Perché questo articolo potrebbe interessarti? Sembra aprirsi una crisi di governo in Sicilia, causata da nuovi malumori tutti interni al centrodestra. E se i tremori a Cagliari dei giorni scorsi hanno rischiato di destabilizzare la coalizione, a Palermo un eventuale terremoto avrebbe effetti devastanti. Intanto dal Pd esultano: “Quanto accaduto qui – afferma a TrueNews il capogruppo dem all’assemblea siciliana, Michele Catanzaro – dimostra che se le opposizioni lavorano compatte è possibile incalzare il centrodestra”.
Chiuso il caso Sardegna, il centrodestra sembrava essersi messo alle spalle i dissidi interni. E invece le grane adesso arrivano dall’altra grande isola. Lì dove, a parte il quinquennio di Rosario Crocetta, la coalizione è costantemente al governo dall’avvio della seconda Repubblica. In Sicilia la giunta regionale guidata da Rosario Schifani si è ritrovata nel bel mezzo di una bufera. A causarla la bocciatura del disegno di legge cosiddetto “salva ineleggibili” all’interno dell’Ars, l’Assemblea Regionale Siciliana. Il voto segreto ha permesso a membri della maggioranza di votare contro il ddl, aprendo uno squarcio molto ampio nel centrodestra. Con i rappresentanti locali di Fratelli d’Italia, partito che premeva per l’approvazione del documento bocciato, che ha disertato l’ultima riunione di giunta. Dal Pd si guarda con attenzione a quanto sta accadendo: “Di fatto si è aperta una grave crisi nella maggioranza”, ha commentato su TrueNews il capogruppo dem all’Ars Michele Catanzaro. Tutto questo può ora avere conseguenze anche al di là dello Stretto?
Il nuovo clamoroso fronte nel centrodestra
A Palermo, sotto il profilo numerico, la maggioranza di centrodestra sembrerebbe solida. La coalizione a sostegno di Schifani può contare su 40 deputati sui 70 complessivi seduti a Sala d’Ercole, sede dell’Ars. Qualcosa però nella giornata di mercoledì è andato storto. Tutto è iniziato nel pomeriggio, quando, dopo una delicata trattativa mediata dallo stesso Schifani, in aula è arrivato il discusso ddl salva ineleggibili.
L’esito della votazione finale è stato a dir poco clamoroso: tra assenti e deputati che hanno espresso parere contrario, alla maggioranza sono mancati dieci voti. Dall’altro lato dell’aula, l’opposizione ha votato compatta. Alla fine il computo totale è stato di 34 No e 30 Sì. Subito dopo nella maggioranza è partita la caccia ai franchi tiratori.
A Roma le notizie ricevute da Palermo sono piombate come un fulmine a ciel sereno. Ma nell’isola una deflagrazione del genere era nell’aria da tempo. A confermarlo ai nostri microfoni è stato il capogruppo del Pd, secondo cui il centrodestra non è in grado al momento di portare avanti l’azione di governo: “Sicuramente una crisi si è aperta – ha dichiarato Catanzaro – quanto successo in aula è molto grave ed importante. Ma questo succede quando si costruiscono le coalizioni solo per vincere”.
Inizio della crisi?
Il terremoto interno alla maggioranza non si è poi limitato al voto sul ddl bocciato. I riflettori, nel tardo pomeriggio, si sono infatti spostati da Sala d’Ercole a Palazzo d’Orleans, dove ha sede la presidenza della Regione. Qui Schifani ha riunito la sua giunta, impegnata a lavorare su un altro delicato documento: la nota con all’interno tutte le varie nuove nomine ai vertici della sanità dell’isola. Ma all’interno di Palazzo d’Orleans la squadra di governo non era al completo: mancavano i quattro assessori di Fratelli d’Italia. Circostanza che ha certificato lo strappo tutto interno al centrodestra.
