Perché leggere questo articolo? Renzi spera che Emmanuel Macron sia il suo sponsor per il Consiglio Europeo. Ma in Italia ci sono almeno due altri candidati papabili. Parliamo di Mario Draghi e del suo arcirivale Enrico Letta…
Matteo Renzi prossimo presidente del Consiglio Europeo? Nei palazzi romani si inizia a diffondere la voce secondo cui il leader di Italia Viva e senatore di Firenze possa puntare a succedere a Charles Michel per la carica apicale dell’autorità alla guida delle istituzioni europee. La voce lanciata in autunno da Il Foglio è tornata d’attualità nelle ultime ore dopo che Michel, in scadenza il 30 novembre, ha dichiarato che si candiderà in Belgio al Parlamento europeo a giugno per il Movimento Riformista. Annunciando di fatto la sua possibile abdicazione.
Renzi spera in Macron per succedere a Michel
Se Michel sarà eletto a Strasburgo, dovrà lasciare la carica di presidente del Consiglio europeo. E se lo farà, dopo il 30 giugno la carica da lui ricoperta passerà al leader del Paese che assumerà, dal giorno successivo, la carica di presidente di turno del semestre europeo. Non un leader qualsiasi, ma nientemeno che il magiaro Viktor Orban. Che potrebbe trovarsi, di fatto, dominus d’Europa con una platea globale di riferimento fino all’elezione di un successore.
Questo ha allarmato le cancellerie europee, al lavoro ora per provare a trovare un presidente del Consiglio Europeo nuovo di zecca da proporre come successore designato di Michel. Il regista della partita pare destinato ad essere Emmanuel Macron, su cui si innestano le speranze dell’ex presidente del Consiglio. Macron ha già indicato la presidente della Bce, la francese Christine Lagarde, nell’estate 2019 e sa che per la Commissione Europea, dove il Parlamento Europeo dovrà votare per ratificare le scelte del Consiglio, il suo movimento Renew Europe sarà meno decisivo.
Renew è solo quarto nelle intenzioni di voto come proiezioni di seggi, dietro il Partito Popolare Europeo, il Partito Socialista Europeo e la destra di Identità e Democrazia. Ma al Consiglio Europeo, che racchiude i capi di Stato e di governo dei singoli Stati, i partiti di Renew Europe sono sovrarappresentati. Ad oggi sono cinque i premier e presidenti liberali d’Europa. Oltre a Macron, i leader di Belgio, Slovenia, Estonia e Bulgaria. A cui aggiungere l’uscente olandese Mark Rutte.
La strategia di Macron
Macron vuole usare questo blocco per spingere un suo candidato alla guida del Consiglio Europeo dopo Michel. Il quale guiderà alle Europee in Belgio un partito che fa parte proprio di Renew Europe. Visto che dal 2009 a oggi a guidare il Consiglio Europeo sono stati solo ex premier dei rispettivi Paesi, Renzi crede di avere chances. Da ex premier, vuole spostare sul Consiglio Europeo quelle attenzioni politiche che per altre cariche sembrano difficilmente concretizzabili. Risulta difficile pensare, ad esempio, che un italiano possa scalare la segreteria della Nato, promessa a un leader dell’Est come il romeno Klaus Iohannis dopo la fine del mandato di Jens Stoltenberg.
Sarà Draghi a sfilare a Renzi il Consiglio?
Totalmente incerta, imprevedibile e rimandata a dopo le Europee la sfida per la Commissione europea, resta il Consiglio Europeo. Per la nomina del cui presidente, lo ricordiamo, vige la regola della maggioranza qualificata. Devono votare a favore la maggioranza assoluta dei Paesi, cioé 14 membri su 27, rappresentanti i due terzi della popolazione dell’Unione Europea. Un meccanismo che può spingere alla costruzione di coalizioni. Renzi ha sicuramente le credenziali in quanto ex capo di governo nazionale, presupposto di fatto indispensabile per una promozione alla prestigiosa carica a Bruxelles. Ma politicamente la partita è in salita.
In primo luogo, difficilmente potrebbe essere Giorgia Meloni col suo governo a proporre un esponente della politica nazionale vicino su molti temi all’esecutivo nazional-conservatore e ormai organico a un centro che guarda con attenzione a destra, ma comunque dell’opposizione, alla guida di un’istituzione tanto prestigiosa. In secondo luogo, tra gli ex premier italiani Renzi ha nello stimatissimo Mario Draghi un avversario potenziale difficilmente superabile. Draghi potrebbe esser il nome che Macron avrebbe, in caso di stallo negoziale, l’intenzione di metter sul tavolo per chiamare Meloni a una scelta e il Consiglio a una decisione su una figura di peso in caso di impasse.
Le ambizioni di Letta
L’obiettivo del presidente francese ci porta al terzo punto, che è quello più importante: le ambizioni del Partito Socialista Europeo, fuori dalla guida di una grande istituzione comunitaria dalla morte di David Sassoli nel gennaio 2022.
Il Pse, seconda forza a Strasburgo, difficilmente acciufferà la Commissione. Ma da Olaf Scholz a Pedro Sanchez ha con i suoi cinque leader il controllo di poco meno di un terzo dei voti al Consiglio Europeo. E ha le carte per proporre nomi di peso, come la premier danese (che piace a destra per l’agenda dura sui migranti) Mette Frederiksen. O un nome ripescato dalle presidenze spagnole e belghe dell’Ue per studiare il futuro del mercato interno europeo: nientemeno che l’arci-rivale di Renzi, Enrico Letta. Ormai sempre più “europeo” che romano. E dotato di un physique du role, di agganci internazionali e di una trasversalità dei rapporti che in Europea all’ex sindaco di Firenze mancano.
Stupisce che in un girotondo di nomi italiani a non toccare palla sembra essere il governo di Giorgia Meloni, che vuole giocare alla Commissione Europea tutte le sue carte. Un segno di quanto l’Italia sia più oggetto, che soggetto, delle dinamiche europee. Su cui sono ancora i Paesi nordici e l’asse franco-tedesco ad aver l’ultima parola.