Perché leggere questo articolo? Il gruppo del Movimento Cinque Stelle si è in Europa ridotto di due terzi dal 2019 a oggi. Ecco la cronologia di una lunga diaspora.
Fabio Massimo Castaldo è stato solo l’ultimo degli esuli del Movimento Cinque Stelle al Parlamento europeo. Si è accasato altrove. Il politico siciliano, vicepresidente dell’emiciclo di Strasburgo dal 2017 al 2022 a cavallo tra l’era di Antonio Tajani e quella di David Sassoli, ha annunciato ieri il suo passaggio a Azione. Da Giuseppe Conte a Carlo Calenda, una traversata ai due opposti estremi delle forze d’opposizione progressiste al governo Meloni.
Gli “ultimi mohicani” dei Cinque Stelle a Strasburgo
Castaldo così facendo potrà doppiare il limite pentastellato dei due mandati e correre alle Europee sotto le insegne dei liberaldemocratici di Azione. Il suo addio è solo l’ultimo di una serie di defezioni che hanno notevolmente compresso la pattuglia di quattordici eurodeputati eletta nel 2019 dagli allora grillini con il 17,06% conquistato. Dei cinque eurodeputati rimasti al Movimento Cinque Stelle, solo quattro hanno finora mantenuto il seggio nel gruppo dei Non Iscritti in quota al partito che li ha eletti.
Tiziana Beghin e Laura Ferrara, al secondo mandato, Sabrina Pignedoli e Mario Furore, entrati a Strasburgo nel 2014: sono loro i “fedelissimi” del partito di Conte. Nel 2022 a loro si è aggiunta Maria Angela Danzi, subentrata a Eleonora Evi, dimessasi in quanto eletta alla Camera dei Deputati. La Evi, in quel momento, non era però da tempo più pentastellata: ha aderito a Europa Verde nell’aprile 2021 e aveva lasciato il Movimento quattro mesi prima.
Dai Cinque Stelle fughe verso ogni partito
A dicembre 2020, infatti, la Evi assieme a Ignazio Corrao, Rosa D’Amato e Piernicola Pedicini si è iscritta al gruppo dei Verdi Europei abbandonando il Movimento Cinque Stelle di cui da tempo rinfacciava l’eccessivo “governismo”. Si era nella fase finale del travaglio del governo Conte II e assieme ai siluri provenienti da destra da Matteo Renzi il Movimento subiva anche l’assalto alla diligenza dei suoi esponenti progressisti e ambientalisti. Critici anche del futuro appoggio pentastellato al governo Draghi. D’Amato e Corrao oggigiorno sono ancora indipendenti nei Verdi. Pedicini fa parte del Movimento Equità Territoriale di Pino Aprile, formazione che lotta contro misure quali l’autonomia differenziata, ritenuta penalizzante per il Sud Italia.
La percepita minorità di Conte nel governo di unità nazionale ha dato il via a altre spinte centrifughe in Europa. Marco Zullo si è iscritto al gruppo Renew Europe nel marzo 2021 e Isabella Adinolfi ha lasciato il Movimento per Forza Italia il mese dopo, aderendo al Partito Popolare Europeo. Un anno dopo Dino Giarrusso è uscito in polemica con Conte e si è, brevemente, accasato a Sud Chiama Nord. L’ex Iena ha poi ventilato l’ipotesi di un’adesione al Partito Democratico nella mozione di Stefano Bonaccini alle ultime primarie, poi non concretizzatasi. Vi è finita, invece, Daniela Rondinelli. Una delle due eurodeputate che a giugno 2022 seguirono Luigi Di Maio nella parabola “draghiana” di Insieme per il Futuro.
La sfida delle prossime Europee
La stampella governista del Ministro degli Esteri del governo Draghi vide in Ue la Rondinelli unirsi all’avventura assieme a Maria Chiara Gemma. Dopo il naufragio elettorale di Impegno Civico, la lista di centrosinistra nata dal gruppo di Di Maio, le due hanno cambiato rotta. Rondinelli ha preso la via del Nazareno. La Gemma, invece, ha scelto lidi totalmente opposti: quelli di Fratelli d’Italia e dei Conservatori europei.
La diaspora pentastellata, figlia dell’assenza di un gruppo di riferimento, invita a pensare che per molti eletti il Movimento sia stato un taxi. Ma alla prova dei fatti la rimonta di Conte alle Politiche 2022 e la tenuta della linea come più attivo leader di opposizione a Meloni nell’ultimo anno e mezzo hanno, con ogni probabilità, fatto cambiare idea a molti sulla loro fuoriuscita. Il salto della sponda politica, in Europa, è assai agevole. Ma salire sul carro sbagliato può pregiudicare carriere politiche in tempi brevi. E non è detto che per chiunque abbia lasciato i Cinque Stelle la strada sia quella di una ricandidatura nei loro nuovi partiti di destinazione. A Conte l’onere di costruire, in vista delle Europee di giugno, una classe di futuri eletti che sia, quantomeno, più fidelizzata al partito, e agli elettori che li hanno portati a Strasburgo, rispetto ai suoi predecessori.