Perché leggere questo articolo? Le mosse di Paolo Gentiloni sono tenute d’occhio da più parti. Dal Pd al sogno Colle, cosa farà l’ex premier dopo la fine del mandato da Commissario europeo?
Paolo Gentiloni non si candiderà alle elezioni europee e studierà da “riserva della Repubblica”. Il Commissario agli Affari Economici dell’Unione Europea, già presidente del Consiglio dal 2016 al 2018 e esponente dell’ala moderata del Partito Democratico non correrà per un seggio a Strasburgo. Né per i dem né, come gli era stato offerto, per Il Centro, il cartello elettorale a cui pensa Matteo Renzi. Le prospettive di Gentiloni sono altre: oggigiorno un posto a Strasburgo, per Gentiloni, sarebbe una pensione dorata, nulla più. L’ex premier e già presidente del Pd, che a novembre compirà 70 anni, potrebbe saltare un giro oggi per tornare in campo domani. Sono molti i ruoli in cui è ipotizzato Gentiloni possa essere spendibile nei prossimi mesi e anni. Sicuramente si percepisce la volontà dell’ex premier di separare i suoi destini politici da quelli del Pd targato Elly Schlein, così poco pragmatico agli occhi della sua corrente progressista e centrista e in perenne sudditanza psicologica verso Giorgia Meloni da un lato e, soprattutto, lo scomodo alleato Giuseppe Conte dall’altro.
Gentiloni può federare il Pd
Nella corsa al Consiglio Europeo che è molto affollata di pretendenti italiani Gentiloni non appare desideroso di partecipare. L’ex premier indica da tempo nella volontà di tornare in Italia la sua priorità. Sposato da trentacinque anni con l’architetta Emanuela Mauro e senza figli, non ha nemmeno i proverbiali “nipotini” a cui badare. E da più parti il suo ruolo è ipotizzato come destinato a un discorso politico d’alto profilo. Nel mondo dem si indica in Gentiloni un possibile “salvatore della patria” in caso di naufragio della segreteria Schlein per un pessimo risultato alle Europee.
Gentiloni appare capace di avere quel physique du role che manca a figure dal profilo puramente amministrativo come Stefano Bonaccini: è indicato come in grado di saldare moderati e progressisti più radicali riscoprendo la “vocazione maggioritaria” e di apparire un perno anche per i movimenti a sinistra del Pd capace di convincere in un vero campo largo anche Azione e Carlo Calenda, con cui i rapporti sono eccellenti. Le spalle larghe degli attacchi di Meloni e dei suoi contro il Commissario Europeo e il risultato di un Patto di Stabilità che, nella versione proposta da Gentiloni, era più favorevole all’Italia di quello firmato dal governo sono per il cattolico di sinistra cresciuto tra il Liceo Tasso, la Sapienza, i legami con Legambiente e la sponda a Francesco Rutelli la garanzia migliore di una capacità di resistenza alla destra. Oggigiorno carente a Schlein.
Gentiloni, politico per un governo d’emergenza?
Ma non finisce qui. I ben informati a Roma, soprattutto durante l’ancora non troppo ben chiarita querelle sui presunti “governi tecnici” in preparazione al Quirinale di cui a ottobre ha parlato il Gruppo Gedi, hanno più volte indicato in Gentiloni il possibile uomo capace di guidare un esecutivo di emergenza in caso di shock economico, collasso dell’attuale maggioranza, necessità di un traghettatore.
Gentiloni avrebbe l’impronta di uomo del sistema capace di non apparire pienamente un tecnico ma è ritenuto, nelle strutture profonde dello Stato che fanno ancora in larga parte riferimento al Pd e hanno nel Quirinale il loro dominus, un uomo per tutte le stagioni capace di applicare un eventuale mandato presidenziale. Magari spogliato dell’appartenenza dem, per convincere in caso di necessità parte del centrodestra ad accorrere. Scenari remotissimi, per ora. Ma il 2024 difficile impone di pensare a ipotesi anche difficilmente prevedibili. Del resto, si ragiona a Roma, chi nel 2020 avrebbe mai pensato seriamente all’avvicendamento tra Conte e Mario Draghi?
Il Quirinale come prospettiva
In prospettiva, per Gentiloni restare in quota e restare a Roma significherebbe, tra le altre necessità, iniziare a lavorare per l’obiettivo più lontano e prestigioso: una sua nomination per succedere a Sergio Mattarella quando, tra cinque anni, si dovranno fare i conti con la successione alla “monarchia repubblicana” dell’attuale capo dello Stato. Una corsa lunga, in vista della quale l’accreditamento a riserva della Repubblica coinvolge molte figure. L’intramontabile Pierferdinando Casini e un altro big storico del Pd, Dario Franceschini, ci pensano. In casa centrodestra ci lavora Guido Crosetto. Pontiere tra mondi, Luciano Violante sogna di fare il pivot tra destra e sinistra come accade oggi nella galassia delle fondazioni di Leonardo. Carlo Nordio e Mario Draghi avranno entrambi, ai tempi, ben 82 anni ma non sono da considerare, per lo standing, fuori della partita. Gentiloni si può inserire, romano tra i romani, in questo prestigioso parterre con ambizioni da “riserva della Repubblica”. Accreditate dal passaggio a Palazzo Chigi e dalla lunga, turbolenta ma costruttiva permanenza alla Commissione europea negli anni della crisi pandemica e della ricostruzione delle regole europee. E dopo il suo ritorno a Roma tutti dovranno, in un modo o nell’altro, fare i conti con lui.