Perché leggere questo articolo? Il deputato al Parlamento europeo della Lega, Matteo Adinolfi, commenta il caso di dossieraggio. Che lo coinvolge direttamente, come vittima
Un mercato di notizie riservate, il filone segreto e una certezza: Pasquale Striano non era solo. La Procura di Perugia in merito allo scandalo dossieraggio procede e i riflettori sono accesi sull’ufficio Sos (Segnalazioni di operazioni sospette) della Direzione nazionale antimafia che, nel corso di due anni, ha effettuato circa 800 accessi illeciti alle banche dati che riguardano politici, vip, personaggi pubblici e del mondo della finanza. In merito a questo caso ne abbiamo parlato con Matteo Adinolfi, europarlamentare in quota Lega e vittima dello “spionaggio”. Ecco cosa ci ha raccontato.
Il governo vuole sapere se «c’è un regista» e «un disegno generale» dietro alle migliaia di informazioni che avrebbe raccolto illegalmente il finanziere Pasquale Striano. È d’accordo? Perché?
Sì, sono d’accordo. Questa vicenda è preoccupante e per molti versi inquietante, un attacco alla democrazia inaccettabile che nessuno può permettersi di sottovalutare, ignorare o ancora peggio minimizzare. Lo affermo da parte lesa, in quanto apparso nell’elenco delle persone spiate, ma anche da eletto nelle istituzioni e da libero cittadino. E’ gravissimo e va fatta la massima chiarezza su questo scandalo.
Il procuratore nazionale antimafia Melillo sostiene che Striano non può avere fatto tutto da solo. Secondo lei c’era quindi una rete, un sistema?
E’ obiettivamente difficile pensare che dietro tutto questo ci fosse una persona sola, ma abbiamo fiducia nelle istituzioni che stanno indagando e ci auguriamo che tutta la verità esca allo scoperto quanto prima. Alcuni sembrano sottovalutare la gravità dei fatti: se fosse successo qualcosa di simile a parti opposte, con l’ipotetico coinvolgimento di media di centrodestra e politici di sinistra spiati, ci sarebbero le proteste in piazza e sarebbe già intervenuta l’Unione Europea con risoluzioni di condanna sullo Stato di diritto. Devono venire fuori i nomi di mandanti e di tutte le persone coinvolte, a tutti i livelli.
Nel caso in cui, appunto, ci fosse stato un sistema dietro al “mercato degli spioni” a chi bisognerebbe chiederne conto? Forse al precedente direttore della Dna De Raho, oggi deputato dei Cinque Stelle.
Lasciamo che chi indaga vada fino in fondo. Noi ci limitiamo a chiedere che sia fatta luce, subito.
La possibilità che questa sia solo la punta dell’iceberg e che ci fosse un sistema capace di penetrare all’interno della procura Antimafia, non и l’unico elemento di preoccupazione. La mole di informazioni, infatti, suggerisce che possa esserci «una sorta di mercato parallelo delle informazioni riservate». Lei come la vede?
Stiamo parlando di migliaia di italiani – politici, certo, ma non solo – spiati e oggetto di dossieraggio nel proprio privato, è un elemento di una gravità estrema, non si ricordano precedenti nel dopoguerra, roba da dittatura sudamericana. E l’ipotesi di un mercato parallelo delle informazioni riservate rende tutto ancora più inquietante. La privacy degli italiani va protetta, sempre: noi siamo pronti a portare avanti questa battaglia in tutte le sedi, in tutte le istituzioni, in Italia e anche a Bruxelles.