Primo interrogatorio per Filippo Turetta, il silenzio e le lacrime di fronte al Gip: “Ho ucciso la mia fidanzata”. Il 21enne ammette l’omicidio di Giulia Cecchettin ma si avvale della facoltà di non rispondere.
Filippo Turetta, il primo interrogatorio dopo l’arresto: cosa è successo
Questa mattina ha avuto luogo il primo interrogatorio di Filippo Turetta, accusato del femminicidio della sua ex fidanzata Giulia Cecchettin. Il 21enne, affiancato dal suo legale Giovanni Caruso, ha ammesso di aver ucciso la sua ex, ribadendo la frase già riferita alle autorità tedesche dopo la sua cattura: “Ho ucciso la mia fidanzata”. Escludendo questa dichiarazione spontanea, tuttavia, Turetta non ha fornito altre risposte alle domande del Gip e del PM, avvalendosi della facoltà di non rispondere. Il giovane ha pianto di fronte ai giudici, senza però concedere altre dichiarazioni agli inquirenti. L’interrogatorio si è concluso dopo appena trentaquattro minuti, al seguito dei quali Turetta è tornato nella sua cella. È accusato di omicidio volontario, aggravato dalla relazione affettiva terminata e dal sequestro di persona.
Le dichiarazioni dei legali: “Non chiederemo i domiciliari”
Intercettato dai giornalisti, l’avvocato Giovanni Caruso ha spiegato che la strategia difensiva non punterà all’ottenere gli arresti domiciliari: “Non presenteremo richiesta al Riesame, né richiesta di affievolimento della custodia cautelare in carcere”. L’obiettivo di Caruso sarà evitare l’ergastolo al suo assistito, smentendo l’accusa di premeditazione. L’avvocato di Elena Cecchettin, Nicodemo Gentile, ha definito Turetta “un molestatore assillante” che avrebbe ammorbato Giulia con “un assedio psicologico che aveva provocato nella ragazza uno stato di disorientamento e di importante ansia”. Nei giorni scorsi Gentile aveva già parlato dell’indagato: “Ha lucidamente eliminato l’ex per punirla di quello che lui ha considerato un atto di insubordinazione subìto, poiché, ormai, Giulia non rispondeva più alle sue aspettative. Lavoreremo affinché la procura prima e i giudici poi, gli riconoscano l’aggravante del ‘motivo abietto'”.