Perché leggere questo articolo: Massimiliano Comità, esperto del settore finanziario, commenta con True-News il momento difficile dei fondi Esg. Che va di pari passo con la brillante corsa all’estrazione del petrolio.
“Re petrolio” non abdica e in questa fase l’energia tradizionale spinge una serie di problematiche per i fondi Esg nel trovare lo slancio degli anni scorsi. I colossi della finanza come BlackRock, Vanguard, State Street e JP Morgan hanno ridotto dal 63 al 30% la quota di partner che, nei sondaggi interni, hanno dichiarato di volersi adeguare agli standard di decarbonizzazione al 2030 degli Accordi di Parigi. E nel terzo trimestre 2023 è continuata la seppur relativa decrescita dei capitali immobilizzati in fondi Esg, scesi tra luglio e settembre di 2,7 miliardi di dollari.
Nel frattempo, ruggisce il settore dell’energia tradizionale. Quello che i fondi Esg mirano a disincentivare e destrutturare. Sul fronte della produzione di petrolio, per fare un esempio, l’estrazione di greggio negli Usa a settembre è salita al nuovo record mensile di 13,24 milioni di barili al giorno, grazie al boom del Nord Dakota legata all’impianto shale Bakken, secondo i dati pubblicati dall’Energy Information Administration. Questo si lega al tema del calo delle quote dei fondi Esg? Per capirlo ne abbiamo parlato con Massimiliano Comità, Portfolio Manager di AISM Luxembourg. Comità è un esperto che vanta un’esperienza ventennale nel settore degli investimenti. Nell’arco del tempo ha sviluppato sia capacità quantitative, sia di risk management, affiancate successivamente a valutazioni fondamentali e tematiche ESG. Prima di approdare in Lussemburgo ha lavorato presso Kairos Partners SGR (17 anni) e in Fineco (3 anni).
Dottor Comità, si parla molto di calo degli ESG e dei fondi accumulati. Quanto questo è collegato al rinnovato interesse per le fonti tradizionali sulla scia delle condizioni geopolitiche mutevoli dell’ultimo biennio?
“Sicuramente molti investitori hanno visto con interesse gli investimenti sul petrolio, dopo lo scoppio della guerra in Russia e i continui tagli dell’Opec, ma anche le rinnovabili hanno tratto un trend positivo da questo evento, soprattutto per la volontà dell’Europa di essere energeticamente più indipendente puntando, appunto, sulle energie alternative. Il problema degli outflow è stato determinato alla mancanza di adeguamento degli incentivi governativi per i progetti (i.e.: quelli del wind offshore in New Jersey) che potessero sopperire all’aumento dei costi dovuti al rialzo dei tassi di interesse, dei materiali e dell’approvvigionamento degli stessi”.
Gli USA hanno segnalato il record di fonti fossili estratte. Ma anche le compagnie energetiche americane hanno più volte mostrato attenzione per gli ESG. Questo non può apparire contraddittorio?
“Non c’è nessuna contraddizione. Le compagnie petrolifere sono consapevoli del trend che nei prossimi decenni tenderà verso le energie rinnovabili e come produttori di energia non possono starne fuori. Ad esempio, sempre parlando del wind offshore, tra le maggiori società impegnate nella realizzazione dei parchi eolici ci sono BP e Equinor, due delle compagnie europee che derivano i loro profitti da petrolio e gas. La stessa cosa accade in US, anche se ancora gli investimenti in green sono una piccola percentuale del totale”
Che 2023 è stato, nel complesso, quello dei fondi per l’economia sostenibile?
“Osservando l’S&P Clean Energy a -30% dall’inizio dell’anno, possiamo dire che è stato un anno molto difficile. Il calo significativo (-25%) si è verificato da fine luglio, proprio quando Orsted ha iniziato a sollevare i problemi degli insufficienti incentivi governativi negli Stati Uniti per portare a termine i progetti iniziati. Questo ha gettato un sentimento negativo su tutto il settore delle rinnovabili, compreso anche idrogeno e solare, nonostante queste ultime non avessero avuto gli stessi problemi wind. Si potrebbe fare una differenziazione per il solare residenziale in US, dove l’aumento dei tassi ha spinto la gente a non accendere finanziamenti per gli impianti fotovoltaici casalinghi”.
In che misura i cambiamenti di regolamentazione sviluppati negli ultimi tempi o attesi possono contribuire a orientare le prospettive di mercato in futuro?
“Sicuramente avere regole più precise sugli investimenti green può aiutare a indirizzare meglio i flussi verso quelle tecnologie che possono davvero mettere in atto la trasformazione energetica. Attualmente fondi art. 8 che possono investire praticamente in tutte le società, oil e gas comprese, fanno sì che queste società possano accedere a finanziamenti che rallentano tutto il processo”.