Perché leggere questo articolo? Fulvio Scaglione, corrispondente di guerra e già vicedirettore di Famiglia Cristiana, commenta il ritorno del conflitto israelo-palestinese. Quali sono le ragioni e quali i possibili scenari dell’eterno ritorno della guerra a Gaza, di cui però sembra importarci sempre meno.
L’eterno ritorno di una guerra di cui ci importa sempre meno. La Terrasanta torna a macchiarsi di sangue, palestinese e israeliano, come a intervalli regolare accade da decenni. In un conflitto che non sembra conoscere normalizzazioni né fine, sabato si è segnata una tappa senza ritorno. True-news.it ha intervistato Fulvio Scaglione, già vicedirettore di Famiglia Cristiana e corrispondente di guerra, per provare a comprendere quanto sta accadendo tra Israele e Palestina, e quali saranno gli sviluppi globali di questa ennesima escalation.
Dottor Scaglione, come possiamo definire quanto accaduto sabato?
Credo che abbiano ragione le autorità israeliane quando parlano di una guerra vera e di una guerra per procura. Sono due caratteristiche evidenti del conflitto riesploso sabato. Una guerra vera per l’ambizione militare di questo attacco dalle proporzioni mai viste. Si tratta di un successo militare di Hamas, di fatto il primo vero della sua storia. E che contribuisce a definire una guerra per procura che ha come indiziato numero uno l’Iran.
In che senso?
Si tratta di un’operazione che la Repubblica Islamica degli Ayatollah fa sulla pelle dei palestinesi. Dai fatti di sabato l’Iran ottiene una serie di risultati. Per prima cosa, interrompe o annulla definita vemente la normalizzazione dei rapporti tra Arabia Saudita e Israele, la tappa finale degli accordi di Abramo, di cui l’accordo tra lo Stato ebraico e quello di Mbs sarebbe stato il tassello più importante. Un accordo che avrebbe cambiato gli equilibri del Medio oriente, che stava per andare in porto. Anche perchè gli Usa avevano fatto concessioni importantissime concedendo all’Arabia: un tratto di reciproca difesa e una una vasta collaborazione nucleare. Cosa che aveva fatto alzare non poche sopracciglia anche a Washington. La questione di gaza ha costretto i sauditi a tornare a schierarsi coi palestinesi e quindi il riavvicinamento con Israele è rinviato sine die.
C’è dell’altro dottor Scaglione?
Come sempre i soldi, con una questione commerciale piuttosto rilevante. Il G20 di Nuova Delhi ha progettato un corridoio India-Golfo- Europa. Si tratta di una rete di ferrovie, porti e collegamenti energetici, di fatto alternativa alla Via della Seta. E che rappresenta una doppia minaccia per l’Iran: alla propria posizione strategica alla supply chain globale, e alla sicurezza con il riavvicinamento Israele-Arabia che il progetto perorava. L’instabilità nella regione aumenta, e con questa guerra per procura l’Iran ribadisce il suo ruolo centrale nella regione: senza di noi non si fa la pace.
C’è però anche chi ha visto nel ritorno della guerra un’ancora di salvezza per il governo in crisi di Bibi Netanyahu…
Sicuramente ora il si ricompatta dietro la bandiera della sicurezza nazionale. Ma è anche vero che Netanyahu si era sempre posto come il garante di questa sicurezza. Sabato invece è andato in scena il fallimento dei servizi segreti e delle forze armate israeliane. Credo che, non appena la questione militare sarà risolta, partirà la caccia ai responsabili. Il primo indiziato è il Ben Gvir, il Ministro per la Sicurezza nazionale di Israele. Un razzista ultra-nazionalista – per usare eufemismo – che puntando sul rafforzamento delle colonie in Cisgiordania, ha scoperto il confine con Gaza. Un fatto che non depone a favore del governo più di destra della storia di Israele.
Che soluzione vede a questo conflitto che pare non conoscere fine?
Il conflitto in corso sarà solo militare. Non c’è altro ragionamento ipotizzabile. Ho sentito israeliani tornare a dichiarare che i palestinesi devono andarsene da Gaza. Si ragiona in questi termini, ormai, e credo che la parola non tornerà alla politica per molto. Quando lo farà (chissà quando e in quali condizioni) il tema ineludibile resterà quello dello stato palestinese. La soluzione dei due stati ha le sue contrindicazioni, ma anche le indicazioni positive per Israele.
Scaglione, siamo al picco più basso del conflitto arabo-palestinese?
Assolutamente sì, siamo a un punto di non ritorno di una guerra di cui ci interessa sempre meno. Nel corso dei decenni abbiamo assistito al progressivo scivolamento della questione politica verso quella sicuritaria. Non si riesce a uscire dalla logica del conflitto, e questo inevitabilmente comporta disattenzione e disaffezione per una guerra che non sembra conoscere fine.
Che ripercussioni avranno sul mondo i fatti di sangue di sabato?
Vedo pochissime ripercussioni dirette sulla guerra in Ucraina. Se non che, questa guerra per procura iraniana serve a ricordare alla Russia gli aiuti militari che la Repubblica Islamica fornisce a Putin. Armi e droni con cui colpire Kiev valgono molto più degli ottimi rapporti con Israele per la Russia, che quindi si disinteresserà del conflitto in Medio oriente. Altra peso ha la vicenda sugli Stati Uniti a un anno dal voto. Biden ha già promesso aiuti, armi e portaerei agli israeliani, che hanno una comunità pesantissima negli States. Per l’Europa, invece, non cambierà nulla. Come al solito, continuiamo a non contare nulla nella politica estera globale. E non credo che ci saranno nemmeno ripercussioni subite, in termini di attentati. La questione israelo-palestinese è sempre più confinata.