Perchè leggere questo articolo? Il nostro appetito per i polli è ciò che resterà di noi quando non saremo più su questa Terra. Le ossa di questi volatili, di cui consumiamo 65 miliardi di esemplari all’anno, diventeranno fossili e, insieme a plastica e radiazioni, racconteranno chi siamo stati. E come abbiamo impattato sulla loro genetica e sul resto dell’ecosistema.
Frammenti di plastica e ossa di pollo. Sarà questa l’eredità fossile della nostra civiltà. Secondo uno studio guidato dalla biologa dell’Università di Leicester Carys Bennett, i resti dei miliardi di polli da allevamento macellati ogni anno per l’industria alimentare costituiranno una delle tracce più significative dell’attuale era. Quella caratterizzata dalle trasformazioni terrestri dovute all’attività umana, e che sempre più scienziati identificano come Antropocene.
Anche se, in realtà, non è ancora considerata un’epoca geologica, l’Antropocene è un evento culturale indubbiamente in corso. Le manipolazioni che l’umanità ha effettuato sulla genetica di questi volatili ne sono una prova. Proprio le ossa dei polli, schiacciate in discariche, private di ossigeno e quindi fossilizzate per milioni di anni, racconteranno la presenza dell’Uomo sulla Terra. Insomma, se non sopravviveremo non c’è da preoccuparsi. I posteri (o magari gli alieni…) troveranno la nostra firma sul Pianeta: plastica, radiazioni e le ossa dei miliardi di polli che ci siamo mangiati.
L’esistenziale dibattito sull’Antropocene
Contrordine, non siamo nell’Antropocene. Dopo quindici anni di acceso dibattito tra geologi, la Subcommission on Quaternary Stratigraphy, parte del comitato internazionale Anthropocene Working Group, ha stabilito che – per ora – non siamo nell’Antropocene, nel senso tecnico del termine. Non esisterebbero infatti abbastanza prove o eventi spartiacque che attestino il passaggio a una nuova epoca geologica. L’attuale epoca si chiama ancora Olocene ed è iniziata 11.700 anni fa con la fine dell’ultima glaciazione. Si può parlare, però, di “evento Antropocene”. Una fase storica e culturale caratterizzata dall’enorme impatto ecologico umano, in cui le società sfruttano il Pianeta fino allo stremo, lo trasformano e lo inquinano con le emissioni di gas serra e plastiche. In questo senso allora sì, siamo eccome nell’Antropocene.
Antropocene, all’inizio furono i polli
Sugli elementi concreti che distinguono l’Antropocene dall’Olocene gli scienziati sono divisi. Per i ricercatori della University of Leicester, l’indicatore del passaggio ad una nuova era si ritrova proprio nelle ossa di pollo da allevamento. La presenza di questi pennuti è globale e supera di tre volte quella di qualsiasi altra specie di volatili. Ancor più che la loro quantità, è la loro qualità a renderli potenzialmente una “specie indicatrice” dell’Antropocene. È di rilievo la differenza genetica con i predecessori degli attuali polli: ne abbiamo profondamente cambiato la forma, la genetica e il ciclo biologico.
Secondo Bennett e i suoi colleghi dunque, la loro stessa esistenza è la prova della capacità umana di manipolare la natura e intervenire nei processi naturali. Tra l’aumento di CO2, metano, gas serra, detriti radioattivi e microplastiche, saranno le ossa di pollo a costituire il lascito più rivelatore dell’epoca antropocenica. Sulla base della loro ampia distribuzione, e della genetica e geochimica particolare.
Polli broiler, le nostre “povere creature”
Ogni anno si macellano oltre 65 miliardi di polli da carne, i cosiddetti broiler chicken. Queste creature sono una vera e propria invenzione umana. Confrontando le ossa di 486 pennuti provenienti da 74 siti archeologici londinesi, Bennett e gli altri ricercatori hanno infatti notato che il pollo da carne moderno è irriconoscibile rispetto ai suoi antenati o ai suoi omologhi selvatici. La dimensione del corpo, la forma e la chimica dello scheletro, e la loro genetica sono completamente cambiate.
I broiler presentano una massa cinque volte superiore ai loro lontani parenti, nonostante siano tenuti in vita dalle cinque alle nove settimane prima di essere macellati. Inoltre, i metodi di allevamento, indirizzati a garantirne una crescita rapida, ne hanno modificato l’aspetto genetico. I polli di oggi mangiano insaziabilmente e seguono una dieta – basata sui cereali e non su semi e sugli insetti – che ne ha alterato la composizione chimica delle ossa.
Tutto ciò per soddisfare gli ingordi appetiti umani. Il pollame sembra essere infatti la carne preferita e più mangiata in tutto il mondo. Il National Chicken Council stima che, negli Stati Uniti, nella sola giornata del Super Bowl si consumino circa un miliardo e mezzo di ali di pollo. Vien da sé che una produzione così sostenuta produca enormi quantità di scarti, dalle piume alle ossa. Queste ultime finiscono poi nelle discariche, dove per mancanza di ossigeno si mummificheranno e resisteranno per secoli insieme a plastiche e lattine. I fossili dei broiler, dunque, saranno la prova rivelatrice che la rapida espansione delle attività umane ha alterato i sistemi naturali così radicalmente da spingere la Terra in una nuova epoca geologica: l’Antropocene, “era degli umani”. O sarebbe meglio chiamarla l’epoca dei polli.