Perché leggere questo articolo? In Senato si discute della ratifica dell’accordo Italia-Kosovo sulla Polizia. Ma in questa fase può creare problemi strategici. Ecco perché.
La 4° Commissione permanente del Senato sugli Affari Europei sta lavorando in queste settimane all’analisi dell’accordo quadro tra l’Italia e la Repubblica del Kosovo sulle forze di polizia. Firmato nel novembre 2020, approvato dal governo Meloni ad aprile, l’accordo dovrà ora essere approvato dai due rami del Parlamento.
In Commissione al Senato l’accordo Italia-Kosovo
L’accordo Italia-Kosovo arriva al Senato nella commissione guidata dal “falco” atlantista di Fratelli d’Italia, Giulio Terzi di Sant’Agata, già ambasciatore negli Usa e ministro degli Esteri del governo Monti. In plenaria, per ora, è intervenuta nella giornata di mercoledì 5 luglio la senatrice del Pd Tatjana Rojc. Anche in 3° Commissione Affari Esteri si è iniziata l’analisi del provvedimento fortemente caldeggiato dal Ministero degli Esteri di Antonio Tajani.
Lo scambio politico-informativo tra Roma e Pristina prenderà forma, qualora l’accordo venisse ratificato, con un’ampia gamma di temi interessati. Tra questi si parla della cooperazione sul contrasto al cybercrime, della decisiva partita per la lotta al contrabbando e dell’opposizione al narcotraffico e al ruolo delle mafie nella giovane nazione balcanica. Il potenziamento della polizia kosovara è vista come un complemento al ruolo di Kfor, la missione Onu a guida italiana che mantiene la pace nel Paese.
Cosa prevede l’accordo
Sotto occhio anche temi come il contrasto all’immigrazione irregolare e profonde operazioni di scambio informativo. Vista la taglia diversa dei due Paesi, è chiaro che buona parte del passaggio di informazioni avverrà dall’Italia al Kosovo, Paese al cui interno Roma è ben inserita con militari, carabinieri, organizzazioni non governative e uffici diplomatici.
L’accordo è visto come strategico per il posizionamento di Roma in un Paese creato di fatto dalla Nato coi bombardamenti alla Jugoslavia nel 1999, che aprirono la strada all’indipendenza kosovara sotto tutela euroatlantica.
Il sostegno di Terzi al Kosovo
Il Kosovo è storicamente visto come un bastione della Nato nei Balcani e Terzi nel 2019 sul suo sito lo definiva come “uno Stato laico in cui religione e Stato sono separati. Nel paese esiste tolleranza e rispetto della varie confessioni religiose”.
Il Kosovo per Terzi “ha la costituzione più moderna in Europa in termini di libertà e di diritti umani e la più generosa in termini di cura delle minoranze. Gran parte della popolazione è legata ad un islam moderato, ma, contemporaneamente, come in altri Paesi europei, gran parte della popolazione del Kosovo è profondamente laica”.
Tutti gli ostacoli tra Bruxelles e Pristina
Il problema della ratifica, in questa fase, sta nel messaggio che manderebbe, sul fronte politico, al Kosovo e all’Unione Europea in una fase in cui Pristina è sotto accusa dalla comunità dei Ventisette per la condotta del governo di Albin Kurti nei confronti della minoranza serba.
Il 29 giugno la Commissione Europea ha colpito Pristina con una serie di sanzioni simboliche includenti la sospensione degli inviti a eventi di alto livello, l’interruzione dei finanziamenti dell’Ue per diversi progetti nell’ambito del Fondo di investimento per i Balcani occidentali e la cessazione delle visite bilaterali da parte dell’Ue e degli Stati membri in Kosovo.
Kosovo-Serbia, tornano le tensioni. E l’Occidente si allarma
Il motivo sta nella spinta dell’esecutivo di Pristina a ritenere valide le elezioni in quattro comuni del Nord in cui i candidati serbi non si erano presentati denunciando irregolarità; nell’obbligo di cambio di targhe per i veicoli immatricolati in Serbia, da sostituire con quelle di matrice kosovara; nel clima di esclusione sociali che a novembre ha portato alle dimissioni di massa dei serbi kosovari che operavano nelle istituzioni politiche, giudiziarie e di polizia del Paese balcanico.
Tutti temi che hanno rinfocolato la tensione tra Belgrado e il Kosovo. Storicamente l’Ue e gli Usa hanno sostenuto Pristina. Ma in questo caso il Kosovo è stato messo sotto accusa.
Cosa può fare Roma
L’Italia può giocare un ruolo importante. E l’arma della ratifica di un accordo fondamentale è politicamente rilevante. Come ha ricordato Rojc di fronte ai colleghi senatori, infatti, l’Italia non può mancare di unire le sue politiche per il Kosovo a quelle per “la strategia europea per la macroregione adriatico-ionica, al cui interno l’Italia è co-coordinatore, insieme alla Serbia e alla Repubblica della Macedonia del Nord, del pilastro «Connecting the Region», focalizzato sui trasporti e le reti energetiche”.
Mandare un messaggio di vicinanza a Pristina in forma così netta, accelerando la ratifica, potrebbe essere un problema. Subordinare l’iter della legge a un rispetto puntuale della de-escalation aiuterebbe Roma a contare di più a Pristina e a strizzare l’occhio a una serie di Paesi il cui avvicinamento graduale all’Ue è nell’interesse italiano. Situati in quei Balcani troppo a lungo dimenticati ma che sono fonti di opportunità e rischi geopolitici non indifferenti. E non vanno dimenticati.