Perché questo articolo potrebbe interessarti? La crisi tra Israele e Hamas ha stravolto le agende dei partiti occidentali. In particolare, il conflitto nella Striscia di Gaza ha fatto emergere le contraddizioni in seno alle formazioni di sinistra.
Sostenere la causa del popolo palestinese contro la reazione delle Forze israeliane di difesa (Idf) oppure supportare il governo di Benjamin Netanhyau nell’assedio contro Gaza? La questione ha letteralmente mandato in tilt le agende di gran parte dei partiti di sinistra europei.
Le formazioni socialiste e socialdemocratiche, pur condannando fin da subito il barbaro raid di Hamas in Israele, avvenuto lo scorso 7 ottobre, stanno tuttavia faticando a trovare una narrazione lineare sulla vicenda.
“Il problema è che la sinistra, in gran parte, è rimasta stalinista. Significa che non ragiona più in termini di lotta sociale ma con uno schema mentale di tipo manicheo”, ha spiegato a True-news il politologo Aldo Giannuli.
La crisi israeliana e i guai della sinistra
“Il ragionamento della maggior parte dei partiti di sinistra è semplice: ‘Dal momento che sono avverso agli Stati Uniti e ai partner Usa, sostengo chiunque sia loro nemico‘. Ma è qui che vengono fuori tutti i pasticci. Perché spesso questo ‘chiunque’ coincide con qualcuno di socialmente inaccettabile, un leader senza alcun senso della democrazia, o una figura non in grado di gestire i problemi del proprio Paese”, ha aggiunto Giannuli.
All’indomani del blitz di Hamas nel territorio israeliano, i politici di tutto l’Occidente hanno promesso il massimo sostegno possibile a Israele. In un secondo momento, con l’acuirsi del conflitto a Gaza e le morti di migliaia di palestinesi per mano delle forze armate israeliane, il consenso politico attorno alla vicenda si è fratturato.
Più nello specifico, i rappresentanti dei partiti di sinistra – e dello spettro politico limitrofo – si sono ritrovati in grande difficoltà. I rischi elettorali nel supportare Israele sono molteplici. Farlo, ad esempio, implica il dover condividere lo stesso lato del tavolo occupato dagli Stati Uniti, senza dimenticare che, così in tal caso, si fiancheggia il governo Netanyahu, e cioè un soggetto ostile agli occhi di una discreta fetta di elettori “rossi” e affini.
“Il problema non è tanto, o solo, la passione dei partiti di sinistra per Israele o per i palestinesi. Ci sono tanti altri casi nei quali la sinistra si rivela miope. Rammento, infine, che nella Guerra dei Sei giorni (del 1967 ndr) la sinistra era in gran parte filo israeliana. I palestinesi, all’epoca, venivano considerati troppo vicini a tematiche antisemite”, ha sottolineato Giannuli.
“La sinistra ha perso il senso della lotta sociale perché ormai ragiona in termini di unità statali. Come se non bastasse, la sinistra già in generale tende a frammentarsi, e non solo in Italia. Con l’avvento della nuova epoca neo liberista e dopo la caduta Urss, da quel momento in poi è saltato in aria tutto”, ha concluso lo stesso politologo.
Contraddizioni interne
In Italia, mentre l’estrema sinistra ha sempre sostenuto i movimenti di protesta globali – compresa la causa palestinese – il Partito Democratico fatica ad adottare una posizione unitaria sulla crisi israeliana. Il motivo è presto detto: al suo interno ci sono profili che sostengono posizioni solidali con i palestinesi ma anche figure centriste, pro politiche Usa. In mezzo ai due fuochi, troviamo il Movimento 5 Stelle, portabandiera di numerose tematiche anti statunitensi.
Nel Regno Unito, il Partito Laburista sembrava sulla via per vincere le prossime elezioni generali previste per il 2024. Il terremoto geopolitico in Medio Oriente lo ha però diviso sull’opportunità – nonché sulle modalità – di chiedere un cessate il fuoco a Gaza.
In Spagna i socialisti di Pedro Sánchez hanno condannato il raid di Hamas definendolo un “attacco terroristico” e rivendicato il diritto di Israele a difendersi. Sumar, la coalizione di sinistra accordatasi con il Partito Socialista, ha condannato gli attacchi, rifiutandosi però di definire Hamas un’organizzazione terroristica.
Peggio ancora è la situazione in Olanda. Frans Timmermans, alla guida della coalizione di sinistra formata da Sinistra Verde (Groenlinks) e Partito del lavoro (Pvda), si è trovato ad affrontare critiche per il suo sostegno espresso a Israele, che ha infastidito i primi.
In Francia, infine, il leader di estrema sinistra Jean-Luc Mélenchon, fondatore di France Insoumise, persiste nel non voler descrivere Hamas come un’organizzazione terroristica. I suoi alleati socialisti, comunisti ed ecologisti si sono dissociati.