Alessandro Profumo è l’ospite della nuova puntata di WOLF – Storie che contano, il podcast condotto da Fedez –realizzato in collaborazione con la società di consulenza Be Shaping the future e la fintech HYPE e prodotto da Doom Entertainment– nel quale vengono intervistati personaggi di primo piano dell’impresa, della finanza, della moda, dello spettacolo e dello sport. Dopo Federico Marchetti, Gianluigi Ballarani, Estetista Cinica, Flavio Briatore, Renzo Rosso, Luciano Moggi, Claudio Cecchetto è la volta dell’ex amministratore delegato di Unicredit e Leonardo.
Protagonista del panorama economico italiano degli ultimi vent’anni, Alessandro Profumo ha guidato uno dei principali gruppi bancari italiani rendendolo uno dei leader del panorama finanziario europeo per poi approdare al vertice della più importante e avanzata realtà industriale del paese. In un’intervista a tutto campo, nella quale Fedez non risparmia domande “scomode”, Alessandro Profumo spazia, tra aneddoti personali e racconto di alcuni dei momenti più importanti della recente storia economica italiana, dal proprio percorso personale al suo giudizio sul ruolo sociale delle banche, dal ricordo di Enrico Cuccia alla critica all’attuale sistema economico che rischia di non essere più sostenibile.
Ecco le anticipazioni dei passaggi più significativi dell’intervista
L’ingresso in banca
“L’attività del banchiere non era il sogno di quando ero ragazzo. Ero iscritto alla Bocconi e la mia aspirazione era quella di restare in università per fare la carriera accademica. A vent’anni divenni padre e sono entrato in banca perché dovevo mantenere una famiglia. Ho imparato che le banche gestiscono il futuro delle persone: quando presti dei soldi a qualcuno gli anticipi un reddito futuro consentendogli di avviare un’attività, di comprare una casa. Quando le persone ti affidano i loro risparmi da gestire, anche in questo caso gestisci il futuro di queste persone. Sono quindi convinto che l’attività bancaria abbia un’altissima responsabilità sociale. Purtroppo, questa responsabilità sociale non è sempre stata gestita, nella storia del sistema bancario italiano, con la dovuta oculatezza. Altrimenti le banche italiane non avrebbero la reputazione che hanno. Anche se le indagini demoscopiche dimostrano che quando si passa dal giudizio sulle banche in genere a quello sulla banca specifica di cui si è clienti, il giudizio dell’opinione pubblica è assai meno negativo. C’è quindi anche un ‘rumore di fondo’ negativo e il sistema bancario non è mai riuscito ad incidere su questo pregiudizio. Voglio ricordare che quando ero Amministratore delegato di Unicredit con l’associazione Cittadinanza Attiva facemmo un lavoro gigantesco di revisione di tutti i nostri contratti accogliendo tutti i loro suggerimenti. Li abbiamo rivisti dal punto di vista del cliente.”
L’uscita da Unicredit e il salvataggio di Mps
“Vengo mandato via, diciamolo in modo trasparente, da Unicredit nel 2010. Devo dire che non me lo aspettavo. Me lo comunicarono telefonicamente mentre ero all’estero, in Canada. Ebbi delle divergenze su questioni strategiche con alcuni azionisti del gruppo. Prima che lasciassi Unicredit, la banca era presente in 23 paesi, oggi in 17. Chi è venuto dopo di me ne ha ‘venduti’ un po’, facendomi soffrire. L’uscita di Unicredit dalla Polonia per me è stato un colpo al cuore. Era la prima grande acquisizione all’estero che avevamo fatto, in un grandissimo paese.
Per un anno fui molto arrabbiato. Elaborato il ‘lutto’ in quell’anno, compresi poi che è stato uno degli episodi più fortunati della mia vita. Per un po’ ho fatto il consulente. Poi mi chiamarono da Banca d’Italia chiedendomi se potevo dare una mano per risolvere la gravissima situazione di MPS. Inizialmente volevo rifiutare e anche mia moglie, molto saggiamente, mi suggeriva di non accettare l’incarico. Ma decisi di andare comunque perché salvare la più antica banca del mondo mi sembrava una cosa importante. Ho dedicato quattro anni a Monte dei Paschi e l’abbiamo salvata, raccogliendo sul mercato 8 miliardi. Se MPS fosse ‘saltata’ il Paese sarebbe stato commissariato.
Purtroppo, i senesi non hanno mai preso atto degli errori fatti. Hanno sempre pensato che la responsabilità di quanto accaduto a MPS fosse di altri. E questo è stato una fonte di grandi problemi.”
