Perché questo articolo potrebbe interessarti? L’Europa intende rendere la sua economia green e sostenibile. Nel farlo Bruxelles deve però fare i conti con alcune criticità sistemiche. Come nel caso dei pannelli solari, i quali – quasi tutti made in China – rischiano di accrescere la dipendenza del continente dalla Cina.
Avere un’economia sostenibile ma, al tempo stesso, limitare la dipendenza strategica da attori esterni. L’Unione europea è alle prese con un obiettivo complesso, forse addirittura inattuabile a giudicare dalle criticità sistemiche che affliggono il Vecchio Continente. Già, perché su questo fronte l’Ue dipende sostanzialmente dalla Cina. È da qui, infatti, che proviene gran parte dei prodotti green utilizzati nell’intera Europa. Compresi i pannelli solari.
Ecco, dunque, l’ultima, delicatissima partita economica dell’Ue. Che, per accelerare l’installazione dei citati dispositivi all’interno dei suoi Paesi membri, sta creando una nuova schiacciante dipendenza di Bruxelles: quella dai pannelli made in China.
In un simile scenario i produttori europei, pressati dalla concorrenza dei bassi prezzi cinesi, chiedono a gran voce un sostegno di emergenza. L’Italia, intanto, procede a fari spenti e sogna di trasformarsi nella regina dei pannelli solari del continente. Entro la metà del 2024, a Catania, sarà ampliata la Gigafactory 3Sun controllata da Enel. L’obiettivo di Roma consiste nel trasformare la struttura nella più grande fabbrica di pannelli solari d’Europa.
L’Italia si inserisce nella corsa ai pannelli solari
Certo, il solo ampliamento della Gigafactory 3Sun – investimento dal valore di 600 milioni di euro – non sarà sufficiente, da solo, ad eliminare la dipendenza dell’Ue dalla Cina. Potrà però iniziare a mitigarlo con un progetto concreto.
La fabbrica work in progress dovrebbe passare dall’attuale capacità produttiva di 200 megawatt annui ai circa 3 gigawatt. Calcolatrice alla mano, si tratta di un aumento pari a 15 volte. La struttura svilupperà inoltre moduli fotovoltaici basati sulla cosiddetta tecnologia ad eterogiunzione di silicio. Salvo poi, in una seconda fase, passare ad una tecnologia più innovativa denominata Tandem, rendendo i prodotti più affidabili e incrementandone la resa del 30%.
“La nostra scommessa è che Catania diventi uno dei centri di produzione di pannelli solari più importanti in Europa, e il governo italiano vuole fare la sua parte”, ha recentemente dichiarato il primo ministro italiano Giorgia Meloni dopo aver visitato gli impianti di 3Sun.
L’Europa tra rischi e obiettivi
Negli ultimi tre anni sono stati collegati alle reti elettriche dell’Ue quasi tanti pannelli solari quanti ne erano stati collegati dall’inizio del secolo. E cioè da quando era nata questa industria. Entro il 2030 l’Unione europea punta poi a triplicare il numero di pannelli solari installati, coprendo un’area più grande di 300mila campi da calcio. O anche due dozzine di volte più grande di Parigi, per rendere meglio l’idea.
Non è però tutto oro quel che luccica, visto che le aziende europee che producono i suddetti pannelli sono sull’orlo del fallimento. Il motivo? Lo ha scritto nero su bianco l’Economist: “Il boom solare europeo è in realtà un boom cinese riconfezionato”.
I numeri parlano chiaro: il 95% dei moduli installati nell’Ue sono importati dalla Cina. Non un Paese qualunque, ma il produttore dominante a livello mondiale che può sfornare questi e altri beni a prezzi imbattibili.
La tempesta solare cinese
L’industria europea dei pannelli solari ha lasciato intendere che mancano solo poche settimane prima che il settore imploda. “Potremmo perdere la maggior parte dell’industria europea nei prossimi due mesi se non ci sarà un forte segnale politico”, ha dichiarato Victor Jack Johan Lindahl, segretario generale dell’European Solar Manufacturing Council (ESMC).
La Commissione europea ha avviato colloqui in fase iniziale per discutere come aiutare i produttori, ma al momento non ha ancora assunto impegni concreti. Gli stessi produttori stanno quindi esercitando pressioni per ottenere restrizioni alle importazioni, o almeno sussidi per restare a galla.
Basti pensare che i pannelli cinesi vengono venduti a circa alla metà del costo di quelli made in Eu, grazie al basso costo della manodopera e dell’energia cinese, ma anche all’ampio sostegno statale che Pechino ha garantito al settore. Le aziende cinesi controllano oltre l’80% della catena di fornitura globale di pannelli solari in silicio. L’Ue, invece, ha prodotto appena il 3% dei pannelli solari installati lo scorso anno.
Insomma, Bruxelles intendeva diventare più resiliente e smarcarsi dall’approvvigionamento di gas russo affidandosi anche ai pannelli. Di questo passo rischia di cambiare semplicemente fornitore di dipendenza: dalla Russia alla Cina.