Tramonta sempre più il mito del posto di lavoro ideale in una Big Tech, che fino a qualche anno fa era il sogno della Generazione X o dei Millennials: le grandi aziende del campo tecnologico offrivano impieghi desiderabilissimi perché, oltre ad essere realtà in forte espansione, mettevano a disposizione tanti benefit e avevano un’importante attenzione al work life balance. Orari flessibili, smart working, nidi aziendali, palestre, piscine, spazi per il relax, originali attività di team building, e chi ne ha più ne metta. Oggi non solo non ci sono più tutti questi vantaggi, ma c’è anche molta precarietà. Altro che posto fisso…
Big Tech, tagliati 34.000 posti di lavoro nel 2024
Nel 2024, quindi in questo primo mese e mezzo trascorso a partire dal 1° gennaio, le aziende tecnologiche hanno soppresso 34.000 posti di lavoro. Un taglio con l’accetta, che arriva dopo un anno già duro come il 2023, quando in campo tecnologico, anche in gruppi come Meta, Amazon e Microsoft, sono scomparsi 263.000 posti, come emerge dai dati di Layoffs.fyi, sito che monitora il settore, riportati dal Financial Times.
In queste settimane altri colossi, tra cui Snap, eBay, Alphabet e PayPal, hanno eliminato centinaia o migliaia di ruoli ciascuno. E ancora: Google ha licenziato diverse centinaia di dipendenti, mentre Amazon dirà addio al 35% dei dipendenti di Twitch e ad altre centinaia di persone che fanno parte degli staff Prime Video e Amazon Mgm Studioso. Le aziende stanno rivalutando le aree prioritarie di investimento e tagliando posizioni in divisioni costose, ma non fondamentali, come ha affermato Daniel Keum, professore associato di management presso la Columbia Business School.
Perché le Big Tech tagliano posti di lavoro
Il motivo? La pandemia è stato un periodo di assunzioni sfrenate, determinate da un notevole aumento della domanda di servizi digitali durante i vari lockdown, che però non si è tradotto in uno stile di vita diffuso e duraturo, o comunque si è trattato di un trend che poi ha perso parte della sua intensità. Per questo motivo ora si cerca di riorganizzare la forza lavoro per investire risorse in nuove aree, in primis quella dell’intelligenza artificiale generativa, in modo da prepararsi a una nuova fase di crescita, come spiegano gli analisti intervistati dal Financial Times.
Se tra il 2019 e il 2023 sono stati creati 900.000 posti di lavoro, con Meta, Amazon, Microsoft, Google e Apple che attualmente impiegano 2,16 milioni di persone, il 71% in più rispetto a prima della pandemia, oramai è in corso la fase dell’attenzione ai costi, che gli azionisti apprezzano.
Come far crescere i profitti
Contemporaneamente le grandi aziende tecnologiche hanno messo a segno un aumento dei profitti di ben 10 miliardi di dollari grazie a una modifica contabile alla stima della durata dei server, ovvero all’estensione della lunghezza di vita ipotizzabile per le apparecchiature tecniche. Nell’ambito della contabilità finanziaria, infatti, le aziende stimano la durata dei beni per calcolare quanto velocemente svalutarli, influendo sull’importo che addebitano ogni anno ai profitti.
E così, la società madre di Google, Alphabet, ha ridotto i costi di ammortamento estendendo la vita lavorativa dei suoi server e delle apparecchiature di rete rispettivamente da quattro e cinque anni a sei anni, risparmiando 3,9 miliardi di dollari nel 2023 e aumentando l’utile netto di 3 miliardi di dollari per anno, secondo i calcoli. Allo stesso modo Microsoft ha deciso che i suoi server dureranno sei anni, non quattro, il che ha aumentato il suo reddito netto di 3 miliardi di dollari lo scorso anno; la settimana scorsa la società ha affermato che “i progressi tecnologici” e la “maggiore efficienza” nel modo in cui gestisce le sue apparecchiature hanno permesso di prolungarne la vita stimata. Altro esempio è quello di Amazon, che ha migliorato i propri ricavi di 2,8 miliardi di dollari nel 2022 grazie a una riduzione dei costi di ammortamento di 3,6 miliardi di dollari e all’estensione della vita dei suoi server da quattro a cinque anni.
Il caso della società SAP
Tornando ai piani di riduzione dei dipendenti, emblematico è il caso della società di software aziendale SAP, come racconta sempre il Financial Times: a gennaio l’azienda ha presentato una “trasformazione a livello aziendale” che includerà l’eliminazione di circa 8.000 posti di lavoro, mentre aumenterà l’attenzione sull’intelligenza artificiale. Il numero dei dipendenti, però, alla fine del 2024 dovrebbe essere “simile ai livelli attuali”, perché questa non sarà “una perdita netta di posti di lavoro, ma più una riqualificazione”.
“Dobbiamo diventare più efficienti declassando alcune delle attività esistenti, ma dobbiamo anche investire nelle novità”, ha affermato a sua volta l’amministratore delegato di Spotify, Daniel Ek. Non resta che stare a vedere.