Perchè leggere questo articolo? L’assoluzione di Tiziano Renzi ed altre figure vicinissime all’ex premier non porterà chi attaccò ferocemente il leader di Italia Viva a fare pubblica ammenda. Anche perchè il rapporto tra Renzi ed i giornalisti è da sempre burrascoso
“Sono sconvolto dal silenzio di chi dovrebbe oggi parlare e tace per viltà”: è questo uno dei passaggi più duri del commento del leader di Italia Viva Matteo Renzi sulle assoluzioni per il caso Consip. Vicenda esplosa nel 2016 e che ha visto indagato tra gli altri – ed ora assolto – suo padre Tiziano Renzi. Una inchiesta che per lunghissimo tempo campeggiò sulle prime pagine dei giornali, finendo inevitabilmente per indebolire e logorare politicamente lo stesso Renzi. Ora le accuse si sono dissolte. Ma il rilievo che alla notizia viene dato è infinitamente inferiore a quello di quando emersero le imputazioni nei confronti di Renzi senior. Ed anche questa volta pare non ci sia la fila nelle redazioni – alcune anche insospettabili – nel chiedere le scuse all’ex premier per il modo in cui il caso fu lungamente cavalcato.
Renzi, il dibattito Viola-Gomez all’interno del Fatto
“Lo scandalo Consip è stato una montatura mediatica per massacrarci sette anni in tutti i talk, ma il Fatto non sussiste. Non sussiste, è chiaro? SUSSISTE e INSISTE Il Fatto Quotidiano“, annota lo stesso Renzi nella sua newsletter Enews mettendo subito in chiaro chi ritiene essere stato il principale accusatore. Sul quotidiano di Marco Travaglio c’è stato un botta e risposta tra Andrea Viola, esponente sardo di Italia Viva e autore di un blog ospitato all’interno dell’edizione online della testata, ed il direttore Peter Gomez.
Viola ha scritto: “Era il lontano 2016 e su questo caso palesemente fasullo e anomalo si sono fatte intere stagioni delle solite trasmissioni televisive e si sono scritte pagine e pagine sui soliti quotidiani. Il tutto poi condito con la colata di fango sui social e in rete (…) Le scuse per tutte queste pagine piene di calunnie nei confronti di Matteo Renzi non bastano più. Ci vorrebbero giorni e giorni di trasmissioni dove si ripristinasse la verità e si potesse finalmente parlare di temi veri che interessano ai cittadini”. Viola non può ignorare che in prima fila tra i “soliti quotidiani” ci sia stato proprio quello che ospita il suo blog.
Circostanza che non ignora Gomez. Il quale nella sua replica ha potuto tuttavia solo abbozzare: “Le indagini non erano insomma fasulle. Del marcio in questa storia c’era: lo certifica persino la sentenza di assoluzione. Ma come sempre è stato necessario attendere il processo (da noi seguito in ogni fase) per capire quale fosse per il collegio di primo grado la verità giudiziaria”.
Renzi-Consip, la “crociata” del Fatto Quotidiano
Sono in particolare il direttore Marco Travaglio ed il giornalista Marco Lillo ad aver portato avanti la linea del Fatto sulla vicenda Consip. Entrambi erano già stati condannati in distinti procedimenti per diffamazione avviati da Renzi. Così i giudici nell’ottobre del 2023 motivando la condanna a 80mila euro per danni comminata a Travaglio: “Può ritenersi provata la perpetrazione di una campagna diffamatoria contro Matteo Renzi da parte de Il Fatto Quotidiano poiché la grande mole di articoli e prime pagine in cui il suo nome viene accostato ad indagini, inchieste e a fatti illeciti relativi alle cinque vicende giudiziarie sopra menzionate, considerati complessivamente, esprimono una preordinazione complessiva a denigrare la persona di Matteo Renzi e non già a criticare la sua attività di politico”. Ma non meno agguerrito è stato Davide Vecchi, oggi direttore de Il Tempo ma all’epoca cronista giudiziario del Fatto. Nonchè autore di ben due libri, non proprio lusinghieri, sull’ex leader del Pd.
L’assoluzione di Romeo ignorata dai giornali
L’esito della vicenda Consip aveva avuto come preludio nel gennaio del 2023 l’assoluzione di Alfredo Romeo (oggi editore de l’Unità e Il Riformista) dall’accusa di turbativa d’asta nell’ambito della gara Fm4 indetta da Consip. Notizia alla quale aveva dato ampio risalto proprio Il Riformista, all’epoca guidato dallo stesso Renzi che ne fu direttore per dieci mesi. E già allora qualche sassolino dalla scarpa era stato tolto. Scriveva Piero Sansonetti del silenzio delle altre testate: “Sul Giornale c’è un trafiletto a pagina 9 (…) sugli altri quotidiani nulla o quasi”. Quando altra era stata la copertura all’emergere delle accuse. Questi alcuni dei titoli: Repubblica: “Corruzione ad altissimo livello”. Ed il Corriere della Sera, a firma Giovanni Bianconi: “Così Romeo arrivò ai politici”.
La passione di Renzi per le querele: ma a volte va bene, a volte no
Ma è lungo l’elenco di giornalisti che, per la vicenda Consip o altri casi come quello legato alla Fondazione Open, hanno avuto scontri al vetriolo con Matteo Renzi. Diversi di loro hanno poi incrociato la loro strada in tribunale con il leader di Italia Viva. Uomo dalla querela facilissima. Ne sa qualcosa anche Massimo Giannini, direttore della Stampa ai tempi della polemica sui viaggi a Dubai di Renzi. A seguito di un viaggio in Himalaya fu invece querelato TPI, nelle persone del direttore Giulio Gambino e del giornalista Luca Telese. Ma non andò bene a Renzi, che non convinse i giudici.
Finale analogo per la querela nei confronti di Fiorenza Sarzanini del Corriere e autrice di un articolo sul caso Open non gradito a Renzi. Il quale chiese 200mila euro di danni finendo tuttavia per prendersi la dura reprimenda del giudice Susanna Zanda del tribunale di Firenze. Secondo la quale la somma pretesa “al di là della infondatezza della domanda, ha una palese e ingiustificata carica deterrente, specie ove collocata nell’alveo di iniziative volte ad usare il tribunale civile come una sorta di bancomat dal quale attingere somme per il proprio sostentamento, anche quando lo si coinvolge senza alcun fondamento”.
Renzi e i giornalisti, una inimicizia di vecchia data
Insomma, se oggi diversi fanno particolarmente fatica ad ammettere che nel trattare la vicenda Consip ci siano state storture e distorsioni, un po’ è anche per il cattivo sangue che corre tra Renzi e la categoria dei giornalisti nel suo complesso. Una antipatia che ha radici lontane. Tanto che già nel 2015, nel pieno del suo premierato, Renzi dichiarava candidamente: “La mia posizione sull’ordine dei giornalisti è nota: io sarei per abolirlo”.