Tra i corridoi palermitani adesso si prova a minimizzare: in particolare, l’assenza degli esponenti meloniani sarebbe da legare unicamente a un’urgente riunione convocata dal gruppo parlamentare di FdI dopo la sconfitta in aula. Ma Catanzaro dall’opposizione rincara la dose: “La crisi c’è – sottolinea – ed è evidente”.
Da Palermo a Roma, il possibile effetto domino della crisi
Quanto accaduto in Sicilia è più grave di quanto visto in Sardegna. Qui il braccio di ferro interno ha riguardato la scelta del candidato alla presidenza in vista del 25 febbraio, data del voto regionale. A Palermo invece lo strappo si è consumato dentro una maggioranza di governo, operativa da circa un anno e mezzo. Impossibile quindi che lo screzio si limiti ad avere risvolti unicamente locali. Il tappo è forse saltato per dissidi tra referenti regionali, ma il raggio della crisi ha un diametro ben più grande.
E riguarda, ancora una volta, la volontà di Fratelli d’Italia di avere un peso sempre più rilevante all’interno della coalizione. In proporzione al peso elettorale avuto alle scorse nazionali. Del resto, se a Cagliari il presidente del consiglio Giorgia Meloni ha imposto il fedelissimo Paolo Truzzu quale candidato alla regione, in virtù proprio della necessità avvertita da FdI di avere maggiore rappresentanza a scapito degli alleati, anche a Palermo i dirigenti locali del partito del premier rivendicano più spazio.
Così come sottolineato su LiveSicilia nelle scorse ore, l’insofferenza degli esponenti meloniali locali sarebbe tale da aver aperto crepe all’interno dello stesso partito. In poche parole, nel centrodestra in cerca di nuovi equilibri, come sottolineato su TrueNews il 9 gennaio scorso dal politologo Lorenzo Castellani, è possibile aspettarsi nuovi importanti tremori. Solo dopo l’attuale tornata elettorale, tra regionali ed europee, si potrà verificare se tali tremori si tradurranno in grandi terremoti oppure in scosse di assestamento. Certo è che se dovesse saltare la giunta Schifani a Palermo, a Roma correre ai ripari non sarà affatto semplice.
La Sicilia laboratorio politico del campo largo?
Il Pd dal canto suo non si sbilancia. A leggere le parole del capogruppo Catanzaro, i dem hanno fiutato l’aria e ora vogliano provare a rilanciare, senza però ammettere che forse un terremoto all’assemblea siciliana sarebbe in grado di creare dissesti anche a Montecitorio: “Ogni qualvolta che succede qualcosa in Sicilia – risponde Catanzaro – si parla di effetti anche nel resto del Paese, ma non so se questo sarà il caso. Senza dubbio le crepe nel centrodestra sono comunque evidenti”.
Ma a proposito dell’eterna nomina della Sicilia di “laboratorio politico d’Italia”, è lo stesso capogruppo del Pd a voler quasi suggerire la via maestra per sfruttare le divisioni nel centrodestra: “Qui a Palermo – dichiara ancora a TrueNews – è da mesi che l’opposizione è compatta, vota unita e porta avanti le stesse battaglie. Se mercoledì la maggioranza è caduta, è anche grazie al nostro lavoro”.
Gli altri partiti di minoranza potrebbero essere la soluzione
Secondo Catanzaro dunque, i dem devono lavorare assieme agli altri partiti di minoranza. Partiti che in Sicilia corrispondono al Movimento Cinque Stelle e alla lista dell’ex sindaco di Messina, Cateno De Luca: “Stiamo lavorando bene – rimarca ancora il capogruppo – partendo dai contenuti e non solo dai numeri, stiamo incalzando il governo regionale e i risultati si vedono”. Impossibile non notare un velato riferimento al cosiddetto campo largo, più volte rilanciato dal centrosinistra a livello nazionale ma ad oggi ancora lontano all’essere realmente attuato nello stivale. Da qui la domanda: le turbolenze in atto a Palermo, se nel centrodestra rischiano di causare strappi, al contempo potrebbero invece favorire il dialogo nel centrosinistra?