La pubblicazione di un articolo sull’Unità a firma di Valerio Fioravanti, ex terrorista neofascista, condannato in via definitiva per la strage di Bologna (85 vittime) e colpevole di un’altra decina di omicidi (per i quali è reo confesso) ha riaperto il dibattito sul dopo pena. L’argomento è molto spinoso perché, nel nostro ordinamento, il carcere deve servire a rieducare per consentire al detenuto che sconta la pena il reinserimento nella società. Nel caso di Fioravanti a fare clamore non è stato tanto il fatto di pubblicare un articolo (lo aveva già fatto sul Riformista, sempre in uno spazio concesso all’associazione in cui oggi lavora, Nessuno tocchi Caino). Per molti l’affronto è stato vedere la sua firma su un giornale che sotto la testata ricorda il nome del suo fondatore, Antonio Gramsci.
Un terrorista nero sul giornale di Gramsci
Gramsci morì il 27 aprile 1937 dopo aver trascorso undici anni in carcere per le sue idee antifasciste. Piero Sansonetti, il direttore dell’Unità, riportata in edicola dall’editore Alfredo Romeo, ha difeso la sua scelta dando in pratica del forcaiolo, come è sua consuetudine, a quanti l’hanno contestata e dichiarando che la firma di Fioravanti continuerà a comparire sul suo giornale.
Dare del giustizialista a Paolo Bolognesi, presidente dell’associazione dei familiari delle vittime del 2 agosto, per difendere un neofascista: era l’ultima perla che mancava nella fulgida carriera di Sansonetti, dopo l suicidio di un suo cronista quando dirigeva Calabria Ora. Una storia raccontata nel libro di Lucio Luca Quattro centesimi a rigo, edito da Zolfo.
Il succo del problema è un altro: fermo restando il diritto di tutti a rifarsi una vita, esiste una questione di opportunità (per uno che ha fatto esplodere bombe e sparato a bruciapelo anche a suoi sodali durante gli anni della lotta armata, non ci sentiamo per nulla inclini ad usare il termine sensibilità).
La passione dei brigatisti per la scrittura
Adriano Sofri, ex leader di Lotta continua, che è stato condannato in via definitiva come mandante dell’omicidio del commissario di polizia Luigi Calabresi e ha scontato la pena, scrive da anni sul Foglio. Nessuno gli contesta questo suo diritto, se non Marco Travaglio. Proprio in. questi giorni i due, dai rispettivi giornali, hanno ripreso a darsele di santa ragione.
Tra gli ex terroristi, sia di sinistra, sia di destra, passata la passione per la lotta armata, quella che ha continuato ad accomunarli è stata la passione per la scrittura. Non tutti hanno scelto i giornali, molti hanno preferito i libri, a volte come autori, altre come protagonisti della trama che si dipanava dalle loro esperienze e affidata alla penna di un giornalista (Alberto Franceschini con Giovanni Fasanella ha scritto Che cosa sono le Br).
Cesare Battisti, ex primula rossa dei Pac, i Proletari armati per il comunismo, per anni ha vissuto in Francia lavorando come scrittore di libri gialli. Scrittore è diventato, come detto, anche Alberto Franceschini, fondatore con Mara Cagol e Renato Curcio delle Brigate Rosse. A Curcio, appena ottenuta la semilibertà 7 aprile 1993, l’allora direttore de Il Giorno, Paolo Liguori, offrì un posto da giornalista ma lui declinò l’offerta ritenendola prematura. Oggi scrive e cura libri sul mondo del lavoro e sulla condizione carceraria. Gli ultimi tre libri da lui pubblicati trattano l’argomento dell’impatto delle nuove tecnologie sulla società.
Da ex terrorista a star tv, la “profezia” di Bignami
Anche Barbara Balzerani, ex brigatista che era nel commando che sequestrò Aldo Moro e uccise gli uomini della scorta del presidente Dc, è una scrittrice, con all’attivo diversi titoli (Compagna luna, Perché io, perché non tu, Cronaca di un’attesa, Lascia che il mare entri).
Adriana Faranda, la postina del gruppo brigatista che sequestrò e uccise Aldo Moro, nel 2006 ha pubblicato con Rizzoli Il volo della farfalla, un racconto liberamente ispirato ai 16 anni trascorsi a Rebibbia. Intervistata al telegiornale di La7, ospite al Salone del libro di Torino; vinse anche un premio internazionale con allegato assegno di 9mila euro. I parenti di alcune vittime insorsero contro il “divismo televisivo” degli ex, lei replicò: “Certe volte ho la tentazione di lasciare l’Italia”.
Chissà allora se non siamo vicini alla profezia di Maurice Bignami, uno dei capi di Prima Linea, quando disse: “Temo che un giorno sull’Isola dei famosi sbarcherà un ex terrorista. Fianco a fianco con la soubrette, il calciatore, l’attore”.