Ci sono le licenze. Non ci sono più i limiti di orario. Ma mancano le materie prime. Beffa milionaria per ristoratori, baristi ed esercenti di Milano.
Ristoranti con dehors: mancano le materie prime
Le strutture, i teli, la pavimentazione per realizzare i dehors e gli spazi all’aperto dove far mangiare e bere i clienti con le riaperture? “Le aziende produttrici non riescono a stare dietro agli ordini” rispondono i commercianti milanesi. I materiali? Legno, acciaio zincato e pvc sono introvabili. Con le industrie che evadono le bolle di chi può pagare tanto e subito. Le gestioni familiari? Si arrangino.
Ristoranti: i clienti vogliono mangiare all’aperto
Nulla di originale: è la legge della domanda e dell’offerta in un sistema Paese a bassa capacità produttiva. Chiacchiere per economisti e politici. Chi ha chiuso per un anno e mezzo ora non vuole sentire ragioni. Servire i clienti al chiuso nei tradizionali spazi dei pubblici esercizi meneghini? È un’alternativa. Che però fa pugni con le esigenze delle persone. Anche loro sono state chiuse – in casa – un anno e mezzo. E ora vogliono il tavolino all’aperto. A ottobre e novembre se ne faranno una ragione con il cambio di stagione ma per ora si fa così. Il cliente ha sempre ragione.
Ristoranti con dehors. I commercianti: “Aspetto i materiali da due mesi”
Basta un colpo d’occhio nelle prime notti di movida milanese che ricorda i tempi “normali”: chi ha i terrazzi, spazi all’aperto, giardini già allestiti in precedenza sta facendo affari d’oro. Mangiandosi quote di mercato. Qualche esempio? Da “oTTo” in via Paolo Sarpi i baristi chiudono la serata fra chiacchiere di stupore: “Hai visto i numeri oggi?” si dicono fra di loro nel tradizionale “commento post partita”. Idem nei circoli come la Cascina Martesana – prima “sequestrati” per violazione delle norme e poi riaperti – che ora fanno il botto. È invece camminando in via Muratori (Porta Romana) dove sono state prese d’assalto anche le rotonde, nella stretta via Panfilo Castaldi (Porta Venezia) in viale Pasubio, di fronte a Fondazione Feltrinelli, che si sentono le lamentele degli imprenditori: quel bel marciapiede largo e occupabile a costo zero? “Non ci posso fare nulla, sono due mesi che attendo i materiali”.
Dehors e tavolini all’aperto: la scelta di Palazzo Marino è un boomerang
Così la decisione del Comune di Milano di liberalizzare e rendere gratuita l’occupazione di suolo pubblico, inclusi i parcheggi, per venire incontro alle esigenze del settore più colpito economicamente dalla pandemia, si è trasformata in pochi mesi da speranza a boomerang. Nuovo motivo di frustrazione in una categoria – i commercianti – non esattamente avvezzi a lasciar passare le cose. Palazzo Marino si è già dovuto scontrare con pezzi della propria maggioranza per queste decisioni. “Una giunta di bottegai” ha scritto in un commento su Facebook il consigliere comunale Carlo Monguzzi, storico volto della Milano ambientalista che accusa il sindaco Beppe Sala e assessori di essersi schiacciati sulle posizione del commercio. Che tradizionalmente vota il centrodestra come dimostra la new entry nelle liste di Forza Italia in vista delle amministrative di ottobre, Simonpaolo Buongiardino, Presidente di Assomobilità-Confcommercio Milano.
A proposito di mobilità: se pedoni, ambientalisti, ciclisti e automobilisti se la prendono a vario titolo con l’invasione dei gazebo e dei tavolini, anche i commercianti hanno da dire la loro sulle ciclabili. È solo l’ultima di un’infinita serie di battaglie che dura da oltre un decennio contro le giunte di centrosinistra. In principio era Area C. Oggi è la pista ciclabile di corso Buenos Aires teatro di quotidiani “scontri” fra le due e le quattro ruote. I commercianti? Al Corriere delle Sera dicono che la pista “ha danneggiato gli affari”. Anche questa. Che c’entri forse un filo di più la crisi occupazionale? No. Queste sono chiacchiere per politici ed economisti.