Perché leggere questo articolo? La tassa sugli extraprofitti delle banche è solo l’ultimo punto di contatto tra Giorgia Meloni e Giuseppe Conte. Una convergenza particolare, andata in scena anche sulle nomine e sulla battaglia contro la “casta”.
Questa Giorgia Meloni sembra un po’ Giuseppe Conte. E no, ovviamente non parliamo di somiglianza fisica. Ma di alcune “strane” convergenze che si sono verificate negli ultimi mesi. Una strana coppia, ma nemmeno troppo, a pensarci bene. Infatti sia Fratelli d’Italia sia il M5s nascono da una base fortemente “anti-sistema” e contro l’establishment. E così in questa prima fase di legislatura abbiamo assistito ad alcuni episodi in cui si è manifestata plasticamente una saldatura tra il populismo grillino e il populismo meloniano.
La strana coppia Meloni-Conte
L’ultimo segnale di intesa è forse il più evidente. Parliamo della sorprendente fuga in avanti della premier Meloni sulla tassa sugli extraprofitti sulle banche. Una misura non concordata con il settore più moderato della coalizione di centrodestra, ovvero Forza Italia. Ma un’idea, di fatto, presa in prestito dal programma dei Cinque Stelle.
La tassa sulle banche è uno storico cavallo di battaglia del Movimento. Fin dalle sue origini e anche in questo periodo, durante la gestione di Conte. Il M5s, appena dopo il varo della nuova tassa, non ha mancato l’occasione di far notare a Palazzo Chigi la “primogenitura” della misura che tassa gli istituti di credito.
Conte: “Sulle banche Meloni ci ha ripensato”
Ecco cosa scriveva l’account ufficiale del M5s il 9 agosto scorso, dopo l’annuncio del governo sugli extraprofitti. Un post rilanciato dallo stesso leader Conte e da tutti i parlamentari pentastellati più in vista. “La tassa sugli extraprofitti delle banche è una proposta del M5S che la maggioranza Meloni ha bocciato a più riprese per mesi. Ora hanno annunciato di averci ripensato, bene”, spiegavano i grillini. Seguiva video con tutti gli interventi in Aula in cui il M5s chiedeva l’introduzione della tassa. E ancora: “Ieri da Fratelli d’Italia abbiamo ascoltato le bugie di chi non ha l’onestà intellettuale di ammettere che il M5S propone questa soluzione da mesi nonostante i loro no. Ristabiliamo un po’ di verità. Dovevano solo fare copia-incolla, speriamo che oltre agli annunci sguaiati non abbiano fatto altri danni nel testo ufficiale che aspettiamo di leggere”.
L’intesa su Rai e Csm
Dietro i proclami bellicosi, c’è un fatto. Sia M5s sia Fdi sono a favore della tassa sugli extraprofitti sulle banche. Ma c’è altro. Un dialogo sotterraneo che fa storcere il naso a molti dirigenti del Pd e ad alcuni del centrodestra. Ci sono state le nomine, il battesimo del fuoco di questa connessione sottotraccia tra Conte e Meloni. Un’intesa che si è manifestata soprattutto sulla Rai. Alessandro Di Majo, quota stellata nel Cda di Viale Mazzini, si è astenuto sulla nomina dell’amministratore delegato Roberto Sergio e anche sui direttori dei telegiornali. In cambio Conte ha ottenuto qualche casella chiave: il fedelissimo Giuseppe Carboni alla direzione di Rai Parlamento e Claudia Mazzola alla presidenza di Rai Com.
Convergenze che si sono palesate anche in Parlamento. Il M5s ha soffiato alle altre opposizioni la presidenza della Commissione Vigilanza Rai e ha ottenuto, per l’ex ministro Alfonso Bonafede, la nomina a membro laico del Csm per la magistratura contabile. Grazie all’accordo con Meloni, Conte ha piazzato anche l’avvocato Francesco Cardarelli, legale che ha difeso più volte il M5s contro l’agguerrito Lorenzo Borrè. Cardarelli è stato nominato come membro laico del Consiglio superiore dei giudici amministrativi.
M5s e Fdi uniti contro i vitalizi
I due partiti anti-élite, naturalmente, trovano convergenze anche nelle battaglie contro la “casta”. Il 1 agosto scorso, alla Camera, Fratelli d’Italia ha presentato un ordine del giorno contro il ripristino, avvenuto invece in Senato, dei vitalizi anche per gli ex deputati eletti prima del 2012. Un testo quasi identico a quello presentato dal M5s. Grillini e meloniani si sono trovati dalla stessa parte della barricata anche nel sì alla riforma che ha previsto il taglio dei parlamentari. Similitudini che potrebbero trovare un nuovo sbocco dopo le europee. Molti parlamentari e la gran parte della base del M5s sono insofferenti all’abbraccio mortale con il Pd di Elly Schlein. La prospettiva, ovviamente, non è un’alleanza vera e propria. Ma un M5s svincolato dalla sinistra e più autonomo potrebbe modificare l’attuale quadro politico. Meloni e Conte: così diversi, così uguali.