Perché questo articolo potrebbe interessarti? Nel caso in cui dovesse scoppiare una grave crisi tra le due Coree quale ruolo potrebbe ricoprire l’Italia? Spunti e lezioni dal passato. Quando Roma, pur senza partecipare alla Guerra di Corea, negli anni ’50 fornì supporto medico agli alleati occidentali inviando medici e infermieri. Gastone Breccia, autore di “Corea, la guerra dimenticata”, a True News: “Opzione nucleare? Non è realistica. Pyongyang potrebbe puntare su una guerra asimmetrica”
Il 2024 è iniziato da appena due settimane e Kim Jong Un, leader della Corea del Nord, ha già effettuato due test missilistici. L’ultimo, poche ore fa, ha coinvolto un nuovo missile a raggio intermedio a combustibile solido dotato di una testata ipersonica.
La situazione è preoccupante, visto che le due Coree sono ancora tecnicamente in guerra tra loro e che la Guerra di Corea è congelata dal 1953, sospesa da un armistizio ma non da un trattato di pace. Se dovesse scoppiare una nuova crisi, nel presente o nell’immediato futuro, quale potrebbe essere il ruolo dell’Italia?
“Innanzitutto l’Italia non ha partecipato alla Guerra di Corea perché all’epoca (1950-1953) non era ancora parte delle Nazioni Unite. L’intera missione occidentale era sotto la bandiera dell’Onu e Roma, anche volendolo, non poteva prendervi parte con truppe combattenti come invece hanno fatto altri Paesi. Oggi, nel caso in cui dovesse scoppiare una guerra, si creerebbe quasi sicuramente una coalizione occidentale per sostenere Taiwan, Corea del Sud, Giappone e Usa. Visto che si trova dall’altra parte del mondo, l’Italia potrebbe fornire un contributo più che simbolico inviando una piccola squadra navale. Credo che l‘unica proiezione plausibile della forza italiana possa consistere in questo”, ha spiegato a true-news.it il professore Gastone Breccia, storico militare e autore del libro “Corea, la guerra dimenticata” (2019, Il Mulino).
La nuova crisi coreana
Il contesto generale, come anticipato, è impregnato di tensione. Negli ultimi mesi la Corea del Nord ha rafforzato i rapporti con la Russia di Vladimir Putin e lanciato un satellite spia in orbita. Più di recente, Kim ha impartito all’esercito e all’industria militare del Paese di accelerare non meglio specificati preparativi bellici e dichiarato che la guerra nella penisola coreana “può scoppiare in qualsiasi momento”.
A cavallo dell’Epifania lungo il confine marittimo intercoreano sono andate in scena esercitazioni a fuoco vivo da parte del Nord, con oltre 200 proiettili di artiglieria sparati nei pressi delle isole sudcoreane di Baengnyeong e Yeonpyeong, e risposta da parte del Sud.
Allo stesso tempo, la Corea del Sud guidata dal conservatore Yoon Suk Yeol ha abbandonato la retorica diplomatica della precedente amministrazione Moon, lasciando intendere di non voler scendere a compromessi con Pyongyang.
E così, tra esercitazioni lungo il confine, bombardieri e sottomarini nucleari americani transitanti nelle basi militari del Sud, e un rafforzamento del coordinamento Washington-Seoul-Tokyo, in Corea la temperatura continua a salire.
Quale ruolo per l’Italia?
L’Italia, come detto, non ha partecipato alla guerra di Corea. Attraverso la Croce Rossa Italiana, Roma inviò tuttavia 128 medici, infermieri e ufficiali ad operare presso l’Ospedale da campo n. 68 nel distretto di Yeongdeungpo, nella parte occidentale di Seoul, dal 16 novembre 1951 al 17 gennaio 1955.
I volontari garantirono cure e assistenza durante il conflitto a più di 7mila persone, ricoverate nei 200 posti letto della struttura. Al termine del conflitto, nel 1953, la popolazione aveva ancora bisogno di cure mediche e quindi si decise pertanto di prolungare la missione fino al gennaio del 1955.
Ora che l’Italia fa parte dell’Onu cosa potremmo attenderci a fronte di una ipotetica grave crisi intercoreana? Al netto del possibile invio di un limitato contingente, Roma potrebbe forse giocare un ruolo diplomatico.
“In una fase preliminare, in cui dovesse emergere l’ombra di un conflitto nel Mar Cinese Meridionale, con trattative difficili tra Usa e Cina, ma anche tra Usa e Nord Corea, alcuni Paesi potrebbero proporsi come intermediari diplomatici. E l’Italia potrebbe essere uno di questi”, ha affermato Breccia.
L’Italia, non a caso, ospita sul proprio territorio sia l’ambasciata della Corea del Nord che della Corea del Sud. Nel gennaio 2000, ricordiamo, Roma annunciò l’apertura di relazioni diplomatiche ufficiali con Pyongyang. Artefice della svolta fu Lamberto Dini, all’epoca ministro degli Esteri italiano impegnato anche a mediare patti di riconciliazione con l’Iran e la Libia di Muammar Gheddafi.
“Il nostro ruolo di Paese più aperto al dialogo e meno strettamente allineato alla politica statunitense – almeno fino all’ultimo governo– potrebbe giocare a nostro vantaggio. In ogni caso stiamo ragionando di una crisi che, se dovesse davvero prendere forma, sarebbe veramente drammatica per le prospettive del mondo intero. Forse, più che l’Italia, potrebbero scendere in campo altre nazioni. Magari l’India, che però è troppo avversaria della Cina, quindi non so quanto Delhi potrebbe essere credibile come parte terza”, ha proseguito il professore.
Il rischio di un conflitto
Ma Kim ha davvero intenzione di lanciare un’offensiva contro Corea del Sud e Usa? “La Corea del Nord non ha le capacità per riaccendere un conflitto convenzionale. L’esercito nordcoreano, che è forte e non deve essere sottovalutato, in un conflitto convenzionale si troverebbe di fronte ad un avversario ancor più forte, le forze armate del Sud sostenute dagli Usa. Kim non avrebbe alcuna possibilità di vittoria se dovesse cercare di invadere il Sud”, ha dichiarato ancora Breccia.
Cosa può fare Pyongyang allora? “Ha due opzioni. La prima è l’opzione nucleare ma non la ritengo realistica. L’arma nucleare è soltanto un deterrente, uno spauracchio, un modo per fare pressione politica. L’altra opzione coincide con la guerra asimmetrica. Qui i nordcoreani sono forti. Si dice ci siano 200mila truppe speciali addestrate all’infiltrazione nel Sud, alla guerriglia, ad atti di sabotaggio, confondersi tra la popolazione sudcoreana. Questa è insomma l’unica opzione aggressiva plausibile per il Nord: scatenare una guerriglia in Corea del Sud. Ci sono centinaia di chilometri di coste nel Sud dalle quali possono sbarcare gli incursori del Nord”, ha sottolineato l’esperto.
“Non credo però sia nell’interesse di Pyongyang iniziare un conflitto simile. Il discorso cambierebbe qualora dovesse iniziare un conflitto con epicentro Taiwan. A quel punto la Corea del Nord potrebbe giocare di sponda con la Cina e fare un po’ di confusione nella penisola coreana avanzando operazioni di guerra irregolare. Sarebbe un modo per tenere occupati sudcoreani e statunitensi”, ha concluso Breccia.