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Barni (Confindustria Dispositivi Medici): “Priorità a superamento del payback e nuova governance”

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Programmazione sanitaria per patologia, allocazione delle risorse sulla base del reale fabbisogno di salute (non considerando dunque i tetti di spesa) e accelerazione dell’ingresso delle nuove tecnologie e di tutto ciò che va in parallelo con l’Hta, affinché il rinnovamento tecnologico possa essere effettivamente garantito. Sono questi i tre pilastri della nuova governance secondo il neoeletto Presidente di Confindustria Dispositivi Medici, Nicola Barni illustrati in questa intervista a True-News.it.

Barni, con la sua rinnovata squadra di Vicepresidenti, parte dall’annosa questione del payback: nonostante la sentenza del Tar, che ha accolto i ricorsi delle aziende del comparto, la situazione di incertezza permane. Da qui la necessità di puntare su importanti sinergie con società scientifiche e associazioni pazienti, di invocare un framework normativo e fiscale che possa favorire la ricerca in Italia e con essa l’innovazione, e una regolamentazione europea che non sia fonte di ulteriore stallo.

Presidente Barni, il superamento del payback è tra i temi più cogenti e rilevanti per il settore, ma non può essere disgiunto da una proposta di nuova governance per i dispositivi medici. Quali saranno le linee di indirizzo del suo mandato in tal senso?

Le due tematiche sono strettamente collegate perché se non risolviamo definitivamente la questione del payback, difficilmente si potrà intavolare una proposta efficace sulla nuova governance dei dispositivi medici. Intanto, la sentenza del Tar di fine novembre, che ha rimandato la decisione alla Corte Costituzionale, rappresenta un primo traguardo importantissimo per il comparto e il fatto che con l’ordinanza siano stati accolti i ricorsi con tutte le motivazioni presentate dai legali è stato un passaggio fondamentale. Inoltre, l’ordinanza fa un distinguo tra i due settori, farmaceutico e dei dispositivi medici, sancendo in maniera netta la differenza tra i due comparti. Questo è un primo, cruciale passo, che ci consente di guardare più fiduciosi al futuro.

Che scenario si prefigura per le aziende dopo la sentenza del Tar?

Le imprese che hanno fatto ricorso formalmente sono protette dalla sospensiva fino al pronunciamento della Corte Costituzionale, che però arriverà tra i 12 e i 18 mesi. Nel frattempo, finché il payback non verrà cancellato, le imprese continueranno a operare in uno scenario d’incertezza, che non fa bene all’industria.

Su quali leve intendete spingere per una nuova governance in questo contesto?

Partiamo dal presupposto che il nostro sistema sanitario, per come lo abbiamo conosciuto fino ad oggi, sta incontrando innegabili difficoltà: è un sistema sostanzialmente sottofinanziato rispetto ad altri Paesi europei. Siamo in un momento cruciale e ripensare una nuova governance del settore significa lavorare per garantire la sostenibilità del sistema e al tempo stesso valorizzare l’utilizzo delle tecnologie mediche per sostenere ogni percorso di cura del paziente.

Quali sono i punti chiave della vostra proposta?

I punti chiave della nostra proposta di governance si basano innanzitutto su un cambio di approccio nella programmazione sanitaria non più incentrata sulle singole prestazioni, ma per patologia: si deve pensare al paziente in tutto il suo percorso, dalla prevenzione alla diagnosi, dalla cura al follow up. Un altro aspetto riguarda l’allocazione delle risorse sulla base dei reali fabbisogni di salute e non sui tetti di spesa. Terzo punto, di cui si parla già da tempo, riguarda la valutazione delle tecnologie attraverso l’Health Technology Assesment (HTA), garantendo percorsi accelerati di introduzione dell’innovazione. Questi sono i tre pilastri della nuova governance.

A proposito di rinnovamento tecnologico al centro del Pnrr, nel suo programma è prevista l’istituzione di un comitato permanente sul Piano di Ripresa e Resilienza. Di cosa si occuperà e che obiettivi si pone?

L’istituzione di un comitato permanente sul PNRR nasce dalla volontà di dare il nostro contributo come comparto su idee e progettualità da poter portare avanti affinché i fondi a disposizione della Missione 6, possano essere indirizzati al meglio.

Che tempistiche ci sono per l’istituzione di questo comitato?

