Home Stories I Persiani di Eschilo, una lezione di pace attuale da 2500 anni. VIDEO

I Persiani di Eschilo, una lezione di pace attuale da 2500 anni. VIDEO

I Persiani di Eschilo, una lezione di pace attuale da 2500 anni

Perchè questo articolo dovrebbe interessarti? “I Persiani” di Eschilo torna in scena al teatro Oscar deSidera di Milano, dal 19 al 22 ottobre. La tragedia più antica del mondo viene rappresentata da Silvio Castiglioni, con regia dei Sacchi di Sabbia e adattamento testuale di Francesco Morosi. Un’opera quantomai attuale, una riflessione sul senso profondo della pace. L’intervista di True News

Perché rimettere in scena i Persiani oggi? Che cosa ha ancora da dire un’opera di duemilacinquecento anni fa? Lo spiega bene Silvio Castiglioni nella sua interpretazione della tragedia eschilea, con regia dei Sacchi di Sabbia e adattamento testuale di Francesco Morosi, in scena dal 19 al 22 ottobre al teatro Oscar deSidera di Milano. Con partecipazione straordinaria di alcuni dei ragazzi del liceo classico Sacro Cuore. Presenza misurata ma efficace sul palco.

Un solo attore che gioca a scacchi col destino: quando basta il peso della parola

In una scenografia minimalista risuonano i versi di Eschilo. E parlano da sé. Non serve altro. Basta ascoltare il peso delle parole antiche, materializzate sotto forma di pedine, che si svela il senso profondo e sempre attuale della tragedia i Persiani. Così un’opera a più voci, quale è i Persiani, diventa un monologo. In scena, Castiglioni e la sua voce in funzione del testo tragico, vero protagonista della rappresentazione. La potenza dei versi diviene tangibile, intensificata dall’abilità di Castiglioni di manovrare le pedine metafisiche. “Un solo attore che gioca a scacchi col destino”: Castiglioni e i Sacchi di Sabbia son riusciti a concretizzare davvero le parole del drammaturgo greco.


L’eterna attualità dei Persiani di Eschilo

I Persiani di Eschilo è una tragedia di attualità. Lo è stata incredibilmente per i greci nel 472 avanti Cristo, quando per la prima volta hanno assistito alla rappresentazione della guerra contro i persiani combattuta e vinta solo otto anni prima. Lo è tristemente ancora oggi, per il tema che affronta e soprattutto per il messaggio sempre eterno che vuole trasmettere.

I Persiani è dramma sconvolgente nel suo impianto. Eschilo, infatti, rinuncia ai trionfalismi e ribalta audacemente la prospettiva: racconta la vittoria dei greci attraverso le parole e gli occhi dei persiani sconfitti. Sceglie di mettere in scena il punto di vista e il dolore dei vinti, dei nemici, degli altri. Grazie alla capacità delle sue parole di evocare immagini dalla grande potenza poetica, Eschilo mette in atto un processo catartico di immedesimazione e compassione verso “l’altro”, anche se nemico. Così la tragedia insegna un profondo esercizio di umanità eternamente valido: riconoscere l’altro come parte di sé.

“Tributo triste di tristi a tristi”: una comunione di fragilità contro la guerra

“Tributo triste di tristi a tristi” così Eschilo definisce la propria opera. E così è la guerra, a cui il drammaturgo greco toglie ogni epos eroico, restituendole la crudezza e l’angoscia della sua realtà. Nel racconto della guerra, Eschilo si schiera dalla parte del dolore. Ricordando la fragilità che accomuna tutti gli uomini, uguali pedine di fronte al dolore e alla morte.
“In guerra non ci sono veri vincitori. C’è solo una grande fornace di male che brucia vittime” ha commentato Riccardo Bonacina, intervenuto a fine rappresentazione. Il giornalista ha evidenziato la drammatica attualità dei Persiani nel contesto attuale di conflitti bellici che dilaniano l’Ucraina e Israele. Suggerendo come l’opera possa essere insegnamento e monito alla pace, anche oggi. Per Castiglioni – intervistato da True News -, infatti, “Eschilo ha fatto un enorme gesto di pacificazione con la sua tragedia: invita i suoi concittadini ateniesi, reduci vittoriosi contro i persiani, a fare veramente la pace col nemico”. Immedesimandosi e riconoscendosi in esso. Solo così si potrà raggiungere la pace. Il senso profondo, sta dunque, nella consapevolezza di noi stessi e dell’altro, riconoscendosi nella comunione di fragilità e finitezza. Senza distinzioni tra vincitori né vinti. Immaginandoci attraverso gli occhi dell’altro, conosciamo noi stessi. Ed è quello che, da sempre, fa il teatro: palco del mondo, specchio dell’umanità.