Contrapporre assistenza domiciliare e accoglienza residenziale è sbagliato: sono invece due nodi della rete dei servizi per gli anziani. E entrambe saranno sempre più necessarie: lo dicono i numeri dell’Osservatorio Rsa. Mentre l’esperienza sul campo ci mostra che lo stesso termine Rsa è riduttivo: sono già oggi, e diventeranno sempre più, centri che offrono agli anziani servizi diversi, su misura dei bisogni. E’ quanto è emerso con forza da “Perché non possiamo fare a meno delle Rsa – Servono risposte diverse su misura dei diversi bisogni di chi è fragile”, evento organizzato giovedì 15 luglio da Serenity in collaborazione con Uneba, associazione di categoria del non profit sociosanitario di radici cristiane.
La conferenza si può rivedere qui
Rsa fondamentali per anziani e fragili
L’età media degli anziani al loro ingresso in Rsa è 86 anni. Più di uno su tre (il 34%) ha bisogno dell’assistenza del personale delle Rsa per alimentarsi. Sono due dei vari dati forniti da Antonio Sebastiano, direttore dell’Osservatorio Rsa dell’Università Cattaneo di Castellanza (Va), per evidenziare che gli ospiti delle Rsa sono persone estremamente fragili, e che difficilmente possono essere assistite a casa propria. “Il 63% delle donne oltre i 50 anni – è un altro dato di Sebastiano – svolge la funzione di caregiver informale nel proprio nucleo familiare. Ma la struttura della famiglia italiana è cambiata, e in futuro ci saranno sempre meno caregiver, e aumenterà la pressione sui servizi”. “L’Italia – aggiunge – è nelle retrovie In Europa sia per la residenzialità, con i suoi 270 mila posti letto, che per la domiciliarità: dobbiamo investire su entrambe, in ottica di complementarietà. Vedere residenzialità e domiciliarità come alternative l’una all’altra è profondamente sbagliato”. “Le Rsa sono decisive come nodo di filiera nella fase terminale del percorso della non autosufficienza. Sono e saranno uno dei pilastri del sistema di long term care italiano”.
Rsa, un mondo vitale
“Il rispetto della dignità dell’individuo (anziano) – ha detto Marco Trabucchi, Direttore scientifico del Gruppo di ricerca geriatrica di Brescia– c’è solo se la risposta ai suoi bisogni è specifica e pertinente. In Rsa le crisi legate all’invecchiamento trovano ricomposizione. Polipatologia, demenza, non autosufficienza, solitudine, povertà, mancanza di caregiving, trovano qui in Rsa ricomposizione. Una risposta globale, di una globalità generosa e positiva. Certamente dobbiamo discutere di problematiche istituzionali, economiche, organizzative, ma altrettanto è importante ricostruire una cultura forte, riaffermando che quello delle Rsa è un mondo vitale, non marginale”.