Giorgia Meloni è la grande sconfitta delle elezioni in Sardegna. Onori e oneri del comando: passare in 48 ore dal solenne e toccante discorso all’aeroporto di Gostomel, a Kiev, nel secondo anniversario dell’invasione dell’Ucraina a dover inseguire le sezioni di Decimomannu, Orosei e Sanluri fa parte della girandola del governo. “Io sono Giorgia” ha fatto delle regionali in Sardegna una prova di forza.
Sardegna, l’azzardo di Meloni
Lei, come avevamo anticipato prima che la notizia diventasse di dominio pubblico, ha spinto per il cambio di cavallo e per la sostituzione di Christian Solinas con il sindaco di Cagliari Paolo Truzzu. E sempre Meloni ha chiesto questa candidatura per colorare del blu di Fratelli d’Italia l’isola dei nuraghi, aprendo un risiko che ha terremotato tutte le altre candidature politiche per le Regionali. Meloni parimenti ha provato un braccio di ferro rischioso: ha sperato che il suo consenso personale bastasse a portare alla vittoria Truzzu, sindaco ben poco amato nella sua stessa Cagliari e staccato da Alessandra Todde nel capoluogo di quasi venti punti.
Tutto questo non è riuscito e Meloni deve prendersi le responsabilità di molte “prime” decisamente sgradite. Per la prima volta dal 2020, quando Vincenzo De Luca e Michele Emiliano difesero Campania e Puglia, il centrodestra perde un’elezione regionale. Nel 2023 Lazio, Lombardia, Molise, Provincia Autonoma di Trento e Friuli Venezia Giulia erano andate tutte al centrodestra. Di più, mai una regione amministrata dall’asse Fratelli d’Italia-Forza Italia-Lega era stata persa dal centrodestra dal 2015 a oggi. E, en passant, mai lo era stata contro un candidato del Movimento Cinque Stelle. Il quale era stato sconfitto dal centrodestra nel 2017 in Sicilia e nel 2018 in Molise per pochi voti quando la sua stella era ai massimi. Ma vince ora, in asse col Partito Democratico primo partito dell’isola, in Sardegna.
Todde ha scelto Meloni come bersaglio
Il governo non è a rischio immediato per questo esito e abbiamo invitato a non sopravvalutare questa elezione. Però bisogna aggiungere un’asimmetria che non può non preoccupare Meloni: per il campo largo progressista in Sardegna il bersaglio, prima ancora di Truzzu, era la stessa premier. Todde l’ha attaccata definendo “fascista” il suo governo e, nel quadro generale di disaffezione dalla destra dopo gli anni di giunta Solinas, questo leitmotiv ha accompagnato il finale della campagna elettorale. Il cui nume tutelare, per la sinistra, è stata Michela Murgia, sardissima anche lei, evocata nel ricordo dalla Todde quando Truzzu, polemicamente, l’aveva definita non degna di ricevere l’intitolazione di una via.
Con Truzzu assistiamo al primo, duro, stop di un membro del clan più stretto del potere meloniano. Un campanello d’allarme: durante la giornata del 26 febbraio il lento spoglio che certificava la rimonta di Todde e la fine del “miraggio” della vittoria di Truzzu, che a molti avrà ricordato la sconfitta al rallentatore di Donald Trump in molti Stati Usa nel 2020, si accompagnava al palleggio nel centrodestra per le responsabilità. E il fatto che, come riporta Repubblica, a fine serata una furibonda Meloni avrebbe attaccato la Lega per il voto disgiunto sfavorevole a Truzzu dà l’idea del nervosismo.
Occhio all’Abruzzo…
Quello in Sardegna è il primo stop elettorale per Meloni dal settembre 2022 a oggi. Di per sé è un flop in un trend generalmente positivo a Fdi. Destinato a esser problematico solo laddove emergesse un trend di più sconfitte di candidati meloniani. In quest’ottica per Fdi e la destra sarà vitale difendere, tra due settimane, l’Abruzzo dove Marco Marsilio (Fdi) sfiderà l’ex rettore dell’Università di Terano Luciano D’Amico, alla guida di un “campo larghissimo” che va da Italia Viva ai Cinque Stelle, da Azione ai Verdi passando ovviamente per il Pd. In Abruzzo la Sardegna si può esorcizzare. Oppure si posso aggiungere nuove nubi per Fdi e Meloni. I quali inizieranno a vedere, e questo è indubbio, con crescente apprensione le stesse dinamiche interne alla propria coalizione qualora arrivasse una seconda sconfitta.