Perché leggere questo articolo: Lo storico Franco Cardini affonda contro la visione occidentale delle guerre a Israele e Gaza. Per Cardini l’Occidente si illude di poter esercitare la sua visione in forma incondizionata.
“Su Israele e Ucraina si mostra tutto lo strabismo storico e geopolitico dell’Occidente di fronte ai grandi mutamenti globali”. Franco Cardini risponde con la sua solita pacatezza al telefono e racconta la sua visione sulle due guerre che perturbano l’ordine globale elencando concetti e analizzando scenari. Lo storico fiorentino, 83 anni, racconta a True-News quella che è a suo avviso la madre di tutte le questioni: “Ci siamo ingannati e i nostri media hanno perpetrato questo tragico errore riducendo le prospettive storiche su questi conflitti. Ci è stato raccontato che la questione ucraina è iniziata il 24 febbraio 2022, con l’invasione russa. E che quella tra Israele e Gaza nasce con i terribili attentati di Hamas del 7 ottobre scorso. Ma la questione va capita in prospettiva”.
Professore, quali sono a suo avviso le conseguenze di questo approccio?
Una visione riduttiva e strabica. Lo abbiamo visto pochi giorni alle Nazioni Unite: il no degli Stati Uniti ha bloccato la prospettiva di risoluzione che apriva all’idea di un cessate il fuoco a Gaza. Quasi tutto il mondo aveva votato a favore, eppure la potenza guida dell’Occidente si è opposta. Dicendo che a suo avviso solo Israele ha il diritto di decidere quando far finire la guerra a Gaza. A poco servono le parole di Joe Biden, per il quale Benjamin Netanyahu starebbe perdendo con le sue azioni il sostegno dell’opinione pubblica globale. Israele, infatti, ha già dichiarato che continuerà a oltranza la sua guerra anche senza l’approvazione internazionale. Come successo a inizio guerra in Ucraina, quando il più saggio predecessore di Netanyahu Naftali Bennett aveva avvicinato le parti all’ipotesi di un armistizio prima che gli Usa e soprattutto Boris Johnson convincessero Volodymyr Zelensky al conflitto a oltranza
A cosa condurrà questo scenario in cui nel 2024 la guerra in Ucraina e quella a Gaza continueranno a perturbare gli scenari globali?
La mia sensazione è che il 2024 sarà un anno in cui di entrambi i conflitti sentiremo parlare. E assieme ad esso continueranno le retoriche politiche e mediatiche sull’inevitabilità delle guerre come strumento per assicurare la giustizia e l’ordine internazionale. Tutto, ovviamente, senza alcuna attenzione alle conseguenze geopolitiche e strategiche da un lato e alla realtà sul campo dall’altro…
Alberto Negri l’ha detta bene sull’Ucraina: a settembre abbiamo letto sui giornali almeno quattro volte di sfondamenti di truppe ucraine pronte a dilagare in Russia…
Esempio classico di whisful thinking e di un giornalismo e di una politica che parlano più di aspettative che di realtà. Ma dico: ci rendiamo conto che stiamo parlando di guerra, ovvero di scenari in cui le vite di militari e civili sono sempre a rischio. Sull’Ucraina si è raggiunto l’acme della distorsione del discorso. E – ribadisco – è da sfatare il mito che vedrebbe essere un putiniano chiunque metta in discussione la retorica mainstream dell’inevitabilità della vittoria dell’Ucraina sul campo. Semplicemente perché ormai sul campo questa guerra non la può vincere l’Ucraina così come non può vincerla in maniera schiacciante la Russia. Possiamo immaginare grandi inversioni di tendenza in inverno, possiamo dire che Putin è malato, ha il Parkinson, è paranoico e magari ha pure l’alluce valgo [ride, ndr]. Ma questo non cambia la realtà. Di cui, tragicamente, presto si accorgeranno anche gli ucraini, sacrificati come prima linea di una grande strategia geopolitica volta a spaccare i legami tra Russia e Europa.
E sul fronte della guerra a Gaza?
Occorre riscoprire il vecchio monito di Tiziano Terzani, che ricordava come fosse illusorio pensare che il problema del terrorismo si risolverà semplicemente uccidendo i terroristi. Netanyahu ha detto: ogni uomo di Hamas è un uomo morto. Ha aggiunto che la guerra continuerà fino all’eradicazione del gruppo dalla Striscia di Gaza. Auguri! Come può essere questa una strategia sensata? Basterebbe un dato di fatto accessibile a chiunque: i vertici di Hamas non si trovano a Gaza. E hanno dichiarato più volte che il sangue palestinese versato coi bombardamenti israeliani non fa altro che creare consenso per il loro gruppo.
Come può accadere ciò?
Dobbiamo abituarci a pensare con la mente degli altri popoli. Non vi siamo più abituati. Qualche giorno fa parlavo con una giornalista di un autorevole quotidiano nazionale che a questa mia osservazione riguardante un altro Paese, l’Iran, rispondeva citando solamente una parte del discorso, ovvero la componente repressiva di questi regimi. Ma c’è un dato di fatto da sottolineare. Per molti popoli, come quello palestinese, la storia non è solo materia d’accademici: è sotto gli occhi di tutti e nella mente di ciascuno ogni giorno. E per quanto possa essere considerato paradossale e terribile, ogni bombardamento di Israele in risposta alla manovra di Hamas del 7 ottobre si inserisce a Gaza in un ciclo di azioni e controreazioni. Per Hamas il padre che perde un figlio sotto le bombe o il figlio che vede i genitori uccisi da un missile sono i futuri militanti di domani. Quel che va spezzato è il ciclo continuo di vendette e rappresaglie alimentato dai falchi delle due parti.
E qua torniamo al tema fondamentale: la riscoperta del valore attualissimo della storia…
Esatto. Faccio solo un esempio per dimostrare l’antistoricità di molti ragionamenti attuali. Diversi autorevoli commentatori, per giustificare i bombardamenti indiscriminati di Israele a Gaza e la prospettiva di vedere crimini di guerra perpetrati con i bombardamenti, si sono riferiti ai bombardamenti del 1943-1945 sulla Germania nazista. Il ragionamento era che demolire le città tedesche colpendo la popolazione civile favorì la resa dei tedeschi e la vittoria degli Alleati. Nulla di più falso! I bombardamenti a tappeto furono usati dalla propaganda tedesca per incentivare la resistenza a oltranza e per giustificare l’uso a mo’ di rappresaglia delle V2 su Londra e Anversa. Causando solo morti inutili ed evitabili su ogni fronte e un irrigidimento del conflitto. Ed è quello che rischia di accadere a Gaza.
C’è però una parte di mondo che a questa visione non viene dietro, non trova?
Sì, e anzi il nocciolo duro della discussione sta proprio qui. L’Occidente ormai si parla addosso. Altrove, dalla Cina all’India, dall’Africa all’America Latina c’è una parte di mondo che segue logiche non più legate alle dialettiche occidentali. Abbiamo perso la nostra presa sul mondo in larga parte per le promesse tradite negli ultimi decenni, dalla globalizzazione all’era delle guerre infinite. E ora ne paghiamo il prezzo.