Pronti, via ed è Trump-Ageddon alle primarie del Partito Repubblicano americano. Nel gelo dell’Iowa, Stato dell’America profonda investito in questi giorni da venti artici che hanno portato le minime a 20 gradi sotto zero, The Donald è partito nel migliore dei modi nella corsa alla sua terza nomination presidenziale. Senza storia la partita andata in scena nello Stato da 3 milioni di abitanti sparsi su una superficie che è la metà di quella italiana.
Il trionfo di Trump in Iowa
Trump ha vinto col 51,1%, più del doppio del 24,3% che conquistò nel 2016 piazzandosi al secondo posto nel suo esordio alle urne per il Grand Old Party. I caucus l’hanno visto fare cappotto: 99 contee su 99 sono state conquistate da Trump, che ha più che doppiato ogni avversario. Nel 2016, per fare un paragone, ne aveva conquistate solo 37. Venti, invece, i delegati ottenuti contro i sette del 2016.
🚨TRUMP TAKES EVERY COUNTY IN IOWA🚨
President Trump made history tonight!
He won all 99 counties in Iowa tonight!
He CRUSHED IT!
No Republican has ever won a contested Iowa Caucus by more than 12.8%.
Tonight, Donald Trump broke the record, and won by a cozy 30%.… pic.twitter.com/b8ARzttO7q
— Laura Loomer (@LauraLoomer) January 16, 2024
Al secondo posto si è piazzato Ron DeSantis, che ha ottenuto il 21% e otto delegati. Il governatore della Florida puntava sull’Iowa visto il numero elevato di elettori conservatori di provata fede evangelica e libertaria, un campo in cui l’uomo simbolo della destra anti-woke è popolare. I risultati non possono soddisfarlo: mai nel presente secolo un candidato repubblicano ha visto, al debutto delle primarie, un distacco così alto dal primo classificato. “Nonostante tutti i tentativi di DeSantis e dei suoi alleati evangelici di corteggiare il voto cristiano conservatore, Trump non solo rimane dominante nel gruppo, ma fa affidamento su di esso per alimentare il suo enorme vantaggio in Iowa”, nota Politico. Sottolineando che “una fazione critica del GOP che una volta ne bloccò l’ascesa qui nel 2016, gli evangelici, sono ora una delle ragioni principali per cui è così avanti”.
Haley mette la freccia: presto il sorpasso su DeSantis?
E in questo caso nemmeno la scaramanzia sembra aiutare DeSantis. La storia recente del Partito Repubblicano insegna che chi vince in Iowa alle primarie difficilmente ottiene la nomination. Nel 2008 nell’Hawkeye State John McCain, futuro vincitore delle primarie, fu solo quarto a venti punti da Mike Huckabee; nel 2012 Mitt Romney, secondo, fu battuto in volata per soli 34 voti da Rick Santorum; nel 2016, Trump fu secondo, superato di tre punti da Ted Cruz. Ma nessuno dei candidati aveva vinto con una forbice ampia: l’ultimo a superare i dieci punti di stacco sul primo concorrente fu George W. Bush nel 2000, iniziando la sua corsa alla Casa Bianca.
La piccola Iowa non è l’ago della bilancia in termini quantitativi ma detta l’agenda politica perché inizia a dividere tra i sommersi e i salvati della corsa alla nomination. E così il borsino dei candidati segna un trend positivo per Trump, che appare difficilmente battibile. Il barometro promette venti contrari per DeSantis, che non riesce a sfondare in un elettorato simile a quello dell’ex presidente. Mentre è da capire la posizione di Nikki Haley. L’ex ambasciatrice all’Onu e governatrice del South Carolina, scesa in campo solo a novembre col sostegno dell’ala mainstream del partito, ha ottenuto un buon 19%, arrivando terza.
L’obiettivo? Dare un senso alle primarie
Haley punta a sopravanzare DeSantis come alternativa a Trump nei prossimi voti: ci saranno il New Hampshire, dove Trump è meno forte, e la South Carolina da cui la politica repubblicana proviene. L’obiettivo è far montare un possibile contendente a Trump prima del Super Tuesday del prossimo 5 marzo, giorno in cui andranno alle urne 16 dei 50 Stati dell’Unione. Tra i quali spiccheranno Texas e California. Se Trump continuerà a veleggiare con percentuali che nei sondaggi non si vedevano, in primarie aperte, dai tempi di Ronald Reagan e George Bush padre, e manterrà la maggioranza assoluta delle preferenze il destino della corsa sembra però già scritto.
Nei suoi confronti, poi, è destinato a convergere anche il sostegno del quarto uomo in corsa, Vivek Ramasway, il venture capitalist di 38 anni, anarco-capitalista e libertario, che ha provato a mobilitare una candidatura a destra della destra. Quarto col 7,7% dei voti, Ramasway ha annunciato il ritiro e la convergenza dei tre delegati conquistati alle urne su Donald Trump. Il quale parte a gonfie vele verso la rivincita contro Joe Biden. In un Partito Repubblicano in cui si affacciano un turbine di volti nuovi l’unica certezza, ora, sembra essere proprio The Donald.