Perché leggere questo articolo? Con Michaela Camilleri di Itinerari Previdenziali leggiamo i trend di salari e pensioni. Spiegando perché i due fronti sono strettamente connessi. A maggior ragione alla luce dei report Inapp e Ocse sui due fronti.
Salari stagnanti e previdenza in via di peggioramento? Questo è quanto sembra emergere per l’Italia dai rapporti Inapp e Ocse su lavoro e pensioni. Dal 1991 a oggi, nota l’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche, i salari reali sono cresciuti in Italia mediamente dell’1% in rapporto al costo della vita a fronte del +32,5% della media Ocse. Questo va letto di pari passo con i dati sulle pensioni su cui annota le sue opinioni l’organizzazione internazionale per la cooperazione e lo sviluppo economico, che parla per l’Italia di prospettive che possono portare al dilatarsi della spesa pensionistica in rapporto al Pil per il calo di lavoratori rispetto al numero di pensionati e a una difficoltà dei nuovi lavoratori di pensare di ottenere requisiti per l’uscita anticipata dal mercato del lavoro.
Salari, lavoro, previdenza: i trend futuri
Parlando con la professoressa Elsa Fornero, abbiamo su True-News sottolineato la necessità di leggere in forma convergente queste due dinamiche. Ricordando che il problema del futuro previdenziale di domani e quello dei salari stagnanti di oggi sono strettamente collegati. Alla luce dei dati Inapp letti con la cartina di tornasole del report Ocse sulle pensioni di questo avviso è anche Michaela Camilleri, ricercatrice del centro studi Itinerari Previdenziali.
Parlando con True-News.it Camilleri nota che in entrambi i discorsi il nodo è tutto “sul fronte dei salari. In un sistema che vede un sistema del lavoro in cui spesso emergono buchi nelle carriere, discontinuità e problematiche strutturali è chiaro che emergano condizioni in cui da un lato i salari ristagnano” e dall’altro “c’è una crescente difficoltà per le persone che entrano nel mercato del lavoro“. A che difficoltà facciamo riferimento? Alla prospettiva di “raggiungere nella carriera lavorativa i requisiti” necessari a “consolidare un percorso verso una vita stabile sia sul fronte delle progettualità che su quello del futuro accesso pensionistico”.
“I due problemi sono connessi”
Camilleri nota che i “due problemi sono strettamente connessi e dobbiamo ricordare che ogni questione legata alla riforma dei due mondi porta con sé la necessità di pensare a un tema-chiave. Oggigiorno, infatti, c’è la necessità di affrontare un mercato del lavoro soggetto a molti cambiamenti” che possono impattare sui salari e, in prospettiva, “un sistema tutto contributivo per la previdenza”. Spesso sfugge in entrambi i discorsi che la “contribuzione accumulata determinerà le future condizioni pensionistiche” e che la migliore garanzia per alzare le pensioni domani è poter alzare i salari nel Paese. Non focalizzarsi su età e uscite anticipate che, se non ben regolate, possono creare distorsioni nel sistema.
Ciononostante, a livello collettivo, Camilleri si guarda bene dal pensare che si sta andando verso “trend allarmistici per la sostenibilità dei sistemi del lavoro e della previdenza in Italia”. Sul fronte delle pensioni va “scacciato l’allarmismo dovuto all’idea di pensare come inevitabili determinati trend sociali e demografici che sono proiezioni” e prospettive di scenario. Su quello del lavoro, “un analogo trend pessimista da fugare è quello legato all’idea che le cose possano solo diventare più complicate”. Recuperare il gap su un fronte consentirà di farlo anche sull’altro e, nota l’economista, “il potenziale c’è” e si può partire con l’obiettivo di “coinvolgere le fasce più fragili e i più giovani” in un meccanismo virtuoso legante lavoro e previdenza.
Su lavoro e pensioni occhio ai Neet
In particolare Camilleri sottolinea la necessità di partire dal recupero dei “giovani Neet, cioè coloro che non studiano, non lavorano e non si stanno formando. Per loro i buchi nei salari sono potenzialmente molto pesanti sul fronte contributivo”. A testimonianza della circolarità dei due problemi. Per la studiosa di previdenza, “rafforzando le condizioni per un lavoro dignitoso, ben formato e ben retribuito in Italia si potrà contribuire a mettere in moto un circolo virtuoso. Salari più alti permetteranno maggiori contributi versati; più contributi permetteranno di stabilizzare il sistema previdenziale nel breve periodo. Un sistema più stabile potrà durare sul lungo periodo e scacciare sul campo l’allarmismo domani. Esistono criticità ma sul tema non bisogna rassegnarsi al pessimismo“. Nel campo del lavoro come in quello delle pensioni.