108 miliardi di euro, oltre il 5% del Pil dell’Italia, in un anno: di tanto sono saliti i ricavi delle banche europee imputabili al margine d’interesse dal 2021 al 2023, nel biennio di decollo dei tassi d’interesse decisi dalla Bce.
Utili in volo per gli istituti
A calcolare questa statistica uno dei giganti europei del credito e degli investimenti, la svizzera Ubs, il cui centro studi ha calcolato che quest’anno i ricavi per il Net Interest Income, la voce che misura il margine degli istituti, sarà di 378 miliardi di euro per il sistema europeo del credito. Nel 2021 era stato di 270 miliardi di euro. La quantità di prestiti cumulati in circolazione è salita in due anni solo del 2%, i ricavi da margine di interesse sui prestiti del 28,5%. Questo significa che la maggior parte dei guadagni delle banche è arrivata dalla differenza più ampia tra ciò che le banche addebitano per i prestiti e ciò che pagano sui depositi.
“L’incremento degli utili”, scrive il Financial Times commentando la notizia, “ha consentito alle banche europee di aumentare i dividendi e i riacquisti di azioni proprie da 90 miliardi di euro nel 2021 a 121 miliardi di euro per il 2023“. Ma, in quest’ottica, “mentre i migliori rendimenti di capitale si sono tradotti in guadagni a due cifre dei prezzi delle azioni per molti istituti di credito, quasi tutti continuano a operare con forti sconti rispetto al prezzo delle azioni”.
In un certo senso questo per le banche riporta il reddito nell’alveo dell’attività ordinaria. Bisogna pensare, infatti, che in Europa i guadagni da margine d’interesse erano stati ridotti notevolmente nel decennio precedente dal costo del denaro prossimo allo zero per i tassi nulli. L’esplosione del costo del denaro imposta dalle mosse, spesso all’inseguimento della Fed, dell’Eurotower finalizzate a domare l’inflazione galoppante hanno avuto un impatto diretto sui bilanci bancari. Tutto questo nonostante i timori di un terremoto bancario verificatosi nei primi mesi dell’anno con il caso Credit Suisse.
Le banche alla prova del ritorno alla normalità
Questo ha caricato le banche di aspettative reddituali riflesse nei prezzi delle azioni: “Le banche europee hanno sovraperformato il mercato di oltre il 50% [dalla fine del 2020] e tuttavia commerciano ancora a valutazioni che implicano un potere di utile inferiore del 30% alle nostre previsioni”, ha detto al quotidiano della City di Londra Jason Napier, analista di Ubs, autore dello studio della banca che, ironia della sorte, è uscita “vincitrice” dal caso Credit Suisse incorporando la grande storica rivale.
Molti di questi utili, secondo Ubs, serviranno a consolidare le banche in un 2024 che si prevede segnato dalla fine della manna. Tagli dei tassi, rischi recessivi e problemi geopolitici perturbano la finanza globale e le prospettive reddituali. Ubs ha calcolato un aumento delle previsioni di accantonamento di capitali orientati a coprire eventuali, future perdite su prestiti. Esse, si prevede, potrebbero raggiungere quota 63 miliardi di euro il prossimo anno, il doppio del 2021 (31 miliardi). Questo insegna che per le banche la sfida chiave del 2024 sarà la gestione di liquidità e degli investimenti: se il boom dell’attività ordinaria servirà ad avere banche più solide e un ciclo del credito più vivace, la fase di utili in volo temporanea avrà rafforzato le loro prospettive. Altrimenti si rischia la riapertura di un circolo vizioso finanziario in Europa.