Perché leggere questo articolo: Scopriamo perché Matteo Salvini teme gli scioperi di Cgil e Uil. Il leader leghista, amico della Cisl, teme la maxi saldatura a sinistra Landini-Conte-Schlein
Matteo Salvini nel suo ruolo di Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti teme un successo di un maxi-sciopero convocato dalla Cgil? La reazione del leader della Lega alla mobilitazione convocata dal sindacato di Maurizio Landini e dalla Uil del segretario Pierpaolo Bombardieri per il 17 novembre lascia presagire una tensione che è politica, economica e sociale.
Da “Capitano” a capotreno: perché Salvini teme la mobilitazione
Salvini la butta sulla solita retorica “fannullonesca”: i sindacati scioperano per allungare il weekend scegliendo il venerdì. Ma il vero nodo è che il “calore” di uno sciopero, anche dopo il ridimensionamento da parte della commissione di garanzia che l’ha rubricato da generale a intersettoriale, sono sempre i trasporti. A cui Salvini vuole garantire la massima continuità. Il “Capitano” dei porti chiusi del governo Conte I, in cui Salvini era Ministro dell’Interno, è diventato il capotreno che sogna i vagoni pieni anche nei giorni di sciopero. Ridimensionamento pragmatico delle ambizioni della Lega, passata dal 34% del 2019 all’8-10% dei sondaggi odierni. Ma anche tentativo di difendere una rendita da un assedio percepito del movimento confederale.
Come ha spiegato bene Mauro Indelicato su queste colonne, la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein guarda al mondo del lavoro di sinistra. Lo coccola, lo fa sentire parte del suo mondo, ne segue l’agenda. Aggiungiamo che da almeno un anno anche Giuseppe Conte, divenuto tribuno socialdemocratico dopo l’esperienza da premier, ha un asse privilegiato con Landini. E Bombardieri cannoneggia l’esecutivo di Giorgia Meloni con incisività sui temi chiave, dal salario minimo alle pensioni. Salvini si sente sotto assedio perché potenziale anello debole di una congiuntura politica che vede il suo dicastero primo tra tutti quelli destinati a subire, potenzialmente, il contraccolpo dell’ondata di scioperi. E per il fatto che una mobilitazione sindacale mostra il suo patto politico privilegiato con la Cisl di Luigi Sbarra, a sua volta sotto assedio da parte dei partner nelle interlocuzioni per la mancata adesione.
Cisl e Ugl amici, Cgil e Uil rivali: Salvini e i sindacati
Rispetto a Giorgia Meloni, più organica almeno nelle radici alla destra sociale, Salvini ha guardato sempre con maggior attenzione ai sindacati “amici”. Forte l’asse con la destrorsa Ugl, saldato dall’ascesa del sindacalista Claudio Durigon a membro di primo piano del Carroccio, Salvini ha dal governo Draghi in avanti costruito l’asse con la Cisl. Saldatosi sulla scia della retorica del “buon governo”, del pragmatismo e del consociativismo tra interessi politici e rivendicazioni sindacali. Salvini ha sdoganato la Cisl a destra presentandone un rivendicato spirito di responsabilità.
La Cisl ha messo il cappello su progetti cari al fu Capitano come il Ponte sullo Stretto. Ma proprio questo rapporto dialettico potrebbe, d’altro canto, giustificare la stretta riunione tra la Cgil e i partiti dell’opposizione predominanti in Parlamento. Un rapporto certamente dialettico, ma accomunato dall’identificazione del governo Meloni come di un bersaglio chiaro per le rivendicazioni “da sinistra” dei diritti dei lavoratori. E di Salvini come dell’anello debole della catena.
Il termometro degli scioperi? I trasporti
Ogni sciopero, dunque, aumenta il peso conflittuale del rapporto tra politica e sindacato. Infiamma le piazze, mette a rischio la concordia della concertazione che anche Cgil e Uil in tempi ordinari assecondano. E ha, necessariamente, il suo termometro nei disagi a treni, metro, bus e mezzi di ogni tipo che il Ministero di Salvini coordina e gestisce. Venerdì 17, una data che genericamente è associata alla sfortuna, Salvini si gioca molto. La sua postura anti-sciopero, confermata dal garante, sarà ascoltata? O sarà la piazza di Cgil e Uil a prevalere, mettendo all’angolo l’amica Cisl e fornendo un assist all’opposizione? La partita vede Schlein e Conte pronti a mettere il cappello sulla rivendicazione per aprire un fronte politico. In cui chi, più di tutti, ha da perdere è lo stesso leader leghista.