Perché leggere questo articolo: Nel mondo Esg le aziende della Difesa sono escluse. Ma nel Regno Unito c’è chi vuole rendere sostenibili gli investimenti in armamenti. Vediamo perché.
Il settore della finanza sostenibile e gli standard Esg stanno mettendo a repentaglio la volontà degli investitori finanziari di sostenere il settore della Difesa in una fase storica critica per la spinta al riarmo dell’Occidente? Questo è quanto si sta discutendo da settimane nel Regno Unito sulla spinta delle iniziative lanciate a settembre da due sottosegretari del governo britannico di Rishi Sunak, Andrew Griffith, avente la delega alla gestione dei rapporti con la City di Londra (ora promosso Ministro di Stato per la Scienza e la Ricerca), e James Cartlidge, stretto collaboratore dell’ex titolare della Difesa Ben Wallace e responsabile della difesa del Paese di Sua Maestà.
Finanza sostenibile e armamenti, il connubio che non c’è
I due esponenti del Partito Conservatore hanno vergato a settembre una dura lettera al Daily Mail accusando gli investitori istituzionali britannici, che per il 40% in un recente sondaggio hanno dichiarato di voler disinvestire dal settore degli armamenti, di un atteggiamento dannoso per il Paese: “a pace ha bisogno di difesa, e la difesa ha bisogno di una base industriale. Quindi è perverso che mentre la guerra infuria alle nostre porte continentali ci sia un universo parallelo in cui il settore della difesa viene evitato“. Nella dura missiva i due esponenti Tory hanno sottolineato come la fornitura di armi all’Ucraina risponda a una base “etica“, in quanto la tutela della sicurezza nazionale può garantire tutti i settori economici, inclusi quelli legati alla sostenibilità.
Il Daily Mail ha rincarato la dose appoggiando quanto detto dai due politici e sottolineando che “sicurezza della Gran Bretagna contro paesi come la Russia e la Corea del Nord è minacciata da istituzioni finanziarie subordinate alla cultura woke che si rifiutano di investire nelle industrie della difesa“. Dall’inizio della guerra in Ucraina a oggi, più volte si è aperto un dibattito spinoso tra la comunità degli investitori e il settore della Difesa, che verte sull’eticità degli investimenti in questo campo in fasi che sono di fatto di guerra senza limiti, a prescindere dal coinvolgimento diretto sul campo delle potenze occidentali. E la City, prima piazza finanziaria d’Europa, è sensibile a questo tema.
La pressione per mettere l’elmetto agli Esg
Il Financial Times, a tal proposito, ha dedicato un ampio approfondimento al dualismo in questione. Il tema sembra riguardare soprattutto, stando alle indagini Ft e di Morningstar, le banche che offrono credito a livello locale e vogliono tutelare il loro punteggio Esg, oppure fondi comuni di investimento molto conservativi. “Sebbene le regole di investimento ESG generalmente vietino il coinvolgimento in armi volte a causare danni indiscriminati ai civili, come bombe a grappolo o armi chimiche, ci sono poche esclusioni generalizzate sulle società di difesa, secondo gli esperti consultati“, nota il Ft: anche le aziende che operano in campi collaterali alla sicurezza come l’innovazione tecnologica, l’elettrotecnica, la sensoristica e la componentistica possono, secondo molti investitori, avere un rating Esg positivo. E l’Investor Association of the United Kingdom, il forum che riunisce tutti i maggiori fondi britannici, ha ricordato in un comunicato al Ft che da British Aerospace (Bae) a Qinetiq, passando per molte realtà minori, detengono 20 miliardi di sterline di azioni di compagnie della Difesa senza per questo trovare un conflitto con il settore Esg.
Del resto, Bae ha guadagnato in borsa alla City il 37,5% di valore dal 24 febbraio 2022, giorno dell’invasione dell’Ucraina, trainata dalle forti commesse pubbliche che ne alimentano bilanci e commesse. Qinetiq, nonostante alcuni cali a inizio anno, è ancora a +10% dalla stessa data. E in quest’ottica, dunque, sembra essersi di fatto creato un doppio canale sul tema della gestione degli investimenti. La sostenibilità guadagna spazio, è vero, ma questo necessariamente muove gli investitori su mercati più personalizzati e fatti su misura per i fondi, i loro clienti e le loro sensibilità.
Un mondo sempre più competitivo
Se da un lato il deflusso di fondi che vedono negli Esg un’opportunità da settori ritenuti potenzialmente a rischio per la credibilità dei loro investimenti è una realtà, dall’altro la quota di impatto non è grave: il Ft stima in un -9% per il campo della Difesa, che in borsa cresce lo stesso, questo impatto in un anno e mezzo. Tutto questo in un mondo che non ha subito dopo l’estate la brusca correzione ribassista degli altri mercati. Ed è stato sicuramente compensato da altri investitori in cerca di dividendi e guadagni che hanno compensato le mosse dei grandi fondi. L’Esg e i suoi mercati, del resto, non sono un obbligo da seguire, ma un trend commerciale che entra in competizione con altre tendenze consolidate. Per un settore come la Difesa, la vera gallina dalle uova d’oro, del resto, non sono le alchimie finanziarie, ma le commesse dei governi e delle agenzie di sicurezza di tutto il mondo. Un contesto che, col boom delle spese militari in atto, è per loro decisamente favorevole.