Perché leggere questo articolo? Mps, il governo incassa 920 milioni e scarica una quota. Ma come ci ricordano le nostre fonti, questa mossa non risolve i problemi della banca.
Il mercato sta bocciando la logica di privatizzazione a “pacchetti” di Monte dei Paschi di Siena proposta dal governo Meloni. E come avevano anticipato fonti di Palazzo Salimbeni a True-News, proprio la scelta dell’esecutivo di avviare, gradualmente, lo scaricamento del 64% della partecipazione nella banca più antica del mondo – acquisita nel 2016 – è da intendersi come una dimostrazione di debolezza, e non di forza, del gruppo toscano.
Mps e la “guerra lampo” del Tesoro
La “guerra-lampo” del Tesoro sul 25% delle partecipazioni, nella serata di ieri, è riuscita portando in dote allo Stato 920 milioni di euro e facendo scendere la partecipazione dal 64 al 39%. Il piazzamento delle azioni da parte del Mef, hanno commentato gli analisti di Equita, “non è del tutto inatteso considerando la recente forte performance del titolo (+30% nell’ultimo mese), supportata oltre che dal miglioramento operativo della banca, anche dalla riduzione del ‘petitum’ di rischi straordinari (il 27 novembre ci sarà inoltre la sentenza d’appello sul caso Viola Profumo), dal recente doppio upgrade di Fitch sull’emittente e dal miglioramento dell’outlook da parte di Moody’s sul rating sovrano” dell’Italia.
Il difficile viene ora
Le nostre fonti interne a Mps ci ricordano che ieri il titolo “aveva toccato quote inconsuete, arrivando a 3,15 euro per azione”, il che significava “valutare quasi 4 miliardi di euro l’intero patrimonio della banca che ne assomma 3,7 di fatturato”. In quest’ottica “il Ministero dell’Economia e delle Finanze ne ha approfittato, perché scendendo sotto il 40% di capitale” vengono meno “gli obblighi europei” sulla privatizzazione di quote del capitale. Il paragone è con “le Sparkasse [le casse di risparmio, ndr] tedesche”, al cui interno “lo Stato o i Lander non vanno oltre il 40% di partecipazione”.
Dunque, con i suoi advisor (Ubs, Jefferies e Bank of America) il Tesoro ha ottimizzato il risultato sul breve periodo portando all’incasso le positive trimestrali sul Monte. “Il massimo che si potesse fare”, ci ricordano dal Monte, mentre ora resta “un’entropia del sistema destinata a crescere”. Ma “il sottofondo strategico della mancanza d’indirizzo di una banca in cui, mese dopo mese, si continuano a scoprire crediti deteriorati (Npl) e problematiche di attivo sempre più difficili da gestire” rende, secondo chi conosce bene la realtà, “difficile credere che Mps possa presentarsi al mercato come attore credibile in un processo di fusione e acquisizione”.
Mps e la minorità della banca più antica del mondo
Con questa mossa, ci ricorda chi conosce bene i dossier, “fino al 2026 il Tesoro non avrà più obblighi di future vendite, il problema è il rischio di deterioramento di una banca che sta scivolando fuori dal perimetro degli istituti sistemici. Ora come ora è infatti sotto la quota complessiva della raccolta del 3%, fuori dai radar delle grandi banche” e normata “con una disciplina paragonabile a quella delle casse di risparmio”.
Parole che cozzano molto con quelle provenienti dal fronte politico. Da Antonio Tajani a Matteo Salvini, passando per il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani, si è salutato da più parti il ritorno sul mercato del Monte. E si è evocato il famoso risiko bancario che potrebbe portare in dote Mps a un attore terzo, magari per avviare un “risiko” tra istituti per consolidare un terzo polo dietro Unicredit e Intesa.
I dubbi del mercato
I trend delle azioni del primo giorno post-vendita, con un calo di Mps fino all’8% in borsa, testimonia che l’opzione della vendita di una quota a un book di investitori variegato che ha ottenuto piccole partecipazioni, costituito principalmente da hedge e istituzionali, non necessariamente prevede una nuova vendita massiccia o l’apertura di un fronte negoziale per cercare un socio di mercato o un acquirente del 39% rimasto al Mef. Nessun partner industriale sembra essere infatti entrato, anche solo con una quota segnaletica, in Mps.
La politica canta vittoria ma il sentiero è stretto e il calo dell’8% del valore di Mps a Piazza Affari riflette un dato di fatto chiaro: il governo ha accettato la mossa “mordi e fuggi” del governo per collocare quote del Monte ma non è disposto a accettare una sua ripetizione. E, anzi, sta iniziando a scontare le incertezze sul fatto che qualche banca possa effettivamente, un domani, scalare o accollarsi Mps. Prospettiva di cui si parla da tempo ma ben lungi, per ora, dal realizzarsi.