Un “cantiere”. Per “ricostruire”. Ecco le parole chiave di “I Cantieri per la Sanità del futuro” la piattaforma lanciata a fine giugno da Janssen Italia in collaborazione con il Censis. L’obiettivo? Individuare le linee direttrici per il sistema-salute post Covid.
Acuzie, cronicità, emergenze: i fronti aperti della sanità italiana
Iniziare a farlo nelle ore in cui il più importante “cantiere” in corso – il Recovery Plan – riceve l’approvazione europea per ridisegnare economie e infrastrutture, anche sociali, dei Paesi comunitari. Soltanto nel 2020 sono stati attivati 5,6 miliardi di euro ma l’iniezione di risorse economiche complessive in campo sanitario previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza prevedono l’arrivo di 20 miliardi di euro. Le urgenze a cui dare priorità secondo il ramo italiano della multinazionale farmaceutica e l’Istituto di ricerca socio-economico nato a Roma nel 1964? “Tre fronti” si legge nel report presentato il 22 giugno al Cnel: acuzie, cronicità ed emergenze. I dati indicano che in Italia al 2040 ci saranno infatti oltre 19 milioni di anziani e 28 milioni di cronici, con incrementi rispettivamente del +38,5% (+5,4 milioni di anziani) e del +12% (+3 milioni di cronici). Un paese che invecchia e con una piramide demografica che “chiama” per una maggiore salute e sicurezza.
Ai trend di lungo periodo di aggiunge la contingenza dell’immediato e del post pandemia. Contingenza che se non affrontata può diventare a sua volta una sorta di “cronicità” collettiva. È il tema emergenziale della cosidetta “sanità sospesa” o delle “cure mancate” , a cui True Pharma ha dedicato molti degli approfondimenti di questi mesi: 46 milioni di visite specialistiche e accertamenti diagnostici e 3 milioni di screening oncologici in meno nel 2020 rispetto all’anno precedente, è il dato riportato. Prestazioni che presto torneranno a impegnare significativamente il Servizio sanitario nazionale, con il rischio “imbuto”.
Sanità digitale, come declinare l’innovazione?
Per fare fronte a tutto ciò, le linee guida ormai condivise da parte di stakeholder, comunità scientifica, decisori e regolatori, puntano sulle frecce della “sanità di prossimità”, da un lato, e della “sanità digitale” che insieme assorbiranno circa 10 del maxi piano di ripresa italiano con fondi europei.
Janssen Italia e Censis sottolineano come declinare le due macrovoci. La sanità di prossimità deve fare i conti con alcuni punti qualificanti. Su tutti: distintività del punto di accesso al sistema; presa in carico sostanziale; e infine la messa a disposizione di un’assistenza a domicilio integrata e digitalizzata per trasformare la propria casa “nel primo luogo di cura” come recitano i documenti di questi mesi. La sanità digitale è invece una medaglia a due facce. Da un alto innovazione. Dall’altro il rischio, già oggi per certi versi concretizzato, che “le esperienze realizzate finora in maniera indipendente dai vari territori” diano vita ad “una moltiplicazione infinita di piattaforme e progetti con il risultato che l’Italia vanta una babele di software, device, tecnologie”. È la fragilità del digitale: se non interoperabile, sovrapponibile, condivisibile, la complessità e le sue esternalità negative aumentano, non diminuiscono. Se ne hanno prove tutti i giorni nella sanità italiana: dalla medicina penitenziaria a quella delle dipendenze, alle cartelle cliniche elettroniche non condivise e via discorrendo, oltre a quella che Censis e Janssen definiscono “l’insufficiente digitalizzazione o l’altrettanto pericolosa digitalizzazione dell’analogico che finisce per generare più danni che benefici”. Cosa desiderare quindi dalla sanità digitale prossima futura? Tra gli italiani l’86,5% chiede di poter prenotare prestazioni sanitarie direttamente da smartphone, pc, laptop. Una percentuale identica chiede di avere accesso alla cartella sanitaria ovunque e in modo semplice.
Telemedicina: gli italiani la vogliono, ma chiedono più efficienza al sistema
Si tratta di richieste basiche e assolutamente fattibili che mettono in rilievo come il digitale sia percepito come sinonimo di facilità nell’accesso alle strutture ed ai servizi, e non come un futurismo per pochi eletti ad elevate competenze. Richieste e numeri indicativi anche di aspettative più generali sul futuro da parte della cittadinanza nella propria relazione con il mondo del welfare. Secondo l’indagine infatti il 52% degli italiani si attende di vedere più efficienza, cioè che si faccia di più e meglio su liste di attesa, strutture, servizi; il 33,2% invece si attende “più umanità”, maggiore attenzione al malato come persona, al alto empatico del personale – e in qualche forma anche dei luoghi che ospitano i pazienti, come in pandemia ha mostrato la tragica parentesi della Rsa – più ascolto, dialogo, empatia; il 33% vuole invece responsabilizzazione dal lato dei cittadini, in primo luogo sul fatto che anche la sanità pubblica ha un costo e poi nell’assunzione di stili di vita adeguati, in relazione ai comportamenti da tenere nelle varie situazioni; il 30,8% più collaborazione tra i diversi soggetti della sanità, ovvero pubblico, privato, non profit, volontariato, cittadini. Un gruppo del 26% desidera più equità, cioè che l’accesso alla sanità sia garantito in modo eguale al di là di residenza, ceto, sesso, età, nazionalità; La quasi totalità del cmapione – oltre il 91% degli italiani – dà il suo beneplacito all’uso della telemedicina e medicina digitale purché resti centrale il rapporto diretto medico-paziente.