Economisti, statistici, professioni scientifiche e ingegneri. Ecco le lauree che serviranno all’Italia nei prossimi cinque anni. Posizione bassa in classifica? Per letterati, filosofi ma anche matematici, architetti e urbanisti, chimici e farmacisti, psicologi e laureati nel settore agroalimentare. La fotografia? Uno studio condotto da Unioncamere e Anpal che ha stimato il fabbisogno di laureati nel quinquennio prossimo venturo (2021-2025) e ha indicato la spendibilità dei differenti diplomi sui vari settori del mercato del lavoro.
I due enti hanno evidenziato in apertura del report come sia ormai chiaro che l’imprevedibile e gravissima crisi pandemica è un evento epocale dalle pesanti conseguenze in tutto il pianeta. Un quadro di complessità che impatterà in maniera inedita anche sul mondo del lavoro. Dopo aver messo a dura prova tutti i sistemi economici e sanitari del mondo, la crisi sta determinando e determinerà conseguenze profonde nella produzione dei beni e dei servizi, con modalità ancora in gran parte da comprendere.
Figure professionali del futuro: quali sono?
L’analisi prende le mosse dall’attuale contesto socioeconomico, che stava vivendo almeno tre grandi transizioni già in atto e in sinergia tra loro: la transizione digitale, quella ambientale e quella demografica; quando è stato messo a soqquadro dalla pandemia. Ora che – a suon di Recovery Plan, Next Gen Eu, bazooka americani e piani di resilienza dei governi – le emorragie economiche sembrano arginarsi, gli istituti privati e gli enti pubblici specializzati cominciano a fare previsioni su quelli che potranno essere gli scenari lavorativi futuri di un mondo che accenna a ripartire.
Di quali figure professionali avrà bisogno l’Italia della ripartenza? Le rappresentanze delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e l’Agenzia delle Politiche Attive non hanno dubbi. Anche nel nostro paese il lavoro sarà all’insegna delle competenze digitali, attento al risparmio energetico e silver. Con buona pace dei giovani. I processi demografici che da decenni allungano e migliorano la vita della popolazione rendono gli over50 una forza lavoro centrale, in un mercato sempre più competitivo e multigenerazionale.
Il report sul lavoro di Union Camere e Anpal
Nel paese della fuga dei cervelli e dei navigator, Unioncamere e Anpal cercano allora di tracciare una rotta percorribile per i giovani alle prese con la scelta della facoltà universitaria ideale, definendo le richieste dei vari settori economici nei prossimi 5 anni.
Nel quinquennio 2021-2025 si stima la necessità di circa 230mila inserimenti per coprire posti di lavoro. Oltre il 60% andranno a rinfoltire il settore privato, a fronte di oltre un 39% che potrebbe ambire a un lavoro pubblico. È bene sapere che la nostra pubblica amministrazione nei prossimi anni cercherà figure che al 62% dovranno essere dotati di una laurea.
Bene le discipline scientifiche e di ambito economico-statistico
Sul trono dei titoli di studio più spendibili campeggia la laurea in ambito economico-statistico, che assorbirà circa 40mila richieste all’anno. Segue staccata di pochissimo l’area giuridica e politico-sociale che richiederà quasi 39mila nuovi ingressi. Completano il podio i 35 mila laureati che andranno a rinfoltire il settore medico-sanitaria, divenuta ancor più centrale e dunque da monitorare negli ultimi difficili anni pandemici.
Nei prossimi cinque anni l’Italia avrà bisogno di più di 30mila ingegneri e 25mila laureati da assegnare al mondo dell’insegnamento e della formazione (che include anche le scienze motorie). Per gli iscritti alle facoltà umanistiche è bene tenere conto delle potenzialità di impiego dei settori letterario, filosofico, storico e artistico che ammontano a circa 15mila posti disponibili.
Laureati in Italia, le difficoltà per architetti e psicologi
Si fa ancora più complicata la strada per aspiranti architetti e urbanisti (per cui sono a disposizione 13mila posti), traduttori e laureati in lingue (9mila), matematica e fisica (8mila), psicologi (6,5mila), chimici e farmacisti (4mila). Chiudono la classifica i circa 3mila posti stimati nel settore agro-alimentari.
Questi valori non possono però essere letti in termini assoluti, devono ovviamente essere analizzati in proporzione al numero di laureati che ogni anno producono le varie facoltà italiane, un indicatore chiave per determinare la competitività del singolo titolo di studio.
L’incidenza geografica un fattore ancora decisivo
Nel paese dei mille campanili e delle piccole e medie imprese concentrate in filiere e distretti produttivi, oltre alle competenze oggettive, rimane enorme l’incidenza dell’area geografica in cui ambisce a un posto di lavoro un laureato. Se poi non è giovane, tanto meglio.