Perché leggere questo articolo? La querelle Gruber-Meloni sulla è una sagra dell’incompreso. Tutto quello di cui non si sentiva il bisogno. Gruber fa l’offesa, ignorando che le accuse sono parte dei rischi del mestiere, specie se si attacca per primi. Forse la giornalista dovrebbe farsi aiutare dall’amico Pagliaro, che, in qualità di direttore di Nove Colonne prende sovvenzioni statali e ambisce a lavorare con il Governo.
Lilli Gruber, stacce. La polemica delle conduttrice di Otto e Mezzo con Meloni è tutto quello di cui non si sentiva il bisogno. Per carità, è sempre cosa buona e giusta parlare di un tema straordinariamente sensibile come la violenza di genere e le culture che le favoriscono. Il problema è il come; sono i contenuti espressi da ambo le parti in causa. Certo però che chi – come nel caso di Gruber – semina vento, poi non può indagarsi se raccoglie tempesta.
La querelle Gruber Meloni (di cui non sentivamo il bisogno)
Immergiamo in questo abisso delle relazioni politica-giornalismo, cominciato lo scoro 20 novembre. Nel corso della puntata di lunedì del programma che conduce su La7, Lilli Gruber ha attaccato il governo Meloni, a partire dal femminicidio di Giulia Cecchettin. Gabbie – social – aperte. Meloni contrattacca: “Ora la nuova bizzarra tesi sostenuta da Lilli Gruber nella sua trasmissione di ieri sera è che io sarei espressione di una cultura patriarcale“. E allega a corredo della tesi del post una foto di qualche anno fa in cui compare con sua figlia, madre e nonna.
Quattro generazioni di donne Meloni, anche se non è della vita della premier che Gruber disquisiva nel suo salotto – tutt’altro che all’insegna della par condicio. La controreplica della conduttrice di Otto e Mezzo, però, è possibilmente peggio. “Ringrazio Giorgia Meloni per l’attacco che considero una prima dimostrazione della sua volontà di aprire un dialogo costruttivo con la stampa, un esercizio di democrazia al quale lei è poco abituata. Le porte di Otto e mezzo sono sempre aperte“.
Lilli Gruber, stacce
Ora Gruber fa l’offesa, affermando con sarcasmo che è cosa incredibile che la premier Meloni attacchi una giornalista. Forse la conduttrice dimentica i rischi del mestiere. E il fatto di aver mosso per prima l’attacco. Se poi l’accusa di “cultura patriarcale” viene fatta contro la prima Presidente del Consiglio della storia – con alle spalle una storia di abbandono paterno e una recente dolorosa separazione dal compagno Giambruno – è normale che arrivi una reazione decisa.
Sono i talk show, Lilli: sali sul ring, le prendi e le dai. Valgono poco gli strali in difesa del giornalismo dagli attacchi della politica. Non serve granché il soccorso dei soliti volti noti del salotto di Gruber. Gli immancabili gettonisti fissi di Otto e Mezzo Marco Travaglio e Antonio Padellaro, Beppe Severgnini e Massimo Giannini, Massimo Franco e Alessandro De Angelis – tutti uomini, guarda il caso – possono poco.
L’amico Paolo Pagliaro riceve sovvenzioni dal governo Meloni
In soccorso di Gruber potrebbe accorrere la voce nell’ombra dell’amico Paolo Pagliaro. Peccato, però, che il mite autore de “Il Punto” abbia le mani legati nei confronti di chi attacca il governo. Già, perchè Pagliaro è direttore di Nove Colonne, agenzia stampa nata nel 1996, che da tempo ottiene contratti di fornitura con Palazzo Chigi per servizi informativi generalisti, senza dover partecipare a una gara. L’agenzia di Pagliaro – come indica il Registro Trasparenza – segue le attività del Mise e le attività di promozione delle aziende italiane all’estero; realizza notiziari indirizzati agli operatori della comunicazione operanti all’estero in lingua italiana; inoltre produce quotidianamente un app in italiano, inglese e arabo che segnala, in tempo reale la presenza italiana nel mondo e le attività svolte. Dei circa 46 milioni di euro che il governo Meloni stanzia per l’Elenco delle Agenzie di Rilevanza Nazionale, Nove Colonne riceve contributi per circa 1 milione e 95mila euro. Qualche buon motivo per non seguire Gruber nello scontro con Meloni, insomma, li ha.