politiche, condite da una sfilza di gaffe. Ultima ma non ultima, proprio il giorno dell’insediamento del governo di Mario Draghi, lo scorso 13 febbraio. Chiamata di fronte al presidente della Repubblica, inciampa in un lapsus immortalato dalle telecamere. La Gelmini prova a recitare il giuramento a memoria, ma quando inizia ricorda solo: «Giuro di essere fedele alla Repubblica e di…», fermandosi qui. È così costretta a continuare il giuramento leggendo il foglio. Un lapsus certamente dettato dall’emozione, anche se per la Gelmini non è il primo giuramento da ministra.
La biografia di Maria Stella Gelmini
Figlia di un sindaco democristiano, ha alle spalle una lunga trafila dentro Forza Italia, partito in cui è entrata giovanissima sin dalla “scesa in campo” di Berlusconi nel 1994. È stata presidente del consiglio del comune di Desenzano del Garda fino al 2000, anno in cui le fu posto un voto di sfiducia, da alcuni giornali riportate come “manifesta incapacità ed improduttività politica ed organizzativa”, anche se non confermate in quanto il verbale con la delibera del consiglio comunale, sebbene sia un atto pubblico, non risulta consultabile. Nel 2002 è stata assessore al territorio della provincia di Brescia, nel 2005 è entrata nel Consiglio Regionale della Lombardia, venendo in parallelo nominata coordinatrice regionale di Forza Italia in Lombardia.
Dopo le elezioni del 2006 fa così il suo approdo alla Camera dei deputati, completando il cursus honorum con la nomina due anni dopo a Ministra. Ecco però cominciano le prime difficoltà. Pochi giorni dopo il suo insediamento al ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca della Repubblica Italiana, emerge un retroscena secondo cui la Gelmini, originaria di Brescia e regolarmente laureatasi in Giurisprudenza all’Università Statale della sua provincia con votazione finale di 100 su 110 – discutendo una tesi sul “referendum di iniziativa regionale” – avrebbe superato l’esame di Stato per la professione di avvocato presso la Corte d’Appello di Reggio Calabria nel 2002. L’indiscrezione – comparsa su tutti i quotidiani nazionali, in quegli anni alle prese con un filone d’inchieste inaugurate dal libro “La Casta” di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo – è confermata dalla stessa ministra, in una intervista proprio a Maria Stella Gelmini.
L’esame di avvocato a Reggio Calabria di Maria Stella Gelmini
«Molti ragazzi andavano lì e abbiamo deciso di farlo anche noi. Del resto, ho una lunga consuetudine con il Sud. Una parte della mia famiglia ha parenti in Cilento che, anche se dista 500 chilometri da Reggio Calabria, è pur sempre Mezzogiorno. La mia famiglia non poteva permettersi di mantenermi troppo a lungo agli studi, mio padre era un agricoltore. Dovevo iniziare a lavorare e quindi dovevo superare l’esame per ottenere l’abilitazione alla professione”.
“La sensazione – ha poi spiegato ancora Maria Stella Gelmini – era che esistesse un tetto del 30% che comprendeva i figli di avvocati e altri pochi fortunati che riuscivano ogni anno a superare l’esame. Per gli altri, nulla. C’era una logica di casta, per fortuna poi modificata perché il sistema è stato completamente rivisto. Così, insieme con altri 30-40 amici molto demotivati da questa situazione, abbiamo deciso di andare a fare l’esame a Reggio Calabria».
Abilitarsi presso un “diplomificio”, distante 1000 chilometri dal proprio luogo di residenza, non è certo un biglietto da visita incoraggiante per una ministra che invoca per la scuola meritocrazia, educazione civica, grembiuli e sette in condotta. Ma Mariastella Gelmini va avanti, senza curarsi delle critiche.
Le altre “micro-gaffe” di Maria Stella Gelmini
Come quando nell’ottobre 2008, durante una discussione in Senato, afferma: «Il libro bianco scritto sotto l’egìda del governo Prodi». Dopo il boato scatenato dall’opposizione a causa dell’errato accento, Schifani interrompe la discussione e la Gelmini si corregge: «ègida». Questioni di lingua, come quando commentando un’affermazione di La Russa su un altro collega di partito, Italo Bocchino, afferma: «È vero, hai ragione: è l’effetto Bocchino. Ora il Pdl è più compatto».
Agli scivoloni linguistici fanno il paio uscite poco edificanti su tematiche politiche, come quando nel 2010 annuncia entusiasta la nascita dell’Istituzione dell’Anagrafe della Ricerca, che però esiste dal 1980, con tanto di segnalazione sul sito del Ministero. Di lì a poco la ministra, da poco divenuta mamma, esprime la sua singolare posizione sul congedo di maternità: «Io ho più facilità di altre donne a tornare subito a lavorare senza trascurare mia figlia. Ma non vuol dire non essere una buona mamma, dovrebbero farlo tutte. Però le donne normali che lavorano dopo il parto sono costrette a stare a casa. Lo giudico un privilegio».
Agli inciampi su tematiche personali si affiancano anche delle querelle coi colleghi di governo, su tutti col ministro all’economia Giulio Tremonti. Quando il 20 aprile 2011, durante una puntata di Ballarò Enrico Letta riferisce che nel documento, presentato da Tremonti a Bruxelles, sarebbero previsti tagli per 4 miliardi al settore dell’istruzione di sua competenza, la ministra Gelmini, non al corrente della revisione dei fondi al suo dicastero, chiede di visionare i documenti, esclamando: «Tremonti me lo avrebbe detto!».
La ministra dell’istruzione non si scoraggia e prova a cominciare tutto il suo entusiasmo ai maturandi 2011, con una lettera in cui dichiara: «Alla maturità, nel 1992, scelsi un tema su Fogazzaro, Palazzeschi e i crepuscolari». L’anno in cui Gelmini sostenne l’esame – presso il liceo privato confessionale “Arici” di Brescia, dopo aver frequentato il liceo ginnasio “Daniele Manin” di Cremona e per un breve periodo il liceo “Girolamo Bagatta” di Desenzano del Garda – tra le tracce di italiano figuravano sì i crepuscolari e Palazzeschi, ma non Fogazzaro che deve aver confuso con Corazzini.
Il tunnel (inesistente) del Gran Sasso
Di tante gaffe ce n’è una destinata ad entrare negli annali, anzi, sui libri di testo. Era il 24 settembre 2011, nel comunicato di congratulazioni diffuso dall’ufficio stampa del dicastero dell’Istruzione c’era un riferimento – errato – alla costruzione di un ipotetico tunnel Svizzera-Abruzzo e all’investimento milionario del Miur, in realtà finalizzato agli esperimenti. Entusiasta per la scoperta del Cern di Ginevra e dell’Istituto nazionale di fisica nucleare dei neutrini che avevano superato la velocità della luce, dichiarava: «Alla costruzione del tunnel tra il Cern e i laboratori del Gran Sasso, attraverso il quale si è svolto l’esperimento, l’Italia ha contribuito con uno stanziamento oggi stimabile intorno ai 45 milioni di euro». Un tunnel lungo 732 chilometri dal Gran Sasso al Cern, mai esistito, che portò alle dimissioni irrevocabili del portavoce della ministra, anche se la responsabilità del comunicato non era ascrivibile a lui. Un abbaglio divenuto cult, quasi come l’infinità saga delle sparate del ponte sullo Stretto.
di Stefano Marrone