Perché leggere questo articolo: Meloni vara il golden power su Microtecnica, azienda torinese che produce componenti chiave per la catena del valore dei caccia Eurofighter e Tornado, finita nel mirino francese. Dietro la mossa la volontà di difendere l’Italia come partner “atlantico” della Difesa. A scapito della linea europea.
Giorgia Meloni preme il “pulsante di stop” del golden power contro il colosso francese Safran, imponendo al produttore transalpino di motori aeronautici di scalare Microtecnica nel quadro della trattativa da 1,8 miliardi di euro per l’acquisto di Collins Aerospace, sussidiaria del colosso Usa Rayethon.
L’affare Microtecnica tra golden power e sicurezza nazionale
Il nodo centrale? La sicurezza nazionale. Microtecnica, azienda torinese fondata nel 1929 e nel portafoglio di Collins, conglomerata che lavora alla produzione di sistemi per il controllo del volo, produce componenti chiave per la catena del valore dei caccia Eurofighter e Tornado, alla cui operatività contribuisce in maniera decisiva. E il sottotesto è che la sua tecnologia potrebbe tornare utile anche nel quadro del Global Combat Air Program (Gcap) sviluppato dall’Italia assieme al Regno Unito e al Giappone.
La controllata Microtecnica rappresenta circa il 15% dei ricavi del business dei controlli di volo di Collins, e ci sono tre stabilimenti in Italia a Torino, Brugherio e Luserna San Giovanni. La scelta ha “scavalcato” Safran, che si è trovata di fronte al fatto compiuto. E sottolinea la scelta di Meloni di dare la priorità all’asse atlantico sul fronte della sicurezza nazionale, rispetto a quello europeo a cui nel suo governo ammicca, soprattutto il Ministro della Difesa Guido Crosetto.
Lo schiaffo di Meloni alla Francia
Secondo quanto scritto nel documento di attivazione del golden power con cui Roma giustifica la mossa visionato dal Financial Times, un’indagine governativa italiana “non consente di concludere in modo conclusivo” che Safran “darebbe la necessaria priorità alle linee di produzione industriale di interesse per la difesa nazionale”. La mossa è a dir poco dirompente perché un’acquisizione di un attore francese viene indicata come “una minaccia eccezionale per gli interessi essenziali della difesa e della sicurezza nazionale”.
Parole che non si sono mai sentite in passato nei casi di applicazione del golden power, nemmeno in occasione delle prescrizioni indotte verso ChinaChem su Pirelli. La partita che si sta aprendo vedrà un campo atlantico e uno europeo competere per la primazia nelle catene del valore dell’industria del futuro, specie sulle tecnologie militari. L’Italia può partecipare in sintonia con la Francia di Emmanuel Macron su alcuni dossier, come quello navale, ma in larga parte chi tiene dritta la barra del timone è l’asse tra Stati Uniti e Regno Unito.
Italia e Francia, la sfida dei caccia
Il programma Tornado e quello Eurofighter a cui Microtecnica fornisce ricambi, lo ricordiamo, non coinvolgono Parigi. Il caccia Tornado è realizzato da Italia, Germania e Regno Unito, Paesi che sull’Eurofighter Typhoon hanno espanso alla Spagna la cooperazione.
Oggi, sulla carta, Parigi, Berlino e Madrid stanno sviluppando un piano per il Future Combat Air System (Fcas) alternativo al Gcap che, però, non decolla. Al contrario, il Gcap è stato espanso alla Svezia e in futuro potrebbe essere il primo dei caccia occidentali di sesta generazione a essere industrializzato. In una fase in cui il governo tedesco guarda al campo atlantico e la tedesca Rheinmetall pensa all’Italia come partner per un tank “europeo”, Meloni sceglie operativamente di proteggere dal controllo francese un’azienda che potrebbe andare a fornire in futuro sistemistica a aerei e flotte non utilizzate da Roma. Pensiamo ai Rafale e ai Mirage 2000, i caccia prodotti dalla francese Dassault che rappresentano il nerbo dell’Armée de l’Air, l’aviazione transalpina. O, appunto, al futuro Fcas.
La scelta atlantica di Meloni a scapito della Francia
Palazzo Chigi centralizza le politiche per la sicurezza nazionale e l’industria della Difesa con un chiaro orientamento atlantico, alternativo a quello europeo. Un piano già dimostratosi in via di esecuzione con la centralizzazione su Palazzo Chigi dei programmi sull’export di armamenti e che si inserisce in un orientamento che va in sintonia con le mosse di Leonardo, protagonista del Gcap; si sposa con l’asse privilegiato costruito da Meloni col premier britannico Rishi Sunak e con l’obiettivo di Joe Biden di vedere in Roma un pivot nell’Unione Europea; va nella stessa direzione di altre scelte strategiche prese dall’esecutivo.
Fonti vicine agli ambienti della sicurezza nazionale sentite da True-News ricordano infatti che la mossa su Microtecnica va vista in continuità con la scelta di promuovere il deal di Kkr, fondo americano, sulla rete e i cavi sottomarini di Tim a scapito della francese Vivendi. La “pista atlantica” è preferita da Meloni rispetto a quella europea come pivot per la sicurezza nazionale. Tanto da considerare rivale perfino una scalata di un attore facente riferimento a un Paese come la Francia che alti esponenti della maggioranza, come Crosetto, da tempo hanno valorizzato come partner securitario. Ma chi comanda è Palazzo Chigi, ormai regista definitivo delle politiche di sicurezza, in continuità con quanto avviene nei maggiori Paesi Nato ove è la guida dell’esecutivo, prima dei singoli ministeri, a dettare la linea in materia. E la torsione occidentalista si fa, giorno dopo giorno, sempre più sentire nelle linee d’indirizzo del governo Meloni.