Perché leggere questo articolo? Conversazione sulla disparità di genere nei salari di uomini e donne ai sensi dell’ultima ricerca Inps. Per l’avvocato Giampiero Falasca “sul tema in tutta Europa c’è un percorso di crescita” che riguarda anche l’Italia. Ma la sfida è legata alla promozione delle donne ai ruoli apicali.
L’Inps afferma che le donne in Italia guadagnano in media 7mila euro all’anno in meno degli uomini. Il dato in questione va interpretato. Bisogna considerare alcuni aspetti. Prima di tutto in media le donne lavorano una settimana in meno, inoltre nel calcolo sono compresi anche i pensionati, che percepiscono in base a squilibri sul lavoro di decenni fa. A questo proposito abbiamo voluto verificare sul campo questi dati. La disparità salariale è un tema particolarmente importante, per questo motivo ne abbiamo parlato assieme all’avvocato Giampiero Falasca che ha raccontato la sua visione della questione in un’intervista esclusiva per True-News.it.
L’Inps dice che le donne in Italia guadagnano in media 7mila euro all’anno in meno degli uomini. Cosa ne pensa?
Non mi stupisce la statistica dell’Inps, basta osservare quello che accade attorno a noi per trovare una conferma empirica. Certamente non c’è una riduzione diretta degli stipendi, nessuno dice che dà di meno perché donna. Quello che mi sembra di vedere che accade nelle realtà aziendali è che le donne hanno meno opportunità di crescita, di carriera e meno partecipazione agli strumenti maggiormente premianti dal punto di vista economico. È un fenomeno di discriminazione indiretta.
Come andrebbe calcolato lo squilibrio?
Io non credo che lo squilibrio vada calcolato riducendo il tempo di lavoro, il fatto che le donne lavorino di meno è tutto da vedere, la questione del part-time può nascondere anche altre problematiche di abusi e lavoro nero. Sono convinto del fatto che ci siano meno opportunità per le donne.
In quali professioni si verifica maggiormente la disparità di genere salariale?
Non credo che ci siano dei settori in cui lo squilibrio sia più pronunciato, non è settoriale ma è più per livelli. Nel settore dei servizi le donne sono in grande maggioranza, abbiamo azienda con una base composta dal 60 al 70% di donne e poi vediamo i ruoli apicali e manageriali dove la percentuale si inverte, è un tema culturale, è ancora troppo diffusa la tendenza a considerare le donne inadatte in determinati mondi ed è anche vero che il Presidente del Consiglio e il capo dell’opposizione che sono donne e quindi la situazione sociale si sta evolvendo, man mano che la società cresce anche la cultura e il sistema economico evolveranno.
Quale paese potrebbe essere un modello da seguire per l’Italia contro la disparità di genere?
Non è facile dire quale paese possiamo prendere come modello, certamente possiamo dire che in tutta Europa c’è un percorso di crescita. Nei paesi dell’Europa continentale c’è un impegno profondo in questo senso e sono un esempio positivo da seguire. Situazioni come quelle che troviamo in Germania e in Francia possono essere delle guide da questo punto di vista, non parliamo dei paesi scandinavi che sono avanti di decenni.
Come impattano le dinamiche comunitarie in questo campo?
Più che fare una considerazione in merito al singolo stato dobbiamo essere contenti di appartenere all’Europa perché le politiche dell’Unione Europea che a volte si occupano di sciocchezze, un esempio è la diatriba sulla misura delle zucchine, ma altre anche di tematiche particolarmente serie e intelligenti, come è appunto la disparità salariale. L’Europa ha sempre dato linee guida molto forti e importanti per la promozione della parità di genere.