Perché questo articolo potrebbe interessarti? Sempre più aziende stanno chiudendo uffici, senza però far diminuire il personale: è la nuova concezione del lavoro, dove il dipendente chiede autonomia nella gestione del proprio spazio e del proprio tempo e l’azienda risparmia su affitti e altre spese. TrueNews ha intervistato Alessandro Donadio, esperto nell’organizzazione delle risorse umane.
Interi grattacieli vuoti, superfici equivalenti a 27 Empire State Building liberate dalla presenza degli uffici: non si tratta di uno scenario fantascientifico, né di un possibile effetto futuro legato a calamità. Al contrario, si tratta della mera realtà. A New York, secondo il New York Times, le aziende stanno lasciando progressivamente Manhattan. E non per andare in altre zone oppure per cercare uffici fuori dal traffico della Grande Mela. Più semplicemente, il fenomeno è da attribuire a un nuovo modo di concepire il lavoro che, in futuro, sarà sempre più distaccato dagli uffici.
Meno scrivanie quindi e meno locali da adibire a luogo di lavoro per i propri dipendenti. Accade negli Usa, ma anche in varie parti del pianeta. “Sta cambiando completamente la concezione stessa del lavoro – spiega a TrueNews Alessandro Donadio, filosofo del lavoro ed esperto di organizzazione e risorse umane – nel ‘900 tutto il lavoro era caratterizzato da due elementi in qualche modo prestabiliti: lo spazio e il tempo. Oggi c’è l’esigenza avvertita di gestire in modo più o meno autonomo sia lo spazio di lavoro che il proprio tempo”. Più quindi si andrà avanti e meno sarà necessario, per grandi e piccole aziende, avere spazi da destinare alle scrivanie dei propri dipendenti. I quali, probabilmente, avranno modo di scegliere in maniera più indipendente luoghi e orari di lavoro.
Una scelta irreversibile
Andando a guardare quanto sta accadendo nel nostro Paese, nelle scorse settimane ha destato clamore la scelta di Unicredit di liberare i venti piani di una delle torri di piazza Gae Aulenti, a Milano. Un immobile quest’ultimo di proprietà del gruppo Coima, in cui fino a pochi mesi fa si accomodavano molti dei dipendenti della sede amministrativa meneghina della banca. I locali sono stati subaffittati, mentre gli uffici sono stati portati nella torre dirimpettaia.
L’azienda però non ha annunciato tagli al personale o riduzione dell’organico: “Molti dipendenti che avevano l’ufficio in quella torre – ha dichiarato su TrueNews una fonte di Unicredit – non avevano rapporti con il pubblico, svolgevano ruoli amministrativi. Dunque, si è preferito accordare loro una modalità di lavoro in smart working e per altri invece si è trovata altra sistemazione più adeguata”. Si parla quindi di ottimizzazione: visto che alcuni lavori possono essere fatti da casa oppure eseguiti in strutture diverse dai “classici” uffici, allora si è preferito liberare spazio.
Di scrivanie, in poche parole, ne servono sempre meno. A dimostrarlo sono le decisioni prese anche da altre grandi aziende che a Milano hanno investito molto su grandi e avveniristiche sedi. Così come sottolineato dall’edizione locale del Corriere della Sera, Bnp Paribas ha deciso di affittare almeno due piani della cosiddetta “Torre Diamante”. Mentre Intesa Sanpaolo nel suo ultimo piano industriale ha previsto il ridimensionamento dell’utilizzo degli spazi della “Scheggia”, sede dei suoi uffici milanesi.
“Si tratta di una scelta irreversibile da parte degli attori impegnati nel mercato del lavoro – ha commentato Alessandro Donadio – io faccio sempre questo esempio: quando il dentifricio esce fuori dal tubetto, non è più possibile rimetterlo dentro. Oramai il trend è quello di tagliare gli spazi destinati ai classici uffici, ci sono esigenze e rapporti diversi sia all’interno delle aziende che tra gli stessi dipendenti”.
Come saranno gli uffici del futuro
Chi esce dagli uffici può gestire in modo più autonomo il proprio spazio e il proprio tempo da destinare al lavoro: “Se un programmatore collabora con un’azienda statunitense – sottolinea Donadio – di certo al suo datore dall’altra parte dell’oceano poco importa da dove lavora il collaboratore. E quest’ultimo può scegliere in modo più autonomo la sede in cui lavorare”. Il dipendente gestisce la propria vita in modo più libero, senza precisi vincoli. L’azienda, dal canto suo, può anche attuare importanti risparmi e tagliare importanti capitoli di spesa nei bilanci.
Una sorta di vittoria per entrambe le parti, circostanza che potrebbe aver inciso nello sviluppo dello smart working e di forme alternative di lavoro. “Abbiamo lasciato locali per i quali si pagava un affitto – ha dichiarato ancora la fonte interna a Unicredit – e stiamo usando unicamente locali di proprietà. Inoltre stiamo subaffittando gli uffici della torre lasciata libera. C’è quindi un risparmio ma anche un guadagno”.
L’ufficio però, inteso come spazio in cui poter lavorare e in cui poter fissare una sede aziendale, non sparirà del tutto: “Semplicemente, cambierà la concezione di ufficio – ha proseguito Donadio – ci saranno meno spazi volti ad accogliere personale e più spazi invece per servizi da offrire a chi vive la sede”. Ci sarà sempre infatti una parte del personale che avrà bisogno di avere una sede fissa, ma anche per chi sceglie forme alternative l’ufficio sarà comunque utilizzabile: “Si andrà in sede magari per delle riunioni, oppure per incontrare alcuni colleghi o più semplicemente per socializzare”, ha aggiunto Donadio.
Negli uffici del futuro ci saranno quindi open space, sale riunioni, ma anche i cosiddetti “spazi verticali” destinati allo svago dei dipendenti fissi in sede oppure occasionalmente presenti. Chi esce di casa per andare a lavorare quindi, vedrà nell’ufficio uno spazio di socializzazione dove saranno offerti servizi che vanno oltre l’ambito lavorativo: “In alcune sedi anche qui in Italia – ha voluto sottolineare Donadio – ci sono uffici con all’interno spazi per la ristorazione o sale dove si può ascoltare musica o anche suonare la chitarra”.
Un fenomeno diffuso a macchia di leopardo
Quanto descritto è già oggi realtà oppure si tratta di mere previsioni future? A questa domanda, Donadio risponde in modo netto: “In parte è realtà e in parte no – dichiara – in Italia ancora questa nuova concezione di ufficio è diffusa a macchia di leopardo”. Le grandi aziende sarebbero in gran parte oramai concentrate nell’attuare questo tipo di transizione, mentre piccole e medie imprese ancora faticano a stare al passo con i tempi. A sorpresa, come sottolineato ancora da Donadio, c’è invece una buona parte della pubblica amministrazione che sta puntando molto sulla nuova concezione del lavoro.
“Il Covid ha accelerato tutto questo – ha concluso Donadio – ma in realtà in tutto il mondo la spinta allo smart working e alla nuova concezione di ufficio c’era già da tempo. Oggi soprattutto i giovani per prima cosa chiedono se è previsto lo smart working e se sarà quindi possibile gestire in modo autonomo spazio e tempo di lavoro. E preferiscono, in caso di risposta contraria, declinare la proposta di lavoro”.