Perché leggere questo articolo? Vivendi dovrà presto lasciare Telecom-Tim? Non è detto che molli l’Italia. Nel mirino c’è ancora Mediaset, sogno mai abbandonato
Vivendi dovrà presto lasciare Telecom-Tim? L’offerta da parte del cda della telco nazionale dell’offerta degli americani di Kkr e del Tesoro lo rende assai plausibile. E per il braccio armato nel settore media del gruppo del finanziere-corsaro francese Vincent Bolloré, nel breve periodo, la vittoria 11-3 dell’ipotesi di cessione appare uno scacco. Ma non necessariamente può esserlo nel medio-lungo periodo. Chiusa una porta, si apre un portone. E da Via Gaetano Negri, ove Telecom ha sede nel cuore di Milano, Vivendi potrebbe spostarsi in forza a Cologno Monzese e attenzionare, da vicino, il suo vecchio sogno: Mediaset. Ma andiamo con ordine.
Vivendi vuole l’uscita negoziata da Telecom
Innanzitutto, c’è il nodo dell’uscita da Telecom. Il conglomerato, di proprietà della famiglia Bolloré, detiene una quota del 23,75% e oltre il 17% dei diritti di voto di Telecom Italia e ha investito negli anni oltre 4 miliardi di euro nel gruppo su cui due anni fa ha tentato un’Opa per 33 miliardi di euro complessivi. Ora l’intero capitale di Telecom è valutato da Kkr e dal Tesoro 22 miliardi di euro. In cui al valore di Tim si aggiungere, come su True-News avevamo previsto fin dall’estate, una valutazione privilegiata per i cavi sottomarini di Sparkle. Vivendi si troverebbe a incassare una cifra di un terzo inferiore a quella data all’intera Telecom due anni fa e ora chiede una valutazione di 0,5 euro ad azione, il doppio dello 0,25 attuale, per la liquidazione della sua partecipazione.
Logica, dunque, l’idea che Vivendi voglia l’uscita negoziata da Telecom-Tim per non correre il rischio di una minusvalenza di fatto dell’investimento. Su cui si infrangerebbe la grande strategia di Vincent Bolloré: puntare a realizzare, presto o tardi, la scalata di Mediaset e la costruzione di un polo “latino” delle telecomunicazioni.
Il grande gioco di Vivendi in Italia e il ruolo dei consulenti
Vivendi, lo ricordiamo, si muove sempre in coordinamento stretto, di fatto, con le autorità economiche e politiche di Parigi. In Francia il confine tra capitalismo pubblico e privato è labile, come una porta girevole. In nome della proiezione del sistema-Paese e dei suoi obiettivi, business e geopolitica vanno di pari passo. La Francia ha un obiettivo geoeconomico: consolidare la sua proiezione all’estero declinante sul fronte militare e strategico da un lato. Una mossa che passa per due direttrici principali. In Africa, essenzialmente, consolidare la presa sulle ex colonie con rapporti di partnership economica. In Europa, scalare le cooperazioni economiche con l’Italia a suo favore per bilanciare una cooperazione più sproporzionata con la Germania. Da Nicolas Sarkozy a Emmanuel Macron, Bolloré è stato presente al fianco di Marianna.
E se in Africa il “marchio” si chiama Bolloré Logistics Africa, il colosso che acquista porti e scali dal Golfo di Guinea in giù, in Italia il braccio armato è Vivendi. Che si è sempre dimostrata funzionale all’obiettivo strategico di Parigi, su due fronti: telecomunicazioni e media. Il maxi-conglomerato di Bolloré ha dal 2021 sistemato con Mediaset il contenzioso legale nato nel 2016, scendendo dal 19 a poco più del 4% del capitale.
Sfidare gli anglosassoni dominando l’Italia
Il gruppo, ricorda LaVoce.info, non ha mai rinunciato all’idea di essere “protagonista attivo della trasformazione digitale e della convergenza, attraverso il passaggio dalla tv lineare, in broadcast, alla tv non lineare in broadband della televisione a pagamento ed entrando in diretta concorrenza con i grandi operatori globali di video streaming (Netflix, Amazon, Disney)”.
