Perché leggere questo articolo? Più che lo sciopero di Hollywood, sembra aver inciso la fine delle password condivise. L’andamento economico di Netflix: 9 milioni di abbonati in più nell’ultimo trimestre. Ricavi in aumento e
Dopo centodiciassette giorni si rialza il sipario di Hollywood. Attori e attrici riuniti nel sindacato Sag-Afrtra, capeggiato da Fran Drescher, si sono battuti per due cause in particolare. L’aumento dei diritti residuali per alzare le royalty pagate su piattaforme online e una normativa dell’intelligenza artificiale nelle produzioni. Il contenzioso sembra essere volto al termine. A quattro mesi dall’avvio il 13 luglio, la serrata di Hollywood si conclude con l’accordo su un contratto triennale, per un valore di oltre 1 miliardo di dollari. Un bel sospiro di sollievo per il mondo del cinema. E per piattaforme online, come Netflix.
Netflix è più forte dello sciopero
Fino a oggi, infatti, era elevato il rischio di non avere film in sala o su piattaforma per la prossima estate. Lo sciopero ha coinvolto anche le maestranze che lavorano alle serie tv. Numerose produzioni hanno rischiato di saltare, ma adesso il peggio e alle spalle. A conti fatti, però, Netflix, piattaforma regina per cinema e serie tv ha superato il guado, nonostante ad esempio due film d’animazione siano stati cancellati. Si può tranquillamente dire che Netflix è stata più forte dello sciopero di Hollywood.
L’interruzione momentanea dei lavori è costata ad Hollywood più di 6,5 miliardi di dollari e 45.000 lavoratori e professionisti dell’industria sono rimasti a casa per sei mesi. Numeri importanti che sono anche dovuti ad un altro sciopero, ormai risolto il 23 settembre, ovvero quello degli sceneggiatori. A causa di questa situazione instabile, Netflix, il colosso americano, ne ha in parte risentito sul valore in borsa. A inizio dello sciopero, il 13 luglio, registra un lieve calo (il valore era di circa 395 euro), registrando un ribasso ad agosto arrivando a toccare i 367 euro. Il punto più grave del periodo è stato raggiunto a ottobre con picco fino a 332 euro.
La nuova strategia sulle password si fa sentire
Più che lo sciopero, è stato il cambio di politica sulla password a incedere sui conti di Netflix. E in positivo. Con la fine delle password condivise, Netflix ha deciso non puntare solo sugli abbonamenti. Da novembre 2022 è stato affiancato anche l’advertising. Come risultato gli abbonamenti con spot sono saliti del 70%, dati del terzo trimestre del 2023. Per il 2027 si stima che la pubblicità sul video online raggiungerà circa 331 miliardi di dollari, rispetto al fatturato generato dagli abbonamenti di 150 miliardi. Gli abbonati globali a settembre 2023 erano 247,15 milioni rispetto ai 223 milioni del 2022. Cresciuto anche l’utile netto pari a 1,6 miliardi, incrementato di venti punti percentuali rispetto al terzo trimestre del 2022.
In sostanza, la strategia di Netflix si sta rivelando corretta. Negli Stati Uniti l’abbonamento mensile premium (utilizzabile su quattro dispositivi contemporaneamente) è stato aumentato da 19,99 a 22,99. C’è da considerare la concorrenza di altre piattaforme streaming emergenti, che offrono un ricco catalogo in grado di intrattenere il pubblico in modo efficace. Va ricordato che il colosso Netflix è ad alto tasso tecnologico, avendo un sofisticato algoritmo che nella miriade di contenuti offre una lista personalizzata per ogni cliente. Non si esclude quindi l’uso di altri algoritmi generativi. I ricavi hanno raggiunto gli 8,5 miliardi di dollari nell’ultimo trimestre luglio-settembre, più 8 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, superando le previsioni degli analisti.
Le previsioni sul futuro di Netflix piacciono agli investitori
A seguito del boom del conto economico raggiunto in pandemia nel 2020 con ben 24 miliardi, nel 2021 29, e una leggera salita a 31 nello scorso anno, si prevede un operating margin in salita. In precedenza si pronosticava un incremento tra il 18 e il 20% ora intorno al 20%. Riguardo al 2024 si pensa ad una percentuale tra il 22 e il 24%, presumendo che ci siano oscillazioni sul fronte valutario. Numeri che sono piaciuti agli investitori: un’azione è passata dai 294 dollari a inizio 2023, agli attuali 410,20. Il titolo in borsa sta venendo premiato, con buona pace dello sciopero.