Perché questo articolo potrebbe interessarti? Stellantis è pronta ad unire le forze con l’azienda cinese Catl. L’obiettivo: creare una joint venture in Europa capace di fornire batterie per auto elettriche a basso costo. Questa mossa dovrebbe aiutare il gruppo occidentale a rendere più accessibile il prezzo dei suoi futuri veicoli. Rischia però di essere un passo falso, se non disperato. Così il business degli Ev, saldamente in mano straniera, potrebbe presto schiacciare l’intero comparto dell’automotive europeo.
Fumata (quasi) bianca. Stellantis e Catl hanno annunciato la firma di un Memorandum d’Intesa non vincolante per la fornitura, a livello locale, di celle e moduli batterie LFP “per l’alimentazione dei veicoli elettrici (Ev) Stellantis prodotti in Europa”.
In attesa di capire come si approfondirà la partnership tra le due società, il gruppo guidato da Carlos Tavares ha pensato bene di appoggiarsi su un rilevante attore cinese per rendere più accessibile il prezzo dei suoi futuri Ev. Allo stesso tempo, l’azienda occidentale diventerà ancora più dipendente dalla tecnologia di Pechino. A contraddizione di quanto dichiarato soltanto pochi mesi fa dallo stesso Tavares, che aveva invocato un un “rafforzamento” dell’Europa rispetto alla concorrenza dei costruttori automobilistici cinesi.
“Quella di Stellantis è una mossa difensiva, quasi disperata. Io non credo che costruiranno una grande gigafactory in Europa. Ritengo che Stellantis stia cercando di realizzare una joint venture con Catl per avere batterie a costo ridotto, ovvero quello che, insieme al motore elettrico, al software e all’hardware, costituisce il 55% del valore dell’auto. Ma la mia teoria è che, dove si produce il maggior valore aggiunto di un bene (la Cina ndr), quel bene, prima o poi, verrà lì prodotto in tutta la sua integrità”, ha spiegato a true-news.it Andrea Taschini, manager e analista del settore auto.
L’ombra delle auto elettriche sull’Europa
Taschini, che ha lavorato per aziende chiave del settore automotive per più di 25 anni – da Brembo a Bosch passando per Sogefi – ha acceso i riflettori sul ruolo giocato dalla Cina nel campo degli Ev.
“Tutti i materiali necessari per la costruzione delle batterie sono in mano alla Cina. Le raffinazioni di questi metalli sono ancora più in mano alla Cina. Detto altrimenti, la nazione cinese possiede letteralmente ciò che serve per la costruzione delle batterie e dei motori elettrici”, ha affermato l’esperto.
Il risultato è che circa il 77% delle batterie per auto elettriche sono made in China, e che Catl è il primo produttore al mondo di queste stesse batterie. “In uno scenario del genere, l’Europa ha legiferato in maniera superficiale. La stessa Corte europea ha recentemente fatto capire alla Commissione europea che un’eventuale imposizione delle auto elettriche nel continente entro il 2035 farà sì che tutto o quasi sarà in mano cinese”, ha aggiunto Taschini.
La mossa di Stellantis: una strategia pericolosa
Le case automobilistiche, Stellantis compresa, si muovono quindi in questa direzione. In che modo? Cercando una sponda cinese e sfruttando le avanzate capacità produttive delle aziende del Dragone. Soprattutto nel campo delle batterie elettriche.
Nel caso specifico, Tavares aveva dichiarato che Stellantis non sarebbe stato “il cavallo di Troia dei cinesi”. Il gruppo rischia di essere tuttavia una porta d’accesso del Dragone al ricco mercato europeo degli Ev.
“La Cina cerca alleanze europee. I cinesi sono alla ricerca di varchi di entrata per portare i loro prodotti sui mercati europei e farli apparire europei”, ha sostenuto Taschini. Il rischio è che la Catl di turno possa aprire un’azienda in Europa, in tandem con un gruppo europeo, e sfornare prodotti soltanto apparentemente made in Eu.
Cosa rischia l’Ue
Realizzare un’intesa con un’azienda europea, importare prodotti dalla Cina per poi farli apparire europei nonostante siano realizzati oltre la Muraglia: eccola la possibile strategia di alcune società cinesi.
Un rischio per il futuro dell’Europa. Visto che “di questo passo i cinesi saranno in condizione di vendere auto elettriche in Europa a 20mila euro, che diventeranno le “auto del popolo”. I non abbienti si compreranno un’elettrica cinese da 20mila euro e gli altri guideranno supermacchine con biocarburanti e motori endotermici che garantiscono una lunga autonomia”, ha ipotizzato Taschini.
“Pochi giorni fa alla Commissione europea è passata la proposta sui biocarburanti. Dato che un’auto con biocarburante fa quasi mille chilometri, perché qualcuno dovrebbe comprarsi un’auto elettrica?”, si è inoltre chisto lo stesso analista.
In ultima battuta, resta da capire cosa accadrà da qui ai prossimi anni. “Nel 2026 ci sarà una revisione del dossier. Con un nuovo governo europeo. Verrà presumibilmente preso atto che in Europa è impossibile puntare sull’auto elettrica. E questo per motivi pratici, economici e strategici. Credo quindi che la Commissione europea inizierà molto presto a parlare di neutralità tecnologia e a puntare sul raggiungimento di specifici target di emissioni”, ha concluso l’esperto. Certo è che tutte queste dinamiche riguardano il futuro di 13 milioni di persone. A tanto, infatti, ammontano i lavoratori impegnati nell’intero settore europeo dell’automotive.