La morte di Silvio Berlusconi e la delicata eredità di Fininvest ha in quest’ottica potenzialmente riaperto una partita in cui Vivendi, proprietario in Francia di Canal+, l’unica pay tv in Europa in grado di competere con il colosso Sky, potrebbe in futuro “accelerare quel processo di convergenza tra contenuti e reti, che poggiava sulla forza propulsiva del video streaming come motore del cambiamento necessario per lo sviluppo delle reti a banda larga e ultra larga, a partire dall’elemento più critico, soprattutto in Italia, della domanda”; l’assenza di economie di scala. Creare un campione europeo capace di giocare a pari merito con i colossi anglosassoni è il sogno della Francia in ogni settore. In settori come la tecnologia e i media, la strada maestra appare la scalata all’Italia.
Pezzi è il tramite tra Vivendi e centrodestra?
La liquidazione di Telecom, se ben fornita, può fornire l’assist a Vivendi per tornare con congrui argomenti economici in Media for Europe/Mediaset. Lo spostamento della sede legale di Mfe in Italia e il rincorrersi di rumors sulla cessione dopo la morte del Cavaliere lo testimoniano. E del resto, per Vivendi uscire con l’onore delle armi da Telecom significa poter continuare la campagna d’Italia in diverse direzioni.
Del resto, da tempo Vivendi può godere del sostegno di uomini di primissimo piano in Italia. Primo fra tutti l’ex veejay di Mtv e oggi imprenditore della pubblicità Andrea Pezzi, che a novembre 2022 Report ha indicato come primo consigliere di Vivendi in Italia. Pezzi, nota Il Fatto Quotidiano, ha guadagnato molto con la sua Mint grazie all’asse con Vivendi. L’ex veejay guida una “società il cui fatturato è passato nel 2020 da 100mila euro a 54 milioni, di cui 28 arrivano da Tim che gli ha affidato diversi contratti, tra cui l’esclusiva della pubblicità digitale (5 milioni l’anno per 5 anni). In pratica è advisor di Vivendi, ma al contempo fa affari milionari con Tim di cui Vivendi è primo azionista”. Report indica in Pezzi il tramite tra il presidente di Vivendi per l’Italia, Arnaud de Puyfontaine, e il centrodestra. Ovvero il “garante” dei buoni rapporti, in questa fase di governo conservatore, di ottimi rapporti con la maggioranza. Garanzia di tranquillità sia per un’uscita negoziata da Tim che per una futura scalata a Mediaset, azienda legata al golden power.
Chi consiglia Vivendi in Italia
Vivendi può inoltre contare su un’ampia rete di consulenti a ogni livello in settori come la finanza e la sicurezza nazionale. Su Tim, e potenzialmente su altri settori, in particolare future mosse su Mediaset, Vivendi può senz’altro contare su Carmen Zezza, tra le maggiori consulenti finanziarie di Rotschild in Italia. E di peso è anche la consulenza di Daniele Ruvinetti, ex funzionario Telecom, esperto di sicurezza nazionale e fellow alla Fondazione Leonardo Med-Or di Marco Minniti, camera di compensazione tra i “partiti” che oggi si combattono la primazia in Italia: quello americano e quello francese. Che hanno nella Difesa un terreno di incontro e scontro a seconda dei dossier. E la sicurezza nazionale, lo abbiamo ricordato, nel deal Telecom-Vivendi-Kkr c’entra molto.
In futuro, da valutare se nell’orbita di Vivendi entrerà anche un manager tutt’altro che ostile al gruppo transalpino: Giovanni Gorno Tempini. L’attuale presidente di Cdp, ha ricordato su queste colonne Federico Ughi, è in passato entrato nel cda di Telecom proprio in quota Vivendi prima della rottura tra Via Goito e i francesi. Potrà giocare un ruolo in futuro, dopo l’uscita dalla presidenza di Cdp che pare sempre più prossima nel 2024? Il suo nome è tra quelli che vanno tenuti d’occhio nel grande gioco di Bolloré in Italia. Destinato a non concludersi con l’ultimo cda di Telecom.