Perché leggere questo articolo? True-news.it ha intervistato Manuela Donghi, giornalista economica e vicedirettrice di Giornale Radio, per provare a capire perché l’Italia è carente nella “cultura del risparmio”. Oggi più che mai da sviluppare.
Arriva la Giornata mondiale del risparmio e l’Italia non sa cosa mettersi. O meglio, non sa come stare al passo coi tempi. Tra una scarsa alfabetizzazione finanziaria e pratiche legate a un mondo ormai passato il nostro Paese arranca in termini di comprensione del mercato da parte degli operatori non tecnici.
Donghi: “Consideriamo la finanza solo una materia da esperti”
La finanza e il risparmio appaiono avulse dalla realtà quotidiana di molti di noi, quando in realtà la impastano quotidianamente. “Consideriamo la finanza solo una materia da esperti e tecnici che lavorano in banche, assicurazioni, Sim e via dicendo”, dice a True-News.it Manuela Donghi, giornalista economica e divulgatrice finanziaria.
Per quanto riguarda l’Italia “lo stato dell’arte, purtroppo, ci dà una fotografia ancora abbastanza negativa”, dice Donghi. “Noi da anni siamo agli ultimi posti nell’Ocse per alfabetizzazione finanziaria. Questo per molte motivazioni, a partire dal fatto che non si insegna l’educazione finanziaria a scuola”, un vero e proprio problema strutturale dell’educazione italiana sul risparmio.
Quest’anno, nota la giornalista, “c’è il Dl Capitali che ha inserito l’insegnamento dell’educazione finanziaria a scuola come progetto a fianco dell’educazione civica. Siamo arrivati a un primo assaggio perché dobbiamo capire come verrà declinato ciò e quanti formatori ci saranno. Ma si pone un punto interrogativo: chi insegnerà educazione finanziaria sarà istruito o no? “Dobbiamo essere estremamente sicuri che chi insegna sia impeccabile”, aggiunge Donghi, in una fase in cui “siamo sollecitati attraverso Internet da messaggi fuorvianti che promettono facili guadagni con poco sforzo, spesso truffe”.
L’importanza di insegnare il risparmio
L’Italia è comunque indietro: “Non mi do pace del fatto che l’Italia sia così messa male” e rimediare passa anche dall’insegnamento ai giovani, spiega Donghi. “Ma come ogni materia l’educazione finanziaria è cultura generale fondamentale: confondiamo troppo spesso l’educazione finanziaria come qualcosa riservata a chi gioca in borsa o investe”.
L’economia ci circonda: “parliamo di un fatto che riguarda quello che definisco mondo della street economy, della vita di tutti i giorni. Dalla necessità di pagare una spesa agli acquisti dei beni di prima necessità, siamo chiamati a fare economia tutti i giorni. Lo siamo davanti a una bolletta e a un mutuo come davanti a un prodotto al supermercato: dobbiamo essere informati come consumatori, specie nell’interlocuzione di professionisti che gestiscono le nostre finanze, delle cui parole dobbiamo essere consapevoli”. La partita è chiave, va compresa: “Basta girarsi e vediamo l’economia e il risparmio di fronte a noi: dobbiamo farceli amici”. Magari partendo dalla rottura di un vecchio stereotipo: considerare negativo il parlare di denaro.
Il tabù dei soldi
“In Italia”, spiega Donghi, “c’è il tabù nel parlare di soldi, non esclusivo nel nostro Paese. Un po’ per pudore, un po’ per blocco sociale, c’è difficoltà nell’affrontare temi legati al denaro, in passato definito “sterco del diavolo” dai nostri grandi pensatori, letterati e intellettuali, ma anche da Papa Francesco nelle sue omelie”. Il denaro, spesso, in Italia nel discorso pubblico “diventa il sinonimo del potere declinato in senso negativo, ma tutto questo si riconduce al fatto che fin da piccoli siamo abituati a non collegarlo al fatto che è fondamentale per la nostra vita.
In sostanza “siamo ancora legati a un retaggio culturale del passato: il mattone rappresenta un investimento buono e di lungo periodo, al netto delle fluttuazioni del mercato, ma è quasi un mito per noi italiani. Questo perché non ci siamo evoluti approcciandoci in maniera diversa: e qual è il modo migliore se non iniziare da bambini? È come l’insegnamento delle lingue: imparare l’inglese da bambino non è come impararlo a quarant’anni, significa interiorizzarlo nel proprio sistema di pensiero. E questo vale per tutte le cose”. Ma, chiosa Donghi, serve fare sistema: “Ci sono tante realtà che si occupano di educazione finanziaria ma non si è ancora creata la giusta sinergia tra accademici, associazioni, divulgatori. Ci sono tante iniziative singole che purtroppo restano tali. Ma per far rumore bisogna essere in molti tutti assieme. Da una parte, la parola finanza spaventa. Dall’altra, bisogna sdrammatizzare e rendere meno pesante il racconto dell’importanza di questi temi per farli arrivare a tutti”. Serve fare economia su molte cose, in Italia. Ma non sull’investimento per permettere ai giovani (e non solo) l’importanza del risparmio.