Il comitato va istituito in maniera rapidissima, con l’anno nuovo dovrà essere operativo. Qualcosa è già stato fatto: al nostro interno è già attivo un Forum che discute delle nuove frontiere digitali della sanità che possono rappresentare un capitolo importante del Pnrr. La mia volontà è di creare un raccordo tra ciò che già esiste e il comitato che sorgerà per evitare di ripartire da zero.

Che tipo di collaborazione intendete promuovere con le Regioni?

La priorità che dobbiamo avere con le Regioni, e torno al primo punto, riguarda il payback. Anche le Regioni sono in sofferenza e stanno avendo difficoltà nelle chiusure dei bilanci. Regione Lombardia, per esempio, sta riscontrando meno problematiche. Regioni a trazione fortemente pubblica, come la Toscana, stanno invece patendo molto la situazione. In seconda battuta credo che dobbiamo mantenere un dialogo e una collaborazione forte in primis sugli acquisti. Nei sistemi di procurement serve mettere al centro il valore della tecnologia, è un aspetto cruciale. E il payback resta una spada di Damocle finchè non verrà cancellato: nel momento in cui le aziende devono partecipare a delle gare, ancora oggi non sanno se il prezzo che viene fissato terrà conto per il futuro di un eventuale payback. Come dicevo prima questo clima di incertezza non fa bene al comparto.

Riguardo alle sinergie con società scientifiche e associazioni pazienti che cosa intendete mettere in campo?

Sarà fondamentale lavorare, in generale e per la governance del settore, con le società scientifiche che, nella stragrande maggioranza dei casi, sono i nostri principali partner, ma anche con le associazioni dei pazienti. Sono interlocutori con cui vogliamo stringere alleanze, insieme potremo dimostrare il valore che le nuove tecnologie possono portare sia al personale medico-sanitario sia ai pazienti.

Lo abbiamo detto: il clima di incertezza ha sfavorito il comparto. Sul profilo dei piani di sviluppo e dell’attrattività industriale, su quali leve strategiche bisogna puntare oggi?

Accanto al tema della certezza delle regole, deve essere centrale il sostegno alle aziende che vogliono fare ricerca in Italia. Le nostre tecnologie nascono dalla ricerca: è un aspetto fondamentale e punto di incontro strategico nelle partnership con le società scientifiche e con le associazioni pazienti. Tuttavia, chi fa ricerca nel nostro Paese, rispetto all’estero, spesso non è agevolato. Occorre lavorare per sburocratizzare il sistema della ricerca clinica, così come andrebbe agevolato il trasferimento tecnologico per permettere alle start up di crescere come industria. Tutto questo per favorire anche politiche di reshoring, che stimolino il ritorno in Italia delle imprese che in passato hanno delocalizzato.

Un sistema quindi più snello che agevoli gli investimenti nel nostro Paese.

Pensiamo a quanto accaduto durante il Covid rispetto all’acquisto di mascherine: dopo una fase iniziale complessa per il Paese, il nostro settore ha dato prova di agilità e flessibilità. Molte aziende si sono riconvertite per far fronte a una necessità importante. Servono i dovuti incentivi affinché un’azienda resti in Italia per produrre, generare Pil e occupazione, creando forza lavoro qualificata.

Dal punto di vista della regolamentazione europea, che tipo di istanze volete porre al centro del dibattito?

I nuovi regolamenti europei hanno l’obiettivo di aumentare ulteriormente la sicurezza dei dispositivi. E come Confindustria Dispositivi Medici li condividiamo. Tuttavia, al momento si è creato una sorta di ingorgo, nonché costi aggiuntivi per le aziende. Aderire ai nuovi regolamenti significa anche produrre nuove evidenze legate al funzionamento del dispositivo, nonché all’investimento in ricerca, a studi pre-marketing e post-marketing che in questa fase non sono così facili da attuare. Dall’altro lato, il sistema deputato a vigilare sulle nuove normative, come i nuovi organismi notificati, sono pochi rispetto alle richieste che le aziende stanno via via ponendo. Si è creato quindi un collo di bottiglia importante difficile da smaltire.

Come vi muoverete?

Quello che, come Confindustria dispositivi medici, dobbiamo fare oggi è supportare tutti i nostri associati nel nuovo percorso di regolamentazione europea. Sarà anche importante lavorare in partnership con MedTech Europe, l’associazione europea delle imprese di dispositivi medici, per far arrivare le nostre istanze al legislatore comunitario.