Perché leggere questo articolo? I pub nel Regno unito stanno scomparendo. Ne chiudono quasi due al giorno, oltre 10mila in meno di dieci anni. Ma in Italia resistono. Lino Enrico Stoppani, presidente di Fipe-Confcommercio, dichiara che il modello unico di pubblico esercizio italiano è in ripresa. I pub nostrani sono salvi.
Una notizia da far gelare il sangue nelle vene, o forse la birra nei boccali. Nel Regno unito i pub sono in via d’estinzione. Nel 2023, secondo un dato dell’Ufficio nazionale di statistica, già 383 hanno chiuso i battenti. Nell’arcipelago delle Ipa, delle Stout e delle Porter, chiudono due pub al giorno. “Campaign for Pubs“, un’associazione di cittadini a tutela dei locali tipici del Regno Unito, minaccia che entro 25 anni dei pub britannici potrebbero restare solo musei. Pandemia e caro-bollette li hanno già ridotti da 50mila a 39mila in meno di un decennio. Ma in Italia?
I pub in Italia sono resilienti
“Teniamo botta”. Lino Enrico Stoppani, presidente di Fipe – Federazione Italiana Esercizi Pubblici e Vice Presidente vicario di Confcommercio, rassicura gli avventori dei pub dello Stivale. “In Italia è diverso. Abbiamo modello di pubblico esercizio unico che fa invidia al mondo. Anche i pub rientrano in questa tipologia di esercizi, diffusa in tutto il paese e dal benchmark unico. Anche Starbucks lo aveva considerato”.
I pub rientrano – insieme con ristoranti e bar – nella categoria unica di pubblici esercizi. “E’ il modello dominante nel nostro paese. La ristorazione commerciale in Italia è dei grandi gruppi. Autogrill, McDonald, Mychef e gli altri big occupano una quota intorno all’8-10%. Minimale rispetto ai piccoli esercizi pubblici. Le piccole dimensioni e la capacità di accoglienza rendono i pubblici esercizi diffusi in tutto il paese e resilienti” prosegue Stoppani. “Quello del pub, così come dei pubblici esercizi, è un modello organizzativo d’impresa sostenibile nel nostro paese”.
I dati Fipe sull’andamento di pub, ristoranti e bar
Effettivamente, i dati del Report Fipe 2023 fotografano la situazione di salute dei pubblici esercizi, la categoria di locali di cui fanno parte anche i pub. “Il dato è incontrovertibile – prosegue Stoppani. “L’emorragia della pandemia ha fatto male. Ma, in termini di consumi e occupazione, sembra essere definitivamente superata”. Tra il 2019 e il 2021 in Italia hanno chiuso oltre 50mila attività, ma il 2023 mostra il dato di forte ripresa di ristoranti, bar e pub.
“Nel nostro Rapporto si legge che a dicembre 2022 erano 336 mila le imprese operative nel mercato della ristorazione. Manca poco per tornare ai numeri pre-pandemia, che comunque sono più che incoraggianti” elenca Stoppani. “Il settore degli esercizi pubblici ha più di un milione e duecentomila occupati. Un fatturato di circa 86 miliardi di fatturati. E un valore aggiunto che ha superato i 43 miliardi di euro (il 18% in più dell’anno precedente)”.
Le problematiche non mancano ma i pub resistono
Non è tutto rose e fiori il mondo dei pub. “La resilienza del pubblico esercizio italiano – per Stoppani – non è tanto nella capacità commerciali, quanto nel fatto che è un settore che sa tenere duro. Abbiamo alti tassi di mortalità, soprattutto tra le startup. Ma l’apertura al settore è enorme, con grande turnazione”. Stoppani mette in evidenza due campanelli d’allarme. “C’è il problema dell’attrattività lavorativa: non si trovano camerieri e lavoratori in generale. E poi c’è un tema di produttività enorme”. A differenza del Regno Unito – dove i gestori di pub lamentano la totale assenza di tutela da parte del governo – il presidente Fipe ritiene che lo Stato abbia in parte tutelato i pubblici esercizi italiani. “I sostegni ci sono stati, ovviamente inferiori ai danni della pandemia, ma i decreti ristori hanno in parte attutito. Il credito d’imposta e l’agevolazione della cassa integrazione anche per le piccole attività hanno aiutato. A distanza di tempo, i danni inevitabilmente rimangono, ma si può dire che lo Stato ha fatto il suo” conclude Stoppani.