Perché leggere questo articolo? “Putin in Brasile non verrebbe arrestato”, ha detto il presidente brasiliano Lula. Elly Schlein, che lo aveva eletto a modello, non ha preso le distanza. E la minoranza dem è in subbuglio anche sulla politica estera.
I mal di pancia Pd sui modelli internazionali di Schlein
“Sull’Ucraina dobbiamo prendere una direzione più chiara “, sospira un deputato dem di rito riformista. Ma perché la Schlein non è intervenuta sul caso Lula-Putin? “Bisognerebbe chiederlo a lei, avrebbe dovuto prendere le distanze secondo me”, la seconda risposta della fonte di True-News.it. Sì perché le frasi del presidente brasiliano Ignazio Lula Da Silva, su “Putin che non verrebbe arrestato” in caso decidesse di partecipare al G20 di Rio de Janeiro hanno scatenato un’altra ondata di malumore all’interno della minoranza del Pd. La componente più filo-Atlantica dei dem registra la retromarcia, definita “tardiva”, di Lula, che ha corretto il tiro. “Se sarà arrestato lo deciderà magistratura”, ha detto in riferimento allo storico mandato d’arresto emesso dalla Corte penale internazionale nei confronti del presidente russo, accusato di crimini di guerra in Ucraina.
Per Schlein Lula “è un simbolo”
Ma cosa c’entra il Pd in tutto questo? C’entra eccome. Infatti ieri molti parlamentari democratici di area moderata e riformista si scambiavano sui loro smartphone gli articoli dedicati alla visita a Roma di Lula, a giugno scorso. Il leader del Brasile, in quell’occasione, aveva incontrato Schlein. Che lo aveva eletto a “simbolo della lotta alla destra”. Perciò il silenzio della segretaria del Pd fa ancora più rumore, in un partito percorso da tensioni trasversali su diversi temi. A partire proprio dalla politica estera. E l’esitazione su Lula arriva a pochi giorni dall’incontro di Schlein con la vicepremier spagnola Yolanda Diaz, ricevuta con tutti gli onori e con non poco entusiasmo alla Festa dell’Unita di Ravenna.
Il Pd samba e flamenco
Giuliano Ferrara, sul Foglio, l’ha definita “la sinistra Manu Chao”. Un po’ samba e un po’ flamenco. Altro che le salamelle della Festa dell’Unita. Ed è una metamorfosi “latina” che non piace nemmeno alla sinistra dem di approccio più tradizionale. Prova ne sono gli sfoghi privati dell’ex segretario dem Nicola Zingaretti su Schlein che alle europee non arriverebbe “manco al 17%”. Così come la freddezza di esponenti importanti del mondo progressista come Andrea Orlando. Un disagio che serpeggia diffuso tra gli ex Pci.
Le perplessità della sinistra Pd
Insomma, il malessere sta assumendo proporzioni più vaste. E la “colpa” è di una linea politica giudicata troppo massimalista perfino dalla sinistra dem “con una cultura di governo”. Sicuramente molto radicale è l’altra nuova eroina di Schlein, la Diaz. La vicepremier della Spagna è stata tra i protagonisti della Festa nazionale dell’Unita, dove ha rilanciato la battaglia sul salario minimo, che nel paese iberico è stato portato quasi a mille euro mensili. Diaz poi è stata a Roma, accolta dall’europarlamentare di sinistra Massimiliano Smeriglio e dal sindaco della Capitale Roberto Gualtieri.
La vocazione maggioritaria degli anti-Schlein
“Noi dobbiamo parlare a tutto il paese, bisogna riscoprire la vocazione maggioritaria del Pd”, spiega a taccuini chiusi un altro esponente della minoranza dem. Il sotto testo è che con la sinistra modello Lula-Diaz non ci si schioda dal 20%. Nemmeno alle europee. Come il presidente brasiliano, anche la ministra del lavoro spagnola si è espressa contro il sostegno militare a Kiev. D’altronde il profilo della Diaz è molto diverso dall’identità su cui era nato il Pd. La vicepremier di Sanchez, con la sua forza politica Sumar, si pone alla sinistra del Partito Socialista e in tasca ha sempre avuto sempre e solo la tessera del Partito Comunista.
Lula e Diaz indigesti ai riformisti
Prospettive molto diverse rispetto alla “vocazione maggioritaria” invocata a gran voce dall’area riformista del Pd. Da Lula a Diaz. Il Pantheon internazionale di Schlein provoca mal di pancia tra i dem.