Perché questo articolo ti dovrebbe interessare? La stampa è dei maschi. È questo il claim di Espulse, il collettivo italiano che denuncia le molestie nel mondo del giornalismo. Com’è nato? E cosa sta scoprendo? Lo abbiamo chiesto alle sue fondatrici.
La stampa è dei maschi. Con questo motto ha esordito il collettivo Espulse. Il suo obiettivo è indagare il problema delle molestie sessuali e degli abusi di potere nel mondo del giornalismo italiano. Secondo un’indagine del 2019 della Federazione Nazionale Stampa Italiana, l’85% delle giornaliste ha subito molestie sessuali almeno una volta nel corso della sua vita professionale.
Le fondatrice di Espulse – Stefania Prandi, Irene Doda, Alessia Bisini, Roberta Cavaglià e Francesca Candioli – hanno deciso di affrontare, in Italia, il sessismo sistemico e la violenza nel mondo del giornalismo. Abbiamo chiesto loro come è nato il progetto, quali obiettivi si propone e che feedback hanno ricevuto dai colleghi.
Com’è nato Espulse?
L’evento scatenante è stato il #MeToo della pubblicità e la conseguente nascita del collettivo RE:B. Sui giornali è stata data grande attenzione a questo fenomeno, ma nessun giornalista o testata ha voluto fare un passo oltre e riconoscere che lo stesso problema esiste nel mondo del giornalismo italiano. Così, quel passo abbiamo deciso di farlo noi, cinque giornaliste freelance: Stefania Prandi, Irene Doda, Alessia Bisini, Roberta Cavaglià e Francesca Candioli.
Il nostro obiettivo è infatti quello di indagare il problema delle molestie sessuali e degli abusi di potere nel mondo del giornalismo italiano, raccogliendo le testimonianze di giornaliste assunte e freelance che lavorano nel settore dei media (carta stampata, web, radio e tv) e negli uffici stampa. Ci rivolgiamo anche a fotografe, videomaker e attiviste.
Tramite un questionario presente sul vostro sito è possibile condividere la propria testimonianza. Cosa farete una volta raccolto il materiale?
A partire da queste testimonianze, realizzeremo un’inchiesta nel rispetto delle fonti e del loro anonimato e successivamente presenteremo i dati raccolti e analizzati (senza che questo esponga in nessun modo la privacy delle testimoni) coinvolgendo proprio le istituzioni, i sindacati e le case dei giornalisti sparse sul territorio nazionale.
Avete ricevuto un feedback da parte dei colleghi giornalisti?
Per ora i feedback sono stati sempre molto positivi, sia da parte di colleghe che di colleghi. Il progetto è stato accolto con entusiasmo e solidarietà anche da alcune realtà giornalistiche, che ci hanno aiutato a diffondere il nostro questionario attraverso i loro canali. C’è da dire che è ancora molto presto: la raccolta delle testimonianze è appena iniziata e costruire fiducia con le fonti è un processo lungo e delicato. Le reazioni all’inchiesta – sia dal punto di vista legale che culturale – saranno ben diverse e vogliamo arrivare preparate a quel momento, perché arriverà.
Come si può stare al vostro fianco in questa denuncia?
Invitiamo chiunque lavori nel mondo dell’informazione italiano e abbia una storia di molestie, ricatti, abusi e discriminazioni sessuali da condividere a completare il nostro questionario o contattarci via mail. Oggi la stampa è dei maschi e il cambiamento passa da inchieste come questa.