La vicenda di David Rossi
“La vicenda di David Rossi è estremamente dolorosa. Io sono convinto che lui si sia suicidato. Ricordo che il giorno prima della tragedia ero a Siena. Facemmo una lunga chiacchierata. Era molto scosso per aver subito una perquisizione dell’autorità giudiziaria. Io gli dicevo sempre che non aveva nulla da temere e di restare sereno. Prima di ripartire per Milano gli chiesi se correva ancora. Lui mi rispose di sì. Gli dissi che sarei tornato a Siena portandomi l’attrezzatura per correre e ci saremmo andati insieme. Purtroppo la sera successiva mi avvisarono di quello che era successo.”
L’arrivo in Leonardo
“Quando l’allora Presidente del Consiglio Gentiloni mi chiese di fare l’Amministratore delegato di Leonardo, ero abbastanza perplesso. Gentiloni mi disse che la dimensione del comparto della difesa sarebbe diventata europea e che io avevo guidato bene un processo di espansione in Europa in un altro settore. Inoltre, mi disse che Leonardo aveva, e ha, moltissimi ed eccellenti tecnici e ingegneri, ma aveva bisogno di una spinta manageriale.
Ero comunque molto dubbioso. Sulla scelta di accettare influì anche mia moglie, che non sopportava più di vedermi come un quasi pensionato. Allora facevo il Presidente di Equita. Tornare a guidare un’azienda delle dimensioni e dell’importanza di Leonardo sarebbe stato nuovamente un impegno che avrebbe assorbito tutto il mio tempo e le mie energie. Accettai e sono stati sei anni meravigliosi.”
Il ricordo di Enrico Cuccia
“Enrico Cuccia era una persona geniale. Quando entrai nel cda di Mediobanca avevo 38 anni e Enrico Cuccia era Presidente onorario; per me è stato molto emozionante. Leggeva moltissimo e aveva una visione modernissima. Io avevo visioni diverse da quelle dall’Amministratore delegato, Vincenzo Maranghi, e ricordo che Cuccia diceva a Maranghi ‘Vincenzino, tu devi andare d’accordo con Profumo.’ Cuccia capiva che su alcune cose forse avevo ragione, che il mondo stava cambiando e che le tre banche che erano azioniste di Mediobanca avevano cambiato il proprio ruolo. Cuccia se ne rendeva conto. Maranghi meno.”
Gli “extraprofitti” delle banche
“Personalmente non avrei fatto quei comunicati trionfalistici sugli utili che le banche hanno diffuso questa estate. Dal punto di vista della comunicazione mi pare un errore. Se è vero che gli utili sono stati dovuti al rialzo dei tassi, dobbiamo anche riconoscere che negli anni precedenti le banche si sono accollate perdite tenendo in piedi l’economia in anni di crisi economica. Bisognerebbe fare una media di quanto è successo. Quando tante aziende a cui hai prestato non sono andate bene, quando tanti mutui non sono stati rimborsati hai comunque dato sostegno all’economia reale. È indubbio che siano stati fatti errori di comunicazione e il rialzo dei tassi sui depositi avrebbe dovuto essere più veloce.”
Il nuovo scenario economico globale
“Tendo a pensare che l’inflazione e i tassi scenderanno nel medio periodo, ma sarebbe un errore pensare si torni alla situazione precedente. Dobbiamo abituarci ad un mondo diverso. Abbiamo avuto un modello economico basato su energie a costi bassi, su approvvigionamenti di materie prime a basso prezzo disponibili a livello globale. Tra la pandemia e la guerra russo-ucraina il mondo è radicalmente cambiato. Dobbiamo abituarci a diversificare le fonti, al fatto che saranno più costose. Dobbiamo attrezzarci per vivere in un mondo che non sarà come quello di prima.”
Il futuro del capitalismo
“Se il capitalismo non cambia possiamo parlare di tramonto del capitalismo. Apparentemente non vi sono sistemi migliori ma alcuni cambiamenti alla radice vanno fatti. Abbiamo un problema di enorme concentrazione della ricchezza. Il sistema non può reggere in questo modo. O la ricchezza viene ampiamente redistribuita o il modello non è sostenibile, non ci saranno più consumatori. C’è un poi tema di redistribuzione della ricchezza sia all’interno degli stati che tra stati. Ci sono poi alcuni beni che sono pubblici e tali devono restare, come la sanità e la formazione.”