Perché leggere questo articolo? Conte ha annunciato che chiederà l’istituzione di un giurì d’onore contro Meloni. Ma cos’è di preciso questo giurì d’onore? Ecco a voi la storia dell’istituto più rusticano del nostro parlamento. Una storia di duelli – non solo metaforici – da Mussolini a Minniti, passando per Donzelli.
Diciamocelo subito, il nome è bellissimo. Altisonante ma non pomposo, indecifrabile e al contempo eloquente. Giurì d’onore è un’espressione bellissima della politica. Tipo “grande elettore” o “franco tiratore“. Ma di preciso, cos’è un Giurì d’onore? Qui la storia si complica un pochino, ma resta estremamente avvincente. Oggi se ne torna a parlare dopo che Conte ha annunciato – con tanto di conferenza stampa alla Camera dei deputati – che avrebbe chiesto l’istituzione di un giurì d’onore “per accertare le menzogne denigratorie della premier e deputata Giorgia Meloni“. Nei decenni addietro, invece, si è legato al concetto di onore, che la politica italiana ha declinato sotto varie forme. Tra cui il duello e il delitto.
Cos’è il Giurì d’onore
“Quando, nel corso di una discussione, un deputato sia accusato di fatti che ledano la sua onorabilità, egli può chiedere al presidente della Camera di nominare una Commissione la quale giudichi la fondatezza della accusa. Alla Commissione può essere assegnato un termine per presentare le sue conclusioni alla Camera, la quale ne prende atto senza dibattito né votazione”. Recita così l’articolo 58 del regolamento della Camera che definisce l’istituzione del Giurì d’onore.
Il Giuri d’onore è una commissione d’indagine prevista dai regolamenti di Camera e Senato. Può essere convocata dai presidenti delle camere su richiesta di un parlamentare. Si convoca molto raramente e non ha grossi poteri in termini pratici, se non quello di riferire alle camere le sue conclusioni, che possono poi decidere di agire di conseguenza. In passato le controversie che hanno richiesto un giurì d’onore si sono risolte perlopiù con semplici scuse da parte dei parlamentari su cui era stata chiesta l’indagine.
Storia della cosa più rusticana mai vista in parlamento
Da quando il governo Meloni si è insediato nel novembre 2022, è la seconda volta che viene richiesto un giurì d’onore. A febbraio scorso fu il Pd a chiedere il giurì d’onore dopo le affermazioni di Giovanni Donzelli in Aula sul caso Cospito. Il presidente della Camera, Lorenzo Fontana, il 31 gennaio di quest’anno aveva convocato il giurì, su richiesta del Pd per le dichiarazioni in aula di Donzelli, contro 3 deputati Dem per la visita in carcere all’anarchico Alfredo Cospito in regime di 41 bis e in sciopero della fame da oltre 100 giorni. Il giurì era presieduto da Sergio Costa e composto da Fabrizio Cecchetti, Annarita Patriarca, Roberto Giachetti e Colucci. E Donzelli dopo aver ritrattato fu assolto.
Nelle passate legislature Giurì d’onore furono costituiti per giudicare su parole e toni eccessivamente forti usati da alcuni deputati, come nei cosi di Benito Paolone di An nel 2004 e Franco Barbato di Italia dei valori nel 2010 e nel 2012. A volte la costituzione del Giurì viene evitata grazie alle scuse dell’accusatore, come è successo l’11 dicembre del 2009 con le scuse di Maurizio Paniz di Forza Italia a Marco Minniti per le sue affermazioni del giorno precedente. Vi viene in mente un modo più rusticano di risolvere la questione?
La prosecuzione pacifica del duello
Si qualcosa è esistito in passato. Il Giurì d’onore altro non sarebbe che una camera di compensazione per lavare l’onta di un’offesa. Faccenda che i nostri nonni, fino a un secolo fa, risolvevano in un’altra maniera. Da sempre legato al concetto cavalleresco di onore, il duello è stata una pratica ricorrente – almeno fino alla Prima guerra mondiale – per regolare le diatribe fra gentiluomini, personaggi famosi, parenti e anche politici. La prima legge contro il duello in Italia è del 1875, rimasta in vigore quasi 50 anni. Questo non impedì la morte per duello nel 1898 di Felice Cavallotti. Il deputato dell’estrema sinistra fu ferito a morte dal giornalista conservatore Ferruccio Macola.
Nel 1930, il Codice Rocco “puniva i duellanti e i portatori di sfida con la reclusione fino a sei mesi e una contravvenzione, se non cagiona danni o lesioni all’avversario”. Si era in pieno fascismo. Mussolini stesso aveva preso parte a un celebre duello. Il 29 marzo 1915, dopo una lunga serie di articoli contenenti reciproche accuse, il deputato socialista Claudio Treves sfidò l’ex direttore de L’avanti in un violentissimo duello alla sciabola, terminato solo per il provvidenziale intervento dei rispettivi padrini – altro termini dalla collocazione geografica doc.
Il Giurì nel paese del delitto d’onore
Fino a tempi abbastanza recenti esisteva poi un’altra forma di compensazione dell’onore leso. Vi ricordate Marcello Mastroianni in Divorzio all’italiana? Ecco, il delitto d’onore è stato abrogato – solo – il 5 agosto 1981. La legge 442 aboliva gli articoli che permettevano il matrimonio riparatore, l’abbandono di un neonato per causa d’onore e il delitto d’onore. Nello specifico il 587 stabiliva: “Chiunque cagiona la morte del coniuge, della figlia o della sorella, nell’atto in cui ne scopre la illegittima relazione carnale e nello stato d’ira determinato dall’offesa recata all’onor suo o della famiglia, è punito con la reclusione da tre a sette anni“. Dopo decenni di duelli, tenzoni e disfide si è annacquato il concetto d’onore, che resta caposaldo della cultura italiana, soprattutto al sud. Per fortuna dal delitto siamo passati al Giurì d